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sabato 1 agosto 2020


Dies irae



Quantus tremor est futurus, quando Iudex est venturus, cuncta stricte discussurus! (Missale Romanum, Sequenza Dies irae).

Quel giorno gli era toccato celebrare nella grandiosa cappella quattrocentesca in cui era avvenuta la sua elezione. L’altare attaccato al muro lo aveva obbligato, durante la parte sacrificale della Messa, a rimanere rivolto verso la parete di fondo, totalmente occupata dall’immenso, celeberrimo affresco dell’universale retribuzione. Il Giudice divino, mostrando la carne eternamente segnata dai Suoi patimenti, scacciava lontano da Sé, con tremendo e irrimediabile gesto, quanti li avevano disprezzati e resi infruttuosi, nei propri riguardi, con l’impenitenza finale. I demoni, ben identificabili per il mostruoso aspetto, trascinavano i dannati nel baratro del tormento senza fine, dove «saranno torturati giorno e notte per i secoli dei secoli» (Ap 20, 10). Caronte percuoteva i loro corpi risuscitati con un remo della sua barca, ma ciò non era nulla in confronto a quel che li attendeva: lo stagno di fuoco e zolfo, ovvero la seconda morte (cf. Ap 20, 14).

Visibilmente scosso, quasi contemplasse quello spettacolo per la prima volta nella vita, l’anziano pontefice non smetteva di occhieggiare in alto con l’inquietudine di uno scolaro impreparato che, da un momento all’altro, può esser chiamato alla cattedra per l’interrogazione. Rientrato in sagrestia, mentre, sempre immerso in un oscuro presentimento, si toglieva i paramenti, si rivolse d’un tratto al prelato che l’aiutava con una domanda inaspettata: «Monsignore, Lei pensa che sarà proprio così?». Colto di sorpresa, il buon curiale rifletté imbarazzato per qualche secondo; poi – per un colpo di genio o per un’illuminazione celeste – replicò candidamente: «Per qualcuno sarà meglio, per qualcun altro peggio!». Il suo augusto interlocutore non parve pago di tale risposta, ma si allontanò ancor più imbronciato, come chi non riesca a scacciare un orribile presagio.

«Quanto grande sarà il tremore quando il Giudice sarà alle porte, pronto a vagliare tutto con stretta misura!», recita il Dies irae, capolavoro della poesia liturgica attribuito a Tommaso da Celano. Non risulta che il nostro eroe sia a suo agio con il latino; ciononostante un’attenta e assidua meditazione di quel testo, possibilmente in una traduzione non troppo edulcorata, gli sarebbe di grande utilità. Qualora il tenore meramente verbale non lo impressionasse abbastanza, potrebbe rileggerlo proprio nella Cappella Sistina, magari con il sottofondo della formidabile musica di Giuseppe Verdi. Certe emozioni, a volte, fanno più effetto di un quaresimale o di un trattato, specie su chi per la teologia non ha gran propensione. Quanti son giunti a una certa età, statisticamente parlando, son più vicini di altri a quel temibile incontro, che sarà, a seconda dei casi, gioioso o spaventoso: Rex tremendae maiestatis… Chi meglio di Michelangelo ha saputo visualizzarlo?

L’interrogativo che sorge spontaneo, all’udire il racconto di tale episodio, concerne le credenze del succitato: conosce davvero la dottrina cattolica, aderendovi intimamente nella coscienza? Sotto la scorza della “rilettura” rahneriana della fede, che ne rappresenta in realtà un radicale svuotamento, sembrerebbe persistere una religiosità piuttosto puerile, un po’ superstiziosa, perciò ancora attaccata a vecchie abitudini e rituali, nonostante l’impianto ideologico di stampo rivoluzionario; le convinzioni intellettuali – si sa – raramente giungono a scalfire il nucleo profondo dei dati acquisiti nella prima infanzia. D’altra parte, per conquistare e mantenere il potere (unico vero obiettivo del Nostro), bisogna far mostra di accettare il pensiero dominante, proprio quello che è stato imposto a tutto il suo Ordine in nome dell’obbedienza. Così si spiega l’aria infastidita con cui, il 4 ottobre scorso, ha simulato un segno di croce sull’idolo davanti al quale, nei giardini di casa sua, prelati e religiosi s’eran prostrati col deretano all’insù.

In ogni caso, il giorno del redde rationem s’avvicina a grandi passi – e non ci sarà rilettura teologica che tenga… Nell’istante in cui l’anima abbandona il corpo si compie il giudizio particolare, nel quale essa, uscita dal tempo, rivede in un solo colpo d’occhio tutta l’esistenza terrena nella piena luce della verità. Quantus tremor… Il giudizio universale manifesterà pubblicamente, alla fine dei tempi, quello che sarà stato emesso singolarmente al momento della morte di ognuno. Ovviamente queste considerazioni devono anzitutto spingere ciascuno di noi a pensare ai propri peccati, più che a quelli degli altri, e a disporre tutti i mezzi utili per arrivare al grande passaggio in stato di grazia. Un’eccessiva concentrazione sulle carenze della gerarchia (per quanto – ahimè – reali) costituisce una sottile insidia del demonio, una pericolosa distrazione dalla cura dell’anima propria. A nessuno sfugge, tuttavia, fino a che punto i peccati dei Pastori possano influire sulla fede e sulla vita delle loro pecorelle, già esposte a molteplici inganni.

Considerato quel che aspetta le cattive guide, la fede, la speranza e la carità ci sollecitano a pregare per la loro conversione, unendo alla supplica accorati appelli perché ascoltino la voce del popolo, tanto esaltato a parole. A cominciare dal vertice, il salutare pensiero del Giudizio deve provocare un deciso cambio di rotta: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto Colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10, 28), «dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9, 48). Gli uomini ai quali obbedite faranno la vostra stessa fine, se non si ravvedono insieme con voi: «Guai alle genti che insorgono contro il mio popolo! Il Signore onnipotente li punirà nel giorno del giudizio immettendo fuoco e vermi nelle loro carni; piangeranno nel tormento per sempre» (Gdt 16, 17) e «saranno un abominio per tutti» (Is 66, 24).

Abiurate le tranquillizzanti quanto esiziali menzogne della demitizzazione bultmanniana e rigettate una volta per tutte le pedanti disquisizioni dell’esegesi razionalistica, responsabile dell’annullamento di Scrittura e Tradizione quali canali della Rivelazione. Sapete bene che la seconda è il grembo da cui è stata partorita la prima, la quale non può esser correttamente interpretata e compresa se non alla sua luce e nell’alveo del Magistero perenne. A che vi serviranno le vostre sottigliezze farisaiche al cospetto del Giudice? Dove scapperete quel giorno? In quale nascondiglio vi rifugerete? «Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!” e ai colli: “Copriteci!”. Perché, se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?» (Lc 23, 30-31). Le sofferenze che il Salvatore ha patito per voi sono forse un genere letterario? E i Santi facevan penitenza perché non avevan capito nulla, ignari com’erano della vostra nuova teologia? 

Voi siete vittima di un terribile equivoco: non c’è alcuna nuova Pentecoste prima della Parusia; non esiste un’età dello Spirito da contrapporre a quella del Padre (l’epoca dell’Antico Testamento) e a quella del Figlio (l’epoca della Chiesa Cattolica). La dottrina di Gioacchino da Fiore fu condannata come eresia, già nel 1215, dal Concilio Lateranense IV. San Bonaventura, Dottore della Chiesa, da generale dell’Ordine punì severamente i membri che si ostinavano a seguirla, come gli aderenti al movimento dei fraticelli. Il Concilio Vaticano II non ha rappresentato affatto un nuovo inizio, ma l’inizio della fine: la realtà storica lo dimostra ormai inequivocabilmente. Abbandonate finalmente la vostra illusoria dialettica hegeliana (con cui giustificate tutto e il contrario di tutto) e assumete di nuovo il principio di realtà. Non basta colorare i problemi di belle parole per farli apparire come opportunità: così facendo, avete perso ogni credibilità e nessuno più vi ascolta. Abbiate dunque un sussulto di dignità, per la gloria di Dio nonché per la salvezza vostra e delle anime.

11 commenti:

  1. Grazie per queste parole di verità. Chiare, asciutte, essenziali. È vero, non dobbiamo lasciarci distrarre, ma quanto male e quanta sofferenza da quel che si vede e si sente da chi dovrebbe in primis ricordarci senza sosta ciò che veramente conta. A proposito di ciò che conta, dall'ultima omelia che ho sentito {domenica scorsa} ho scoperto che doveri del buon cristiano sono portare la mascherina, obbedire al governo e ringraziare l'Europa per l'aiuto (?) che ci sta dando. Mi gurrdo intorno: siamo 4 gatti tutti debitamente distanziati s
    Sotto lo sguardo vigile del servizio d'ordine (lo chiamano proprio cosi, la Messa come una discoteca o un comizio politico. L'uso delle parole non è mai indifferente) L'impulso di andarmene è stato violento, poi, devo dire anche per merito degli ammonimenti che ci regala settimanalmente su questo sito, sono riuscito a resistere. Mi dispiace immensamente, ma temo che dovrò abbandonare la messa domenicale della mia parrocchia.

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    1. Forse quelli sono i doveri per chi non crede più nel Paradiso.
      Se Le è troppo duro sopportare queste scempiaggini, può cambiare parrocchia.

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  2. leggendo questo editoriale ho provato una gran pena per il personaggio.E' la prima volta, quasi sempre mi ispira un generale malessere e rabbia ritenendolo il principale artefice di distruzione della Fede Cattolica e della mia Patria.Ciascuno sarà giudicato secondo le proprie opere scrive S.Paolo ai romani..."Ma tu, colla tua durezza e col cuore impenitente, ti accumuli un tesoro d’ira pel giorno dell’ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le opere: a quelli che, perseveranti nel bene, cercano la gloria, l’onore e l’immortalità, la vita eterna; a quelli che, ostinati, non dànno retta alla verità, ma obbediscono all’ingiustizia, ira e indignazione.

    Tribolazione ed angoscia sopra ogni anima d’uomo che fa il male, del Giudeo prima, poi del Greco; gloria e onore e pace a chiunque fa il bene, al Giudeo prima, poi al Greco; perché non v’è accettazione di persone avanti a Dio"...2,5-11
    che sarà, don Elia, dei grandi ladroni di anime,di quelli che hanno il dovere della loro salvezza.Don Elia ,una pittura non può rendere l'inimmaginabile,idem le parole.Maria di Fatima mostrò a Giacinta l'inferno.Poteva descriverlo a parole o con una fissa immagine.Invece la Madre glielo mostrò.L'orrore fu grande ma non di meno la pena al punto che Giacinta accettò le terribili sofferenze per la salvezza delle anime.Preghiamo perchè abbiano almeno un sussulto di dignità così da muovere a compassione il Signore


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    1. Ciò che li aspetta, se non si pentono, è davvero inimmaginabile; tuttavia i cristiani hanno sempre cercato di rappresentarlo come potevano al fine di averlo presente. La visione diretta sarebbe insopportabile. Suor Lucia raccontò che la visione dell'Inferno, il 13 luglio, ebbe una durata brevissima e che, se si fosse protratta anche un solo istante, sarebbero morti di spavento. Da quel giorno i tre Pastorelli cominciarono a recitare continuamente il Rosario e ad offrire tutte le penitenze possibili per la conversione dei poveri peccatori; Francesco e Giacinta si ammalarono poi della spagnola e soffrirono terribilmente secondo questa intenzione.

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  3. "Un' eccessiva concentrazione sulle carenze della gerarchia " per lei don Elia è sconsigliata , come il fare affidamento sulle apparizioni e sui lefebvriani : un mantra, tre chiodi fissi, sui quali dissento apertamente e decisamente; in particolare sul terzo : Mons Léfèbvre, capro espiatorio dei ribelli rivoluzionari modernisti, per dipingersi vittime, mentre invece erano e sono carnefici: troppo comodo. Caro don Elia, ho il sospetto che lei svolga il ruolo di quinta colonna di Bergoglio, (anche se teologicamente ineccepibile), che faccia il normalizzatore, il pompiere bergogliano,), con rispetto parlando.

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    1. Ognuno è liberissimo di dissentire, come io lo sono di formarmi un giudizio e di mettere in guardia i fedeli. Quanto al ruolo di "pompiere" o "normalizzatore", non mi sembra che si concili molto con quanto è scritto qui sopra.

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  4. Radicati nella fede
    https://www.youtube.com/watch?time_continue=15&v=MFcvY7XtXfg&feature=emb_logo

    Stare di fronte al pianto umano e divino di Cristo
    Omelia di don Alberto Secci nella IX Domenica dopo Pentecoste in rito tradizionale.
    Vocogno, Domenica 2 Agosto 2020.

    Bellissimo articolo/richiamo di Don Elìa , affilato e tagliente quanto basta . Secondo me fa da pendant l'omelìa di Don Alberto Secci su Gesu' che piange alla vista di Gerusalemme : Dominus flevit . La nostra anima sorda agli Amorosi richiami di Dio e' anch'essa Gerusalemme e l'Infinito Amore le prova tutte pur di recuperarla a Se' ma a volte e' costretto ad usare la Sua mano forte . Piu' dei chiodi e delle spine , sull'anima mia ha buon gioco il pianto di Gesu' . Le Sue lacrime silenziose hanno il potere di torcermi l'anima per farne uscire il pus che ancora vi rimane , le cattive inclinazioni che ancora non ho vinto . Quelle lacrime sono una Fiamma Viva Ardente d'Amore che mi toglie il fiato non mi fa respirare , mi inchiodano a stare sola con Colui dal quale so di essere amata nonostante tutto..
    E' bellissimo questo silenzio di contemplazione.
    Ave Maria !

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  5. "L'uomo creato dall'Amore e per Amore ha offeso l'Amore con l'orgoglio dello spirito e con la ribellione della carne . Io ho chiuso la ferita fatta all'Amore Creatore , e l'ho chiusa per mezzo del supremo dolore . Chi vorra' come me , dietro il mio esempio , soddisfare l'Amore Creatore ? Chi vorra' perfezionare in se'cio' che manca alla mia passione redentrice ? Mi ami tu ?" E Veronica rispondera': " Eccomi , Signore ,io voglio la Vostra Croce . Voglio in me tutti i tormenti che furono in Voi , con Voi e dietro a Voi , voglio soddisfare l'Amore Creatore , di piu' , voglio che tutte le spade che trapassarono il Cuore Immacolato di Maria Corredentrice , trapassino il mio cuore . Voi mi chiedete : Mi ami tu ? Oh! Se Vi amo , o Signore! Infatti Vi dico : crocifiggete Veronica ." E Gesu' continuera':" Mediante le mie ferite ho chiuso la ferita fatta all'Amore Creatore .Chi vorra' lenire le ferite fatte a me , Amore Redentore ?" E Veronica vedendo Gesu'sanguinante negli occhi, nella bocca, su tutto il corpo grida: "Mio Dio, chi Vi ha ridotto in codesto stato?". Le risponde :"I peccatori , gli eretici, soprattutto coloro che mi negano l'attributo dell'Amore".
    (Colloquio tra Gesu' e S.Veronica Giuliani)
    LJC et MI

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  6. Anch'io ho provato gli stessi sentimenti del primo lettore, ho testato tutte le Parrocchie limitrofe alla mia con il risultato di constatare che erano ancora piu' "creative" . Un giorno attraverso la Radio Buon Consiglio un figlio spirituale di Padre Pio , Claudio Nalin ,ha invitato a restare nella propria Parrocchia per dare l'esempio ai fratelli , pensando soltanto a Gesu' e alla Madre Addolorata . Don Alberto Secci che sta commentando " Cristo vita dell'anima " con la riflessione odierna ha aggiunto un superlativo magnifico tassello per partecipare ancora piu'fruttuosamente al Santo Sacrificio della Messa . Buona meditazione .
    Ave Maria !

    https://www.youtube.com/watch?v=0ThV4QYByA0
    radicatinellafede
    Fede: partecipare alla conoscenza che Dio ha di se' stesso
    Gli incontri di Dottrina Cattolica.
    Testo di riferimento: Columba Marmion, Cristo vita dell'anima, Cap. 7
    Il Sacrificio Eucaristico; par. IV/2

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  7. P.S. Grazie ad internet possiamo continuare a nutrire l'anima con degli "integratori": Don Elìa , Don Alberto ..

    Veni, Sancte Spíritus.

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  8. Carissimo D. Elia,

    Il timore del Signore è il princípio del sapere, forse, oggi è anche il principio della restaurazione, perchè è anche una efficace medicina contro il libero esame. Infatti non dobbiamo vivere con "un’eccessiva concentrazione sulle carenze della gerarchia (per quanto – ahimè – reali) costituisce una sottile insidia del demonio, una pericolosa distrazione dalla cura dell’anima propria". Anche in questo caso se applicca la distinzione di Epitteto:

    “Delle cose che esistono alcune sono in nostro potere, altre no.

    In nostro potere sono l’opinione, il desiderio, l’avversione e, in una parola, tutte le nostre azioni.

    Non sono invece in nostro potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche pubbliche e, in una parola, tutte le azioni che non sono nostre.”

    Come abbiamo parlato prima: non sta nel nostro potere risolvere la situazione attuale della Chiesa. Questo comprende i problemi della gerarchia e tantissime altri. I tempi di crise sono tempi di carenze. In questo senso il pensiero di Epitteto ci porta alla regola di San Vincenzo da Lerino, perchè in quanto ci dice che cosa fare in questi tempi ci presenta dei limiti imposti dalla crise ossia ci presenta delle carenze della situazione e un modo per vivere in quanto durare queste carenze. La regola ci presenta quello che sta e non sta nel nostro potere.

    Se me permette, voglio suggerire una serie di catechesi sulla crisi della Chiesa, affrontando le questioni più comuni e alla fine pubblicare queste catechesi in forma di libro, un catechismo.

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