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sabato 17 agosto 2019


Dov’è davvero la profezia?




Beatus vir qui non abiit in consilio impiorum, et in via peccatorum non stetit, et in cathedra pestilentiae non sedit (Sal 1, 1).

Non è per infierire sul clero, al quale appartengo io stesso, con impietose analisi sulle sue condizioni, ma per aiutarvi a comprendere ciò che, nell’attuale situazione ecclesiale, vi scandalizza e confonde al di là del sopportabile. Senza far torto a tanti buoni sacerdoti, retti e fedeli, che perseverano nella loro missione a prezzo di notevoli sacrifici e sofferenze interiori, non possiamo non costatare la deriva di numerosi preti e religiosi che tradiscono la propria vocazione per deviazioni dottrinali o intemperanze morali, oppure – dato lo stretto nesso che le collega – per entrambe le forme di infedeltà. Lo stato dei consacrati varia da regione a regione e da un Ordine all’altro, ma dappertutto si registrano – sia pure con accentuazioni diverse – analoghe tendenze che sembrano riconducibili alla stessa matrice. Sperando allora di non essere ulteriore motivo di scandalo, condividerò con voi una riflessione che da qualche anno si va precisando nel mio pensiero.

Nella bimillenaria storia della Chiesa non era mai accaduto che, in seguito a un concilio, i Pastori si sentissero in dovere di cambiare sistematicamente tutto per attuarlo (liturgia, teologia, diritto, morale, pastorale, spiritualità…). L’unico esempio di rinnovamento globale innescato da un’ecumenica assise è quello prescritto dal Concilio di Trento, il quale, però, non comportò uno stravolgimento completo della Chiesa militante nelle sue espressioni e nel suo funzionamento, ma consistette in una rigorosa quanto necessaria messa a punto a tutti i livelli, visto il grado di corruzione in cui essa versava e il dilagare delle eresie protestanti. La riforma interna era dunque un obbligo assolutamente ineludibile che percepivano tutti i migliori spiriti dell’epoca. Intorno alla metà del secolo XX, invece, ciò che minacciava la vita cristiana era una subdola crisi di fede che non si esprimeva in un’aperta contestazione, bensì in una sostanziale indifferenza dissimulata da un’adesione puramente formale, spesso ipocrita e interessata, contro la quale non aveva alcun effetto un rigorismo esteriore il cui unico frutto fu, quando giunse il momento, un violento rifiuto dell’educazione ricevuta.

Nel frattempo la nouvelle théologie preparava un colpo mancino, sfruttando la generale disaffezione alle forme e ai maestri della Tradizione, incasellati in un sistema senz’anima di regole e precetti. Già a Pio XI, peraltro, la convocazione di un concilio era stata vivamente sconsigliata dal cardinal Billot, il quale già allora vedeva chiaramente che essa era l’occasione d’oro attesa dai modernisti e dai nemici della Chiesa per modificarla dall’interno. Anche Pio XII, per motivi analoghi, aveva accantonato il progetto di riprendere il Vaticano I. Col senno di poi, quella di Giovanni XXIII fu quindi, come minimo, una colossale imprudenza. Più oltre non osiamo spingerci con la pretesa di giudicarne le intenzioni, che Dio solo conosce e che l’uomo, semmai, può soltanto ipotizzare in presenza di indizi significativi. Sono ben note le amicizie del giovane Roncalli con soggetti in odore di modernismo, come pure le frequentazioni massoniche del nunzio a Parigi, ma tutto ciò non pare sufficiente per supporre una sua iniziazione; le asserzioni in questo senso di massoni troppo loquaci appaiono quantomeno sospette, soprattutto a chi ne conosce l’abito di mescolare verità e falsità al fine di accreditare le proprie menzogne.

Secondo una fonte che non sono riuscito a rintracciare, il Papa buono avrebbe agonizzato gridando: «Chiudete il concilio! Chiudete il concilio!». Il successore decise tuttavia di proseguirlo a oltranza, ma si accorse ben presto di non averne il controllo. I cospiratori franco-tedeschi avevano lanciato la loro macchina distruttrice e solo un miracolo avrebbe potuto fermarli: la Chiesa era ormai in balìa del loro volere. In molti seminari e istituti religiosi infiltrati da superiori e professori progressisti o massoni, soprattutto nell’Europa nord-occidentale, la rivoluzione scoppiò subito, prima ancora che si concludesse il Vaticano II; segno, questo, che era stata preparata da tempo, come conferma lo studiato coordinamento dell’azione. Il metodo adoperato dai novatori per trasformare clero e religiosi in fedeli propagandisti della religione artificiale inventata a tavolino si può sintetizzare in una parola: castrazione. Una castrazione intellettuale, pratica e morale che avrebbe sfornato individui dall’identità e dalla funzione incerte, privi di spina dorsale, incapaci di pensiero autonomo, ghiotti di continue innovazioni, accomodanti sulle cose più sacre e proni a ogni ordine abusivo: in una parola, l’ideale per effeminati senz’arte né parte…

È difficile, del resto, che al di fuori di quella categoria qualcuno sia disposto a farsi reclutare per sottoporsi a una “terapia” del genere, a meno che non sia pronto a combattere per tutto il seminario (e per il resto della vita) per conservare gli attributi virili e la sanità dell’anima. Si tratta anzitutto di una castrazione della mente: mentre il processo conoscitivo, per sua stessa natura, mira a superare l’ignoranza o l’incertezza con l’apprendimento ordinato di dati corrispondenti alla realtà, la nuova teologia, per una pretesa di scientificità, ha consacrato il dubbio sistematico non solo come metodo universale, ma anche come permanente stato mentale di scetticismo. Il neoclero, di conseguenza, non è più sicuro di nulla, né si sente autorizzato ad asserire alcunché – eccettuate le assurdità della propaganda politico-clericale – in modo non dico perentorio, ma almeno comprensibile. Da ciò consegue poi la castrazione della volontà: privata da una coscienza perennemente confusa di oggetti definiti cui applicarsi, essa scivola inesorabilmente in una piatta indifferenza a qualunque cosa non tocchi direttamente gli interessi vitali del soggetto. Fase terminale del processo è la castrazione dell’agire, il quale, non essendo più diretto a un fine degno di un essere umano, ricusa con orrore qualsiasi dovere di stato o impegno stabile; d’altra parte, poiché ignora o trascura ogni limite o vincolo, si concede ogni genere di licenza.

Triste risultato (senza escludere – ripeto – le felici eccezioni) sono preti-attori che recitano una parte scadente in una pessima commedia, in totale assenza di amore per la preghiera e di zelo per le anime. Loro suprema aspirazione sembra essere l’oziare per ore davanti al computer o al televisore, nuovi tabernacoli della presenza virtuale del demonio. Nel migliore dei casi, questo vuoto esistenziale vien compensato con il culto del cibo e del corpo, nonostante la perizia culinaria di questi gourmet da guida del Touring mal si concili con la cura della linea, che impone poi improbabili diete oppure ore di palestra dagli esiti imprevedibili. Altro oggetto di religiosa osservanza è la passione sportiva (più nel senso della tifoseria che della pratica); non da meno è la smania di viaggiare alla scoperta di uomini e Paesi. Riguardo al peggiore dei casi, infine, non c’è bisogno di insistere: dipendenza da pornografia e cedimento al vizietto sono purtroppo sempre più diffusi. Inutile dire che, in un contesto del genere, parole come penitenza e mortificazione assumono connotazioni decisamente umoristiche, ridotte, come pure i Novissimi, a temi da barzelletta.

Ora, ciò che più colpisce è che neanche i papi più “conservatori” abbian fatto nulla di efficace per modificare tale situazione. Decine e decine di discorsi rivolti a preti, religiosi e seminaristi sembran caduti nel vuoto, in mancanza di decisi interventi sui formatori. La riprovazione formale degli errori senza la rimozione degli erranti ostinati – se non in casi estremi – ha permesso a questi ultimi di prosperare indisturbati, compiendo carriere folgoranti fino ad occupare i posti-chiave; non è certo Bergoglio ad aver elevato alla porpora eretici conclamati come Kasper e Marx. Il discorso inaugurale del Vaticano II ha lanciato l’illusione che basti spiegare la verità nel modo giusto per debellare l’errore senza proscriverlo; tutto il séguito non fu altro che un’applicazione di questa falsa premessa. Come si può dunque difendere ad ogni costo un concilio dagli esiti catastrofici, come se i guai da esso provocati fossero unicamente conseguenza di una cattiva ermeneutica? Ma un concilio serve proprio a chiarire punti controversi in modo univoco; perciò non deve aver bisogno di essere a sua volta interpretato, altrimenti non serve a nulla, anzi crea ulteriori problemi.

Forse la soluzione del rompicapo è più semplice di quanto non sembri, almeno a livello teorico. Non sono riuscito a trovare un atto formale di chiusura del Vaticano I; se un lettore è in grado di segnalarmelo, gliene sarò estremamente grato. Ora, se un concilio non si è concluso, non se ne può convocare un altro; se invece lo si fa, il nuovo concilio è illegittimo, a prescindere dal numero di partecipanti, e tutte le sue decisioni sono nulle. Se un giorno la Provvidenza ci donerà un papa che, dirimendo la questione in modo definitivo, la affranchi dal regime vaticansecondista, la Chiesa Cattolica sarà finalmente libera di uscire dalle secche in cui l’hanno incagliata e di riprendere il mare aperto, non rimettendo gli orologi agli anni Cinquanta (secondo la ricetta di talune aggregazioni dai tratti tipicamente settari che si attribuiscono il monopolio di una Tradizione fossilizzata), ma ristabilendo i contatti con la Tradizione perenne senza i pregiudizi e le censure della cosiddetta teologia postconciliare, quella colossale mistificazione che, al fine di snaturarla in senso protestante e giudaizzante, non ha risparmiato alcun aspetto della vita cristiana. Allora basterà ricostruire tutto da capo, con un po’ di pazienza…

Con il pontificato e il “magistero” di Bergoglio si potrà procedere in modo analogo, posto che le dimissioni di Benedetto XVI risultano nulle, in assenza di una dichiarazione di volontà conforme a quella prescritta ad validitatem da Bonifacio VIII nella Costituzione Quoniam aliqui: sponte ac libere cedo Papatui et expresse renuntio loco et dignitati, oneri et honori (di mia libera volontà lascio il Papato e rinuncio alla carica e alla dignità, all’onere e all’onore). Non solo Ratzinger non ha mai pronunciato queste parole, ma, da quanto è dato arguire dai segni esterni, non ha nemmeno abbandonato la carica, almeno non del tutto. Proprio il solerte sforzo di certi canonisti di giustificare l’anomala procedura da lui seguita dimostra che essa non è conforme a quella che avrebbe dovuto applicare. Che dire? Dato che un papa non ha la potestà di modificare la natura del proprio compito, non possiamo far altro che riconoscere l’invalidità della sua rinuncia e, conseguentemente, quella del pontificato successivo. Non certo noi, però, ma solo un futuro papa potrà dichiararlo nullo con tutti i suoi atti, sanandone in radice quelli amministrativi onde evitare il caos giuridico. Questo – a scanso di equivoci – non è sedevacantismo, visto che un papa canonicamente eletto è ancora in vita, sebbene non in funzione. Alle stranezze, del resto, ci siamo abituati.

Anche con la liturgia, infine, un esame dogmatico-giuridico consente di risolvere il problema in modo radicale. Paolo VI promulgò un messale che, oggettivamente, non è un ritocco di quello di san Pio V (come nel caso delle edizioni di Clemente VIII, Urbano VIII, Leone XIII, Benedetto XV e Giovanni XXIII, tralasciando qui la riforma della Settimana Santa di Pio XII, che meriterebbe un discorso a parte), ma un rifacimento totale che ha profondamente alterato l’Ordo Missae in base a una teologia che non è quella cattolica del Divin Sacrificio. A tale atto di arbitrio ne seguì uno di imperio con cui il rito artificiale fu inesorabilmente imposto a tutti, nonostante le vive proteste di clero e fedeli che di colpo si videro privati senza ragione di un bene preziosissimo, dal quale dipende strettamente la conservazione e propagazione della fede. In questo caso il Papa agì ultra vires, al di là dei suoi poteri, poiché intervenne in modo dirompente su un patrimonio che è parte integrante della Tradizione (una delle due fonti della Rivelazione divina) e quindi, in quanto tale, era stato fino allora preservato sostanzialmente immutato, malgrado modifiche e arricchimenti secondari.

Un futuro papa dovrà restituire alla Chiesa la Messa romana che le è stata trasmessa dall’Antichità, ma non come variante alternativa, bensì come l’unica legittima, che dovrà rimpiazzare un prodotto così legato a un’epoca da esser già invecchiato, oltre ad aver spento la fede cattolica quasi ovunque (come ha fatto in Inghilterra il rito anglicano, di cui quello di Paolo VI è un’evidente imitazione). Una volta preso atto degli effetti disastrosi di certe scelte, bisogna avere il coraggio di voltar pagina con decisione per lasciarsi alle spalle la strada della rovina e riprendere la via della vita: l’unica, quella di sempre, perché l’ha tracciata il Signore e non gli uomini. Dio non è un rivoluzionario che ama cambiamenti senza fine e capovolge i valori come se fallimento, disordine e squilibrio fossero un bene da perseguire: queste sono sciocchezze da sessantottini attardati e retrogradi che non hanno ancora capito di aver perso la partita e di esser rimasti indietro, fuori della storia. Se proprio vogliamo parlare di profezia, non è in Amazzonia che possiamo trovarla, ma nel ritorno alla Tradizione. Chi, per grazia e per fermezza, è riuscito a sfuggire a ripetuti tentativi di castrazione spirituale ne ha una certezza incrollabile; niente e nessuno varrà ormai a fargli mutare idea. Egli sa che il destino di chi rimane fedele, costi quel che costi, è la gloria eterna; quello dei traditori – se non si convertono in tempo – la dannazione (altrettanto eterna).

24 commenti:

  1. La Talare Sacerdotale - don Federico Bortoli
    ( Perche' ti vesti da Prete ?)

    Dogma TV - Trasmesso in anteprima 19 ore fa
    Importante catechesi di don Federico Bortoli che ci spiega l'importanza dell'Abito Sacerdotale e la sua obbligatorietà. Ci rammarichiamo che oggi molti sacerdoti hanno abbandonato questo loro abito.
    https://www.youtube.com/watch?v=ykaIHnFkgrk

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  2. Il suo ragionamento non fa una grinza,resta un serio problema canonico:il prossimo successore di Pietro di chi sarà successore?Ora se il vero papa è Benedetto XVI(cosa che ormai è sempre più evidente e con ciò si risolverebbe anche il problema di aver un"papa"eretico,visto che Bergoglio non lo è)alla sua morte,ci si troverebbe comunque nella condizione di sedevacantisti in quanto non verrebbe sicuramente indetto un conclave. Inoltre coloro che hanno indotto Benedetto XVI a "dimettersi"per collocare al suo posto l'argentino,sono in grado di nominare un loro adepto subito dopo la dipartita di Jorge per continuare il cammino di distruzione della fede cattolica da loro perpetrato:è evidente che il Vaticano è "occupato" da forze massoniche e che la maggioranza dei cardinali è sicuramente favorevole a questa "nuova stagione"della chiesa (minuscola).E'quindi impensabile l'avvento di un papa che ristabilisca l'Ordine nella Chiesa voluta da DIO ,Sposa di Cristo,secondo il normale rituale canonico a cui sia io che lei che tutti i cristiani cattolici di tutto il mondo siamo stati abituati.Ritengo ma spero di sbagliarmi veramente,che,oggi come oggi,esistano due chiese una che ha rinnegato Cristo e un'altra nascosta formata da un piccolo resto che combatte per difendere la Verità:è in quest'ultima che arriverà il Vero Papa e la sua elezione potrebbe avvenire per" scelta popolare"come succedeva ai primi tempi della Chiesa:IL FUTURO E' COMUNQUE NELLE MANI DI DIO E LE MIE SONO SOLO CONGETTURE!!
    Sembra tuttavia sempre più chiaro che si stiano vivendo dei"tempi"previsti dal profeta Daniele e da San Giovanni Apostolo:che Maria Santissima ci guidi per superarli secondo la Volontà di Suo Figlio!!SIA LODATO GESU' CRISTO

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    1. Anzitutto bisogna escludere che, per l'elezione del papa, si possa tornare alla prassi antica, dato che successivamente sono state fissate delle norme la cui osservanza è necessaria perché l'elezione sia canonicamente valida. Al di là delle analisi umane della composizione del collegio cardinalizio, non dimentichiamo che il Signore può sempre sorprenderci.
      Parlando di un "papa del futuro", ad ogni modo, non pensavo necessariamente a un immediato successore di Benedetto XVI. Dobbiamo comunque continuare a pregare intensamente perché la Provvidenza disponga gli eventi in modo adeguato e vanifichi i progetti dei traditori.
      Tra la morte di Benedetto XVI e l'elezione di un altro papa legittimo potrebbe verificarsi un breve periodo di sede vacante, ma noi non abbiamo l'autorità di dichiararlo; potrebbe farlo soltanto il "papa del futuro" da me auspicato. Nella storia della Chiesa si sono verificate lunghe sedi vacanti, fino a quasi tre anni (come quella intercorsa tra la morte di Clemente IV e l'elezione di Gregorio X, tra il 1268 e il 1271), ma non è teologicamente ammissibile una sede vacante che duri da sessant'anni, perché un'eventualità del genere dissolverebbe la Chiesa.
      Non esistono due Chiese, ma l'unica Chiesa fondata da Gesù Cristo, i cui vertici sono però occupati, attualmente, da apostati ed eretici. A questi ultimi resiste un "piccolo resto" di autentici credenti che, in realtà, è più ampio di quanto non sembri, dato che comprende moltissimi cattolici dalla fede semplice che non sono del tutto consapevoli del problema e si mantengono fedeli in virtù della grazia connessa alla loro sincerità di cuore.

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  3. Grazie Padre, pensare che un giorno, magari non troppo lontano, possa realizzarsi quello che scrive, e che in tanti speriamo, mi riempie il cuore di gioia. Ho spesso paura di veder accadere cose peggiori di quelle che già avvengono, così mi faccio forza pensando che tutto è nelle mani di Dio, ma la sofferenza è comunque tanta. Grazie, mi ha risollevato l'animo. Preghiamo con fede.

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  4. "Non solo Ratzinger non ha mai pronunciato queste parole, ma, da quanto è dato arguire dai segni esterni, non ha nemmeno abbandonato la carica, almeno non del tutto"

    Le tesi sulla rinuncia invalida sono state smentite più volte dal diretto interessato. Nonostane ciò continuano a circolare per motivi molto prosaici. Per alcuni è solo vile , altri lasciano intendere che sarebbe pure spergiuro..

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    1. Una cosa è valutare un atto, un'altra giudicare la persona. L'invalidità di un atto non è necessariamente frutto di una colpa, ma può essere anche effetto di un errore (in questo caso, errore sostanziale circa l'oggetto della rinuncia, una delle cause che rendono un atto nullo; cf. CIC, can. 188). Benedetto XVI può essere convinto in buona fede della validità delle sue dimissioni, ma erroneamente, se davvero ha inteso rinunciare a un aspetto soltanto del suo ministero, che non è scomponibile. Questa intenzione (erronea) spiegherebbe perché non abbia pronunciato una dichiarazione di volontà conforme a quella richiesta da Bonifacio VIII ("cedo Papatui"). Non dimentichiamo che Ratzinger proviene da una cultura profondamente impregnata di hegelismo, nella quale il pensiero prevale sulla realtà; un tomista, invece, sa bene che la realtà rimane quella che è, indipendentemente da come uno la pensi.

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  5. Reverendo don Elia, la prego di accettare questo mio commento, frutto non di un accurato corso di studi in materia ma da una semplice riflessione logica. la chiesa è una. quindi scismatici ed eretici non sono in comunione con essa.La chiesa visibile romana è la chiesa di cristo? il vaticano non è in comunione con la chiesa di Cristo. secondo me non bisogna dimenticare la Chiesa trionfante e la chiesa purgante. composta anche da anime che per evitare pur il minimo errore che potesse attaccare la Fede hanno preferito la morte, oppure da anime che si trovano alla santa espiazione per atti di viltà. chi segue e approva TUTTE le verità di fede proposte dal magistero bimillenario dell'unica chiesa di Cristo,costui è in comunione con essa. quindi la conclusione secondo il mio modesto parere è la tesi di cassiaciacum. un futuro pontefice supremo dovrebbe dichiarare gli errori di giovanni paolo xxiii e i seguenti per avere sostenuto la libertà religiosa e il falso ecumenismo, rendere nulle le loro azioni: quindi tutti i documenti conciliari , le modifiche apportate alla liturgia e a tutti i sacramenti e ordinazioni varie. io sono convinto che allora gli interessati sarebbero perfettamente d'accordo.certamente accadrà questo: si tratta di capire in che modo il Signore agirà. oppure, meglio, bisogna confidare pazientemente in LUi, e penso sia sbagliato e non logico cercare di essere in comunione con chi non è in comunione con l'unica chiesa di Cristo. io la penso così, potrebbe eventualmente correggere e confutare la tesi di cassiaciacum qualora non la ritenesse accettabile? sia lodato Gesù Cristo.

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    1. Carissimo, confutare la tesi di Cassiciacum significherebbe imbarcarsi in una discussione senza fine. Mi limito a fare tre brevi osservazioni sul problema da Lei sollevato.
      1) Quando si parla di Vaticano (o, più propriamente, di Curia Romana), non si può presupporre a priori che tutti e singoli i suoi membri siano eretici, benché molti lo siano; di conseguenza, non si può nemmeno affermare che il Vaticano sia in blocco fuori della comunione ecclesiastica.
      2) Riguardo al magistero di Giovanni XXIII e dei suoi successori, non si può parlare di negazione formale di questa o quella verità di fede, ma di ambiguità ed errori materiali che non impegnano l'infallibilità. Dal magistero pontificio, ovviamente, ci si aspetta a buon diritto che ne sia del tutto esente; il fatto che non lo sia pone effettivamente un problema teologico.
      3) Noi non abbiamo l'autorità di dichiarare se un papa è tale o meno. Secondo la tesi di san Roberto Bellarmino, che è entrata nella dottrina canonistica, nel caso in cui un papa (come dottore privato) cada in manifesta eresia decade "ipso facto", ma tocca ai cardinali dichiararlo decaduto (cosa che egli deve evidentemente accettare, dato che nessuno al mondo può deporlo). Finché ciò non avvenga, il papa mantiene la giurisdizione, pur non essendo più membro della Chiesa; questo al fine di assicurare la sussistenza dell'apparato visibile della Chiesa militante, che sulla terra è necessario alla sua permanenza e alla salvezza delle anime.
      A un papa del futuro, a mio avviso, basterebbe ribadire con autorità le verità di fede che sono state offuscate o travisate dal Vaticano II in poi. Mettere in discussione i pontificati successivi ad esso aprirebbe un problema colossale, oltre a non essere teologicamente ammissibile: non si può pensare che il Signore lasci per tanto tempo la Sua Chiesa in una situazione di tale incertezza. Con Bergoglio, invece, il caso è nettamente diverso: è assolutamente chiaro che non professa la dottrina cattolica e la sua elezione, oltretutto, è seguita a dimissioni invalide. Anche se non abbiamo il diritto di dichiararlo pubblicamente, dunque, almeno a livello di coscienza possiamo concludere che non sia papa.

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    2. "Anche se non abbiamo il diritto di dichiararlo pubblicamente, dunque, almeno a livello di coscienza possiamo concludere che non sia papa."

      Ma qui lei non lo sta proprio dichiarando pubblicamente?
      Tant'è vero che come l'ho letto io può leggerlo chiunque.

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    3. Reverendo don Elia, Giovanni Paolo II rifacendosi a Nostra Aetate e la nuova preghiera universale riguardo ai Giudei, sostenne che l'Antica alleanza non sarebbe stata revocata. a me sembra che ciò contraddica il magistero precedente e la verità rivelata. in definitiva si può parlare di eresia, che pone un pesante problema riguardo l'infallibilità papale. l'eresia manifesta sussiste nella Chiesa romana già da allora,anche se le eresie di solito vengono sempre accompagnate a mezze verità,questo per dire che l'ambiguità dovrebbe subito destare sospetti.qui sorge il problema legato all'infallibilità papale:può la Chiesa ingannarsi e ingannare?
      pertanto se si dovesse seguire san Bellarmino ( e la logica),il Signore permette questa situazione da oltre 50 anni. La soluzione a mio avviso oltre ad abbracciare la tesi di cassiaciacum, dovrebbe partire dal basso: i sacerdoti celebrino solo in rito antico, non nominando il nome di bergoglio nella consacrazione.i fedeli se non trovano la messa tridentina evitino la messa nuova. i vescovi trovandosi a dover scomunicare tutti,obbligherebbero i cardinali ad agire. In attesa che il Signore metta le cose a posto bisognerebbe agire così. ovviamente so che lei non è d'accordo, ma mi dovrebbe spiegare se c'è un motivo valido per cui i cardinali ancora cattolici non se la sentono di agire preferendo lasciare la Chiesa alla guida di un ingannatore. io direi che non agiscono perché Bergoglio non fa che applicare la nuova linea conciliare sostenuta anche da loro stessi. la ringrazio per la sua risposta e sia lodato Gesù cristo.

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    4. Per l'Anonimo del 18 agosto, ore 8,36
      Non ho fatto una dichiarazione in senso proprio, ma soltanto ammesso una possibilità che abbiamo in coscienza.

      Per l'Anonimo del 19 agosto, ore 4,52
      L'Antica Alleanza non è stata revocata, ma perfezionata nella Nuova. Dio non si contraddice, ma porta a compimento ciò che ha iniziato. L'ambiguità, in questo caso, consiste nel sottacere che, a differenza della comunità apostolica, gli Ebrei non diventati cristiani sono decaduti dall'Alleanza stessa, in quanto ne hanno rifiutato il perfezionamento.
      Quand'anche questa fosse un'eresia, in ogni caso, non tocca a noi dichiararlo, ma ai cardinali; finché non lo fanno - come ho già scritto - il papa mantiene la giurisdizione. Anche la libertà religiosa (come altri concetti entrati nel Magistero dopo il Vaticano II) è un concetto ambiguo, con il quale non si intende necessariamente l'equivalenza delle religioni, ma si rivendica di solito la libertà di culto per i cristiani perseguitati, oppure si esclude che l'adesione alla vera fede possa essere imposta con la forza. L'espressione è chiaramente pericolosa (in quanto può dar luogo a equivoci), ma, nella misura in cui non designa l'indifferentismo, non contiene un'eresia.
      La soluzione da Lei proposta crea più problemi ancora. Se accettassimo la tesi di Cassiciacum, dovremmo concludere che la Chiesa è priva di Sacramenti validi, dato che l'approvazione dei nuovi rituali da parte di papi illegittimi sarebbe invalida. A parte che non è realistico pensare che tutti i sacerdoti si mettano a celebrare in rito antico e si facciano sospendere per questo, neanche quelle Messe sarebbero valide; tutti i cattolici sarebbero quindi costretti a frequentare solo sacerdoti sedevacantisti…
      Riguardo alla Messa nuova, sia detto una volta per tutte: nessuno ha il diritto di creare ai fedeli ulteriori problemi di coscienza circa l'osservanza del precetto festivo. Dato che la Messa di Paolo VI, per quanto difettosa, è quella ordinariamente celebrata ovunque, chi non ha la possibilità di assistere alla Messa antica adempie il precetto assistendo a quella nuova, perché non dipende dal fedele in quale rito si celebra la Messa.
      Se i cardinali ancora cattolici non proscrivono l'impostore, è anche perché sono comunque fedeli all'ultimo, infausto concilio, ma soprattutto per non rendersi responsabili di uno scisma.

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  6. " Non dimentichiamo che Ratzinger proviene da una cultura profondamente impregnata di hegelismo, nella quale il pensiero prevale sulla realtà; un tomista, invece, sa bene che la realtà rimane quella che è, indipendentemente da come uno la pensi"
    Non mi è chiaro questa sintesi perché si avvicina molto alla ipotesi che è la realtà che prevale sulla Legge. E non mi pare sia il pensiero di Tommaso.

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    1. Non parlavo della legge morale, ma della consistenza del reale a prescindere dalle opinioni. Nella filosofia cristiana la conoscenza vera è "adaequatio intellectus ad rem" (conformazione dell'intelletto alla realtà), non il contrario (deformazione della realtà in funzione delle idee dell'uno o dell'altro). Il "realismo" invocato dai bergogliani nell'applicazione della legge morale ai casi concreti non ha niente a che vedere con il pensiero realista cattolico, in quanto la legge morale (che l'uomo può conoscere tramite la coscienza e la Rivelazione divina) rispecchia l'ordine immutabile che il Creatore ha impresso alla realtà creata; la sua mancata osservanza, di conseguenza, non può mai avere effetti buoni, dato che l'essere e il bene sono convertibili.

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  7. Caro padre Elia, invidio la sua fede adamantina nella Tradizione e la sua grande speranza che prima o poi si tornera' ad essa, ma faccio parte di quei "moltissimi cattolici dalla fede semplice", come Lei giustamente dice, che pero' e' stata travolta dal grande cambiamento. Ho fatto tempo ad apprendere il catechismo di s.Pio X, ma il primo ricordo che ho della prima media e' la Madre superiora della scuola parificata che sprizzava gioia da tutti i pori perche' stava iniziando il concilio Vaticano II. In seguito al liceo statale ho fatto piu' cortei e assemblee che studi regolari e all'Universita' cedetti ben presto dopo i primi esami, continuando solo a frequentare collettivi studenteschi e assemblee varie. Ormai essendo over65, so per certo che non avro' mai una fede come la Sua, perche' la mia forma mentis e' totalmente differente; e come me e' formata ormai il 90% di quella massa anonima di battezzati che in pratica non credono piu' quasi in nulla di certo o dogmatico. Insomma s.Tommaso non puo' dire piu' nulla a tutti coloro che sono divenuti totalmente refrattari a tale tipo di pensiero, un pensiero che ci appare estraneo e ci lascia del tutto indifferenti, quasi come fossimo stati modificati geneticamente.
    Tutto questo per dire che bisognera' pure trovare prima o poi un modo di pensare le eterne verita' di fede che sia assimilabile dalle menti dei cattolici delle generazioni post-conciliari. Non posso pensare che s.Tommaso sia l'unica via sicura. Perche' vorrebbe dire che io, e tutta quella massa di gente "o.g.m.", non potra' restare nella Chiesa ancora a lungo e dovra' trovarsi nuove vie di fede. Infatti molti si sono fatti buddhisti, altri esoteristi, molti vivono da atei ma forse la maggioranza, errando, guarda ora alle novita' bergogliane con un filo debole di speranza. Ma chi come me non se la sente di abbandonare l'idea che Gesu' sia venuto come Messia non riconosciuto dal suo stesso popolo, e crede ancora nell'Eucarestia e nella transunstanziazione, e percepisce che lo Spirito di Santita' aleggia in modo misterioso nella Chiesa nonostante i terribili peccati di chi la governa oggi, non riesce a desiderare per il futuro (sempre che ci sia un futuro), un Papa che reintroduca il Tomismo. Ho bisogno di credere che ci sia un'altra via per non restare schiacciata nello scontro frontale in atto tra Tomismo dei Tradizionalisti e Messianismo giudeo-cristiano del bergoglismo, dal momento che presto dovro' fare una scelta precisa. Parlo dell'uscita imminente del nuovo messale romano e so per certo che io non mettero' mai piede in una chiesa dove anche solo si reciti obbligatoriamente il Pater Noster o il Gloria modificato, figuriamoci poi con tutte le altre modifiche che seguiranno. Ma se trovero' solo la FSSPX come alternativa mi sentiro' letteralmente schiacciata e mi trovero' fuori della Chiesa, fino a che almeno non passi (se mai passera') questo incubo bergogliano. Lei o qualcuno del blog gentilmente mi puo' suggerire qualcosa? Grazie e chiedo scusa se cerco una scappatoia che magari purtroppo non esiste.

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    1. Carissima, comprendo benissimo il Suo disagio e il dilemma che La attanaglia, anche se, essendo un po' più giovane, ho schivato gli anni più roventi della contestazione. In compenso sono stati gli studi teologici a causare una deformazione intellettuale, sia pure non completa, grazie al senso critico e all'insofferenza verso ogni versione preconfezionata. Le rispondo con tre osservazioni.
      1) L'alternativa non è tra il messianismo giudeo-cristiano e il tomismo tradizionalista; il primo è speculativamente inconsistente, il secondo è una semplificazione del pensiero di san Tommaso, spesso malata di razionalismo e funzionale alla legittimazione di una situazione irregolare. A parte le dispute e sottigliezze scolastiche, oggi inattuali, il tomismo è la base del pensiero realista cattolico, fondato sulla filosofia del senso comune; bisogna evidentemente presentarlo in modo adatto all'uomo contemporaneo, piuttosto che usarlo per un'asfaltatura della mente che non crea credenti consapevoli e capaci di render ragione della fede, bensì fanatici intrattabili con cui non si può ragionare. Per un prima presa di contatto, può leggere la "Breve introduzione al tomismo" di padre Cornelio Fabro (https://www.amazon.it/Breve-introduzione-Tomismo-Cornelio-Fabro-ebook/dp/B00I6J5HH8).
      2) Non dimentichiamo l'azione della grazia e l'intercessione dei Santi. Se posso permettermi una piccola testimonianza personale, la mia mente ha cominciato a "riaprirsi" in seguito a due eventi: la consacrazione alla Madonna secondo l'insegnamento del Montfort e la visita alla tomba di san Tommaso d'Aquino, nella chiesa dei Giacobini a Tolosa (nulla a che vedere con la rivoluzione francese: erano così chiamati i domenicani in servizio nell'allora chiesa di San Giacomo).
      3) Non mi preoccuperei più di tanto delle modifiche alle traduzioni del "Gloria" e del "Pater"; in tale materia, in coscienza, siamo autorizzati a disobbedire continuando a recitarli come prima. Ciò che sarebbe davvero pericoloso sono eventuali modifiche alla consacrazione o l'introduzione di nuove preghiere eucaristiche in cui l'intenzione del Sacrificio sia espressa in modo ancora più debole. Prima, però, aspettiamo di vedere la nuova edizione del Messale; poi ci regoleremo di conseguenza. Se sarà opportuno, scriverò senz'altro qualcosa in proposito.

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    2. Grazie infinite, Padre, per i preziosi chiarimenti e le indicazioni. Meditero' su tutto cio' che ha scritto e attendero', quando sara' il momento, il Suo parere sul nuovo messale.

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  8. Mi sa che Papa G. XXIII si è preoccupato di chiudere il Vaticano I prima di indire il Vaticano II... (da Wikipedia)

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    1. Come ho scritto, non sono riuscito a reperire l'atto formale con cui lo avrebbe fatto. Se qualcuno è in grado di segnalarmelo, gliene sarò molto grato.

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  9. Don Elia, cosa è la volontà di questo popolo di traditori davanti alla Volontà Divina,polvere .Dio sta permettendo tutta questa desolazione ,ci sarà un motivo. Noi lo crediamo,ne abbiamo la certezza. Viviamo e vediamo la desolazione di questo tempo e di questo mondo,ma Dio vede nel profondo del cuore dei buoni e dei cattivi ,tiene i fili .Il mondo è molto peggio del tempo terreno di Gesù e Roma vuole ammaestrare Dio agli uomini. Per Grazia Celeste le anime si stanno destando e iniziano a vedere la malvagità di questi perché, da Bergoglio in poi, tutto il malvagio sommerso sta venendo fuori. La tragedia immane sono i ministri di Dio( con al seguito milioni di anime) che non credono a Cristo Via,Verità ,Vita questo sarà la loro condanna, perché a secondo di come Cristo è accolto sarà morte o vita eterna…per ognuno di noi. Mi affido totalmente al Volere Divino nella certezza del Trionfo del Cuore Immacolato di Maria,quando il Volere Divino lo riterrà. Nell’attesa prego il Signore che ci dia il coraggio della Fede per affrontare questo tempo e questo mondo …iniziando dalle nostre famiglie “divise”fra credenti e non.

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    1. Carissima Giulia, ci sono sicuramente validi motivi per cui il Signore sta permettendo questa desolazione; uno è certamente il far venire a galla il marciume sommerso e l'incredulità dissimulata. Tutto è effettivamente nelle mani di Dio; anche i Suoi nemici (e il diavolo stesso, che si serve di loro) cooperano, loro malgrado, al trionfo dei Suoi disegni.

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  10. Non esiste un documento formale di chiusura del Concilio Vaticano I, ma solo una affermazione 'a braccio' di Giovanni XXIII nel dicembre 1959 alla Commissione Antipreparatoria.
    Nessuno si oppose...

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    1. Grazie per la preziosa informazione.
      Un'affermazione a braccio, ad ogni modo, mi sembra un atto inadeguato per un affare di tale importanza...

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  11. Qui c'è la profezia:
    http://rivelazionicristiane.altervista.org/papa-giovanni-xxiii-e-il-concilio-vaticano-ii-negli-esorcismi-di-belzebub/

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