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sabato 11 maggio 2019


La Chiesa è viva




L’articolo di Benedetto XVI sulla crisi degli abusi sessuali si conclude con una riaffermazione della speranza che riecheggia quella contenuta nella sua prima omelia da papa: «La Chiesa è viva – essa è viva perché Cristo è vivo, perché Egli è veramente risorto» (Omelia per l’inizio del ministero petrino, 24 aprile 2005). Chi era presente quel giorno non può dimenticare il fremito di entusiasmo che a quelle parole percorse la folla, nella quale nessuno poteva certo immaginare che il sollievo e la consolazione suscitati da quell’elezione avrebbero lasciato il posto, neanche otto anni dopo, a un trauma senza precedenti. Oggi il Pontefice ci affida in pari tempo un compito meraviglioso: scoprire e indicare, ad ogni livello, i testimoni del Dio vivente che difendono la fede con la loro vita e la loro sofferenza, così da poter vedere e trovare la Chiesa viva, quell’habitat di cui abbiamo bisogno per continuare ad essere cristiani e sostenere l’odierna prova. Nell’esortarci a identificare la Chiesa viva, egli sembra implicitamente presupporre che ci sia pure una parte della Chiesa spiritualmente morta per la perdita della fede.

Anche il riferimento alle parabole della zizzania e della rete che raccoglie ogni genere di pesci (cf. Mt 13, 24-30.47-50) fa tornare alla mente un suo discorso, ma questa volta pronunciato a braccio in un momento di terribile sofferenza. La sera dell’11 ottobre 2012, per salutare i fedeli radunatisi per la fiaccolata che, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, intendeva imitare quella accorsa mezzo secolo prima sotto le finestre di Giovanni XXIII, Benedetto XVI asserì, con voce fioca e volto disfatto dal dolore, che la gioia era quel giorno più sobria rispetto all’altra, poiché negli ultimi dieci lustri si era «visto che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi». Era fresco il gigantesco scandalo provocato dalla pubblicazione di un’ingente quantità di documenti riservati sottratti dal suo stesso studio privato; pochi giorni prima, oltretutto, il Papa aveva ricevuto – si dice – la relazione dei cardinali Tomko, Herranz e De Giorgi sullo stato della Curia, accompagnata dalla cassa di documenti poi consegnata al successore. Non sarebbe stata del tutto superflua, peraltro, una riflessione sul nesso tra la grave degenerazione costatata e l’assise di cui così inopportunamente si commemorava l’apertura.

Ora, nel suo ultimo intervento, Ratzinger esclude in modo perentorio che il rimedio alla spaventosa corruzione che negli ultimi anni si è manifestata a tutti i livelli del clero possa essere l’invenzione di una “nuova Chiesa”, «una Chiesa migliore, creata da noi stessi». Con il suo caratteristico garbo di inesorabile lucidità, egli afferma che si tratta di «una proposta del diavolo, con la quale egli vuole allontanarci dal Dio vivente». Infatti l’Accusatore, puntando il dito contro le nefandezze perpetrate da ministri sacri, vuol far credere alla gente che la Chiesa sia malvagia, così come, per la presenza del male, sarebbe cattiva la creazione stessa. Il suo scopo ultimo è gettare discredito sul Creatore del mondo e sul Fondatore della Chiesa, ai quali è in tal modo attribuita la responsabilità del peccato. Alle verità parziali del demonio bisogna allora contrapporre la verità nella sua interezza: «Sì, nella Chiesa c’è il peccato e il male; ma anche oggi c’è la Chiesa santa, che è indistruttibile».

Effettivamente è proprio nel senso indicato che attualmente si cavalca la crisi degli abusi: la Chiesa, così com’è, non va bene, ma va rifatta. In realtà quest’idea, in maniera più o meno esplicita, ha cominciato a dominare la vita ecclesiale con quel concilio che, per rifondare la Chiesa in ogni suo aspetto in chiave antropocentrica e mondana, la prese a programma, sebbene in forma latente, come attesa di una nuova Pentecoste. Tale espressione, intesa in senso univoco e non puramente metaforico, può far pensare che la prima abbia esaurito la sua spinta e che, di conseguenza, l’opera di Cristo sia stata insufficiente o difettosa, quando invece possiede un’efficacia infinita: essa, ben al di là dello stretto necessario, si dispiega nella storia con forza inesauribile, abbracciando ogni tempo e luogo fino alla Parusia. Pensare che l’uomo, in un modo o in un altro, debba rinnovare quanto fatto dal Signore, in ultima analisi, è un’apostasia; ma tutto l’agire dei vertici ecclesiastici, oggi come non mai, induce a pensare che intendano davvero reinventare la Chiesa: basti pensare alla riforma della Curia (che, a quanto pare, sarà articolata in dicasteri posti tutti sullo stesso livello ed eventualmente guidati da laici, che però non detengono il munus regendi), al sinodo sull’Amazzonia (in cui vogliono discutere, fra l’altro, dell’ordinazione di uomini sposati), alle annunciate ulteriori innovazioni nella liturgia (che, da quel che si sussurra, dovrebbero consentire “concelebrazioni” con i protestanti); più in generale, alla dissoluzione della dottrina nella prassi e all’elaborazione di una morale fluttuante, determinata da fini soggettivi e da situazioni contingenti.

Proprio riguardo al fondamento della legge morale, tuttavia, l’analisi di Benedetto XVI svela una visione di fondo troppo debole, retaggio di quell’impostazione esistenzialistica che ha contagiato la teologia tedesca della seconda metà del XX secolo. Ciò è presumibilmente dovuto a una carenza di tipo culturale, ossia alla mancata formazione tomistica. Non c’è dubbio che lo scandalo degli abusi clericali si possa spiegare anche con l’assenza della fede in tanti ministri sacri, ma quel che fonda gli obblighi e i divieti morali non è la fede (legata anche alle disposizioni soggettive dell’individuo), bensì l’ordine oggettivo dell’Essere e la Legge naturale inscritta nella coscienza, che permette ad ogni uomo di conoscere quell’ordine e sulla quale ognuno è tenuto a regolare i propri comportamenti, a prescindere dal fatto che sia cattolico o meno, ateo o credente in questa o quella divinità. Così la Chiesa ha insegnato fino a cinquant’anni fa, fino a che la teologia morale non è stata rivoluzionata da Häring e soci con i bei risultati che abbiamo sotto gli occhi, visto che non si insegna più che ci sono atti intrinsecamente cattivi, i quali, cioè, lo sono sempre, per natura, in ogni caso. Se quelli meno gravi possono essere tollerati, in via eccezionale, per evitare un male non proporzionato al bene salvaguardato dall’osservanza della legge, gli altri non vanno mai compiuti da nessuno, per nessun motivo, a nessuno scopo e in nessuna circostanza.

Non è pertanto la storia d’amore che Dio ha voluto intrecciare con l’uomo che obbliga il secondo a osservare i precetti morali, né (kantianamente parlando) l’imperativo categorico che ognuno a modo suo scopre autonomamente nella propria coscienza individuale, bensì la norma fissata dal Creatore, la quale, rispecchiando la Sua giustizia, rispetta altresì l’essere della creatura fatta a Sua immagine e le consente di conseguire il suo fine ultimo, Dio stesso, che altrimenti rimane irraggiungibile. Nello stato di natura decaduta, la fede si rivela moralmente necessaria per illuminare l’intelletto offuscato dall’errore, così come la grazia – prima ancora che per produrre atti soprannaturali, commisurati a quel fine trascendente che è la visione beatifica – si dimostra indispensabile per fortificare la volontà indebolita dal peccato e per correggerne le cattive inclinazioni. È dunque innegabile che la fede e la grazia svolgano un ruolo di primo piano in una sana vita morale in quanto la rendono possibile, ma non sono il fondamento della legge che prescrive all’uomo il bene e gli proibisce il male: essa vale per tutti, così che un atto intrinsecamente buono perché conforme alla norma morale, anche senza essere elevato dalla grazia santificante, può predisporre l’uomo ad accoglierla, pur essendo già, di solito, ispirato e sostenuto dalla grazia preveniente.

Il libero arbitrio dell’uomo, come chiunque può osservare, sussiste anche senza la fede; perciò, anche senza di essa, egli è responsabile dei suoi atti davanti a Dio, sebbene possa essere in parte scusato dall’ignoranza. Il fatto che un prete o un seminarista non abbia la fede – oltre a costituire già una colpa grave – non attenua il grado di colpevolezza dei suoi cattivi comportamenti, perché la sua coscienza è in grado da sola di ammonirlo al riguardo. Che questo, in tanti casi, non sia avvenuto si  spiega soltanto in parte con la rivoluzione sessuale del Sessantotto, giacché una rivoluzione analoga era già avvenuta nei seminari e non era stata repressa. L’impotenza dei vescovi nel trattare gli abusi è sì dovuta anche all’insufficiente apparato penale del nuovo Codice, ma soprattutto alle loro idee sballate circa la sessualità in generale e il celibato sacerdotale in specie. L’inesistente disciplina dei seminari ha per causa prossima la presenza di superiori incapaci, ma la causa remota è che da Roma si è smesso di verificare l’osservanza delle norme e di sanzionarne l’inosservanza con la dovuta severità. Dopo il Vaticano II, del resto, il governo centrale della Chiesa Cattolica è diventato un enorme pachiderma burocratico-amministrativo, tanto più inefficace quanto più sviluppato. Se di rinnovamento della Chiesa bisogna proprio parlare, occorre allora – oltre a vigilare e intervenire adeguatamente dal centro, quando necessario – formare buoni vescovi e restituire loro l’autorità connessa all’ufficio, in modo che la possano effettivamente esercitare.

È ovvio che, finché si tollererà che seminari e conventi siano vivai di checche, non c’è via d’uscita dalla crisi. A meno che la Provvidenza non abbia disposto per il prossimo futuro una calamità tale da rovesciare l’attuale regime e da rimettere tutto in gioco, l’unica soluzione umanamente pensabile pare quella sperimentata in Cina e nei Paesi dell’ex-blocco sovietico: aprire seminari clandestini in cui coltivare buone vocazioni al presbiterato (e all’episcopato), trovando altresì chi sia disposto a ordinarle in segreto perché esercitino il ministero di nascosto. Certo, si tratterebbe di una condizione eccezionale, estranea al normale funzionamento della Chiesa; ma – come dicono i francesi – à la guerre comme à la guerre. Finché si può passare tra le maglie del sistema senza farsi stritolare, si fa quel che si può per assicurare la trasmissione della fede; se le maglie si stringono troppo, ci si rende invisibili. In tal modo si evita il penoso dilemma se porsi o meno in una situazione pubblicamente irregolare o addirittura in stato di scisma dichiarato. Evidentemente ci vogliono generosi mecenati che mettano a disposizione danari ed edifici; l’appello è lanciato. Se così vuole il Signore, che la Madre della Chiesa, in questo mese a Lei dedicato, ci mostri una via perché possiamo rimanere e operare nella Chiesa viva, della quale, per pura grazia, siamo parte.

23 commenti:

  1. Siano lodati Gesù e Maria!
    Rev.do Don Elia, questo articolo - come gli altri d'altronde - é pienamente e totalmente condivisibile e sottoscrivibile. Ma soprattutto contiene il compendio della Dottrina Divina e Cattolica sulla Grazia attuale e sulla Grazia preveniente, sul giusto rapporto fra Grazia Divina e libero arbitrio (che - quando rettamente compresa - é dottrina capace da sola di illuminare e distruggere altri falsi concetti di "divina volontà" che oggi imperano, senza accorgersi dell'eresia propagata), sulla moralità degli atti intrinsecamente cattivi. Veramente un ottimo compendio. Da leggere e rileggere. Meditare e rimeditare.

    Mi consenta una riflessione, aperte a tutti.

    Ho recentemente scoperto come durante il regno di Paolo VI si sia provveduto a riformare la Curia. Se prima il Sant'Uffizio era direttamente guidato dal Sommo Pontefice e le altre congregazioni si riferivano ad esso (pertanto il Papa aveva sempre la visione globale e l'ultima parola su ogni aspetto della Chiesa), la nuova riforma mise al centro (o al vertice...) il segretario di stato, relegando la neo-nominata "Congregazione per la Dottrina della Fede" in maniera subordinata ad una figura "politica" come quella del segretario di stato, allontanando inoltre il Sommo Pontefice dall'essere il diretto responsabile di tale congregazione.

    ...insomma, un cambiamento strutturale che si é dimostrato funzionale per dare sempre più un potere umano nel guidare la Chiesa a chi non aveva alcun munus di origine divina. Insomma, nonostante i Regni di Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in realtà si assisteva all'egemonia di Villot, Casaroli, Sodano, Bertone & Co... il che non toglie alcuna colpa agli errori teologici propugnati dai Pontefici degli ultimi 60 anni, ma permette di capire come apparenti cambiamenti "secondari" siano stati usati dai modernisti massoni come ulteriore strategia per sferrare questo attacco mortale (umanamente parlando...per Grazia di Dio la Chiesa é di origine e protezione Divina!) alla Santa Sposa di Cristo.

    Chiedo scusa per la lungaggine, ma mi sembrava - se é vero questo fatto - che fosse un elemento fondamentale nel comprendere ancora meglio cosa é successo negli ultimi 60 anni.
    Santa serata!

    Ave Maria

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  2. ...ancora da Wikipedia:
    "Il segretario termina il suo mandato con il pontefice che lo ha designato."

    Ma é una sorta di controPapa? Di pontefice sotterraneo? È scritto da qualche parte questo? Anche in questo caso, se fosse vero, allora il dubbio di prima diventa sempre più una certezza: si é cambiata la struttura della Curia per costruire un sottopotere di gestione concreta della Chiesa, che staccasse sempre di più il Pontefice da un reale e concreto potere (associato ad una sempre maggiore perdita della Fede nell'utilizzo della Autorità Petrina).

    Ave Maria

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    1. Grazie per questo approfondimento. Effettivamente è successo proprio così: la riforma della Curia, con lo strapotere conferito al Segretario di Stato, ha isolato il Papa e limitato la sua influenza diretta. Solo con il pontificato attuale, paradossalmente, sembra che il Papa abbia ricuperato un ruolo centrale (anche se, in questo caso, sarebbe provvidenziale che ci fosse qualcuno capace di contrastarlo).

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  3. Gentilmente, chiarirebbe il concetto? Dovremmo diventare una sorta di partigiani ecclesiali che vivono una Chiesa clandestina per evitare di cadere in stato di scisma? Magari frequentando le parrocchie e fingendo che tutto va bene?
    Se ho capito male,gentilmente, mi spieghi.

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    1. Mi riferivo alla formazione di chierici che siano in grado di assicurare la trasmissione della retta fede. I fedeli potrebbero avvalersi del loro ministero clandestino per essere sostenuti nella prova (come avviene in Cina ed è avvenuto negli ex-Paesi comunisti dell'Europa orientale), senza per questo provocare ulteriori lacerazioni nel tessuto della Chiesa visibile.

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    2. Si può dire che si tratterebbe di un esperimento sostanzialmente analogo a quanto già accade, per esempio, per la FSSPX?

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    3. No, perché non avrebbe un carattere pubblico e non si creerebbe quindi una nuova situazione di palese divisione.

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    4. Ma un vescovo di elezione papale potrebbe (posto che lo volesse davvero) ordinare soggetti che ufficialmente non sono passati per il seminario?
      In clandestinità avverrebbe anche il concreto esercizio del ministero sacerdotale?

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    5. Ogni vescovo detiene il potere di ordine; per ragioni eccezionali, se vuole, può esercitarlo anche in modo irregolare, com'è avvenuto e avviene in condizioni di persecuzione.
      Di norma, i sacerdoti devono essere incardinati in una diocesi o in un istituto religioso, ma in questo momento ciò comporta forti limitazioni nell'annuncio della verità e, quasi sempre, gravi conflitti di coscienza, perché si viene obbligati ad agire contro di essa.

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  4. La Chiesa di Cristo non è” ne insufficiente ne difettosa”ma è palese come si è riempita di mercenari e di falsi pastori che hanno abbandonati i greggi ai lupi intrisi di passioni e di vizi. La Chiesa è viva e lo sarà sempre, per tutto il tempo che il Signore la vorrà sulla Terra, anche con un numero esiguo di pastori che con il loro sacrificio e fedeltà a Cristo riescono a strappare le anime alla morte spirituale ,ma anche con voci laiche e umili ,sempre più numerose ,inviate dalla Misericordia del Signore per guidare in questi tempi tremendi.

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  5. Condivido don Elia, ma dove sono questi formatori, dalle mie parti i sacerdoti sono tt allineati o fanno finta di esserlo,nella mia regione neppure sacerdoti lefreviani, I laici si contano.

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    1. Ce ne sono alcuni nella penisola; nelle isole non ne conosco nessuno di persona. Risulta comunque che don Massimiliano Pusceddu ha potuto riprendere il ministero pubblico nella parrocchia di San Massimiliano Kolbe a Cagliari.

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  6. La ringrazio per il chiarimento, tuttavia penso che,se fossimo costretti a comportarci come in Cina, vorrebbe dire che lo scisma é già avvenuto.

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    1. Ritengo che sia avvenuto di fatto, anche se non formalmente.

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  7. L'ultima parte dell'articolo mi induce a due riflessioni:la prima che la situazione in cui versa la Chiesa Cattolica, tra i rappresentanti del clero,sia ormai giunta al punto di non ritorno e che il conflitto interno rischia il martirio di sangue; la seconda,di conseguenza, che si stia allestendo , con chiamata alle "armi", l'accampamento per l'esercito da contrapporre al nemico. Mi sbaglio? Sono già andato troppo oltre? In ogni caso, sono con voi, prego per voi.

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    1. L'esercito, per il momento, è ancora sparpagliato. Dobbiamo chiedere la grazia di poter raccogliere elementi validi (sacerdoti e vocazioni) che operino in unità d'intenti. Grazie per le preghiere, quanto mai urgenti.

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  8. Buona solennità della Madonna di Fatima a Mic e a tutti gli amici/che del blog; ricordiamoci che la Madonna disse a Suor Lucia che l'ultimo papa sarebbe finito sotto il controllo di Satana, come è venuto fuori recentemente da un'intervista concessa anni fa da Padre Malachi Martin (che ebbe modo di leggere il testo del 3° segreto); stesso messaggio fu poi consegnato dalla Madonna della Rivelazione (quella apparsa alla Tre Fontane, a Roma) a Bruno Cornacchiola, che ne fu talmente sconvolto (come risulta dai suoi diari, pubblicati recentemente da Saverio Gaeta nel suo libro "Il veggente") da non riuscire a reggersi in piedi per più giorni.

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  9. Dal Vangelo secondo Giovanni (12,44 50)
    In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

    Il Magistero di Benedetto XVI
    Santa Messa con sacerdoti, religiosi e diaconi di Cipro a Nicosia, 5 giugno 2010
    L’uomo non può salvare se stesso dalle conseguenze del proprio peccato. Non può salvare se stesso dalla morte. Soltanto Dio può liberarlo dalla sua schiavitù morale e fisica. E poiché Dio ha amato così tanto il mondo, ha inviato il suo Figlio unigenito non per condannare il mondo – come avrebbe richiesto la giustizia – ma affinché attraverso di Lui il mondo potesse essere salvato. L’unigenito Figlio di Dio avrebbe dovuto essere innalzato come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così che quanti avrebbero rivolto lo sguardo a lui con fede potessero avere la vita. Il legno della croce divenne lo strumento per la nostra redenzione, proprio come l’albero dal quale era stato tratto aveva originato la caduta dei nostri progenitori. La sofferenza e la morte, che erano conseguenze del peccato, divennero il mezzo stesso attraverso il quale il peccato fu sconfitto. L’agnello innocente fu sacrificato sull’altare della croce, e tuttavia dall’immolazione della vittima scaturì una vita nuova: il potere del maligno fu distrutto dalla potenza dell’amore che sacrifica se stesso. La croce, pertanto, è qualcosa di più grande e misterioso di quanto a prima vista possa apparire...Offre speranza senza limiti al nostro mondo decaduto. Ecco perché il mondo ha bisogno della croce. Essa non è semplicemente un simbolo privato di devozione, non è un distintivo di appartenenza a qualche gruppo all’interno della società, ed il suo significato più profondo non ha nulla a che fare con l’imposizione forzata di un credo o di una filosofia. Parla di speranza, parla di amore, parla della vittoria della non violenza sull’oppressione, parla di Dio che innalza gli umili, dà forza ai deboli, fa superare le divisioni, e vincere l’odio con l’amore. Un mondo senza croce sarebbe un mondo senza speranza, un mondo in cui la tortura e la brutalità rimarrebbero sfrenati, il debole sarebbe sfruttato e l’avidità avrebbe la parola ultima. L’inumanità dell’uomo nei confronti dell’uomo si manifesterebbe in modi ancor più orrendi, e non ci sarebbe la parola fine al cerchio malefico della violenza. Solo la croce vi pone fine. Mentre nessun potere terreno può salvarci dalle conseguenze del nostro peccato, e nessuna potenza terrena può sconfiggere l’ingiustizia sin dalla sua sorgente, tuttavia l’intervento salvifico del nostro Dio misericordioso ha trasformato la realtà del peccato e della morte nel suo opposto. Questo è quanto celebriamo quando diamo gloria alla croce del Redentore.
    http://lavignadelsignore-annoliturgico.blogspot.com/2019/05/mercoledi-della-iv-settimana-di-pasqua.html

    Anche senza le telecamere e i registratori il Santo Vangelo ci accompagna e ribadisce : "Io sono venuto nel mondo come luce"

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  10. Rispondo a un'obiezione sulla dottrina morale che non ho riportato perché troppo confusa e fuorviante.
    L'oggetto del mio discorso non è la possibilità di conoscere e osservare la legge morale (cosa che, nello stato decaduto, richiede di fatto la fede e la grazia), ma il principio per cui essa obbliga. Questo principio è l'autorità stessa di Dio, autore sia della legge naturale (da Lui inscritta nella coscienza umana) sia della legge positiva (contenuta nei Comandamenti e nel Vangelo). Se è vero che, per osservare la legge evangelica (che esprime la perfezione della carità), sono assolutamente necessarie la fede e la grazia, motivo per cui essa obbliga solo chi le possiede, la legge naturale (confermata dai Comandamenti, ma conoscibile anche mediante la retta ragione) obbliga tutti a prescindere dalla fede e dalla grazia. Ciò non significa che l'uomo decaduto sia in grado di osservare tutta la legge morale con le sue sole forze, ma che non è scusato dal fatto di non avere la fede. L'incapacità di osservare la legge morale se non in modo parziale e discontinuo e l'impossibilità di meritare la vita eterna con atti buoni non elevati dalla grazia deve spingere gli individui a cercare aiuto in Dio e, di conseguenza, ad aprirsi alla fede, la quale dà accesso alla grazia necessaria per salvarsi mediante la piena osservanza della legge e la produzione di atti soprannaturali.

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  11. Cerchiamo di consolare la Madre di Dio e di riconoscere un Sacerdote fedele da un Sacerdote infedele :
    Omelìa di venerdì 10 maggio 2019.
    Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
    https://www.veritatemincaritate.com/2019/05/venerdi-10-maggio-2019/

    https://www.dropbox.com/s/jo6hkrfoaa1tpuv/190510-Omelie-PiccoloGregge.m4a?dl=0

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  12. La teologia e la spiritualità kolbiane della Consacrazione a Maria, dunque, godono di un impianto di fondo solido e vigoroso e, allo stesso tempo, diventano la radice di un programma missionario di apostolato per la conversione e la santificazione di tutte le anime da portare a Dio per mezzo di Maria. La base dottrinale che San Massimiliano pone a fondamento gli permette di intendere e presentare questa pratica di devozione come il « perno » su cui far leva sia per la formazione dell’anima che vuole, per mezzo di Maria, santificarsi perfettamente sia per l’efficacia apostolica, raggiungendo ogni anima con la grazia che salva e riforma.

    San Massimiliano Kolbe è stato uno dei più grandi maestri e profeti della consacrazione a Maria. Pur facendo suoi i principi fondamentali della teologia montfortana, ha proposto una formulazione con dei tratti originali. Consideriamoli:

    ASCOLTA QUI
    https://tempidimaria.files.wordpress.com/2019/02/puntata-kolbe.mp3

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  13. Ho trovato utili per me queste catechesi di P. Serafino Tognetti della CFD , mi piacerebbe condividerle con voi : Fermiamo l'orologio .

    LA POTENZA DELLA PREGHIERA ( 1 Parte, Pregare sempre è possibile)
    https://www.youtube.com/watch?v=VYxGBjryjtg

    (2 PARTE)
    https://www.youtube.com/watch?v=fbrRZi9Y8kU

    (3 PARTE)
    https://www.youtube.com/watch?v=bnJc6iwO_Hw

    (4 PARTE)
    https://www.youtube.com/watch?v=j722KNHwjQU

    (5 PARTE)
    https://www.youtube.com/watch?v=MHz5SfQD1GI

    Ave Maria !

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  14. Promessa dei primi 6 giovedi del mese a S. Alexandrina Maria Da Costa da Balasar, 1904-1955
    «Fa’ che io sia amato – le chiede Gesù – che io sia consolato e riparato nella mia Eucaristia».
    ”Fa sapere in mio nome che a quanti faranno bene la Santa Comunione, con sincera umiltà, fervore e amore per i primi 6 giovedì consecutivi e passeranno un’ora di adorazione davanti al mio Tabernacolo in intima unione con me, prometto il Cielo.
    Di’ che onorino attraverso l’Eucarestia le mie Sante Piaghe, onorando per prima quella della mia sacra spalla, così poco ricordata.
    Chi al ricordo delle mie piaghe unirà quello dei dolori della mia Madre benedetta e per loro ci chiederà grazie spirituali o corporali, ha la mia promessa che saranno accordate, a meno che non siano di danno per la loro anima. Nel momento della loro morte condurrò con me la mia Santissima Madre per difenderli (22.2.1949)”

    Istruzioni per i 6 primi giovedi del mese
    1. S. Comunione (fatta bene, con sincera umiltà, fervore e amore)
    2. Un' ora di adorazione eucaristica

    Consigliato:

    – Pange Lingua – Te Deum
    – Acclamazioni Eucaristiche
    – S. Piaghe (ad esempio: per prima: S. Spalla,Orazione di S. Bernardo sulla S. Spalla + Coroncina e Rosario alle S. Piaghe di Sr. M. Chambon)
    – Dolori della Madonna (ad esempio: Rosario dei 7 dolori di Kibeho + Ora della Desolata
    “Mia figlia, gioiello eucaristico, lo sono lì nel tabernacolo, in quell’Ostia pura, in Corpo, Sangue , Anima e Divinità, come sono qui. Parla al mondo di questo amore. Di’ agli uomini che si avvicinino a Me. Voglio darmi a loro. Molte volte, tutti i giorni se è possibile. Vengano con cuore puro, molto puro e assetato”

    “Se verranno al tabernacolo con le dovute disposizioni e reciteranno il Rosario, o la sua terza parte, tutti i giorni, non occorrerà altro per allontanare la giustizia di Dio.

    Gesù mio,
    io credo che sei realmente presente
    nel Santissimo Sacramento.
    Ti amo sopra ogni cosa
    e Ti desidero nell' anima mia.
    Poiché ora non posso riceverTi
    sacramentalmente,
    vieni almeno spiritualmente
    nel mio cuore.

    Come già venuto,
    io Ti abbraccio e tutto mi unisco a Te;
    non permettere che mi abbia mai
    a separare da Te.

    Eterno Padre, io Ti offro
    il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo
    in sconto dei miei peccati,
    in suffragio delle anime del purgatorio
    e per i bisogni della Santa Chiesa.
    *****
    Dal momento che saremo giudicati sull'amore , il Nostro Signore e Nostro Dio ci da' molte occasioni per dimostrarGli che Lo amiamo .








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