Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 30 aprile 2016


L’ora dei laici


L’apostasia universale, annunciata nella Sacra Scrittura e più volte predetta nelle rivelazioni private, ha raggiunto il culmine. Quanti prima si mimetizzavano sono venuti allo scoperto, cantando vittoria e denunciando così la propria ipocrisia. Fra coloro che vi si oppongono, un solo coraggioso vescovo ha finalmente alzato la voce; raddoppiamo quindi le nostre preghiere perché sia protetto dall’alto. Gli altri presuli mantengono il silenzio: lo fanno per poter continuare ad operare a servizio del loro gregge, perché hanno magari ricevuto minacce e vogliono perciò evitare di esser messi fuori gioco? Tuttavia è lecito chiedersi: al punto in cui siamo arrivati, si può ancora rimediare al disastro solo con discrete disposizioni operative, senza denunciare esplicitamente la causa della confusione e dello sbando? C’è di mezzo la salvezza delle anime, che in numero ormai incalcolabile si stanno gettando nel precipizio convinte di esservi autorizzate dal supremo Pastore, con la complicità dei loro parroci e di confessori che si rifiutano di ascoltare l’accusa dei peccati…

Non sono così ingenuo da credere che una presa di posizione pubblica, da parte di un vescovo, basti a rimettere ordine nella sua diocesi. La maggior parte dei preti non danno più retta a nessuno che non avalli e confermi le loro idee; molti, nella loro parrocchia, si considerano vescovi e papi, se non nuovi messia dall’inedito vangelo. La peggiore delle imposture attuali non è tanto che i temi caldi della sovversione siano presentati in modo tale da obbligare al consenso, quanto piuttosto che a loro riguardo ognuno si senta incaricato di legiferare senza limiti di sorta, che si tratti del sacerdote in cura d’anime o del fedele che ritiene di seguire la propria coscienza (per lo più erronea, lassa o ignorante). Il generale oscuramento delle menti impone pertanto ai cattolici fedeli di assumersi con determinazione tutte le responsabilità derivanti dal Battesimo, sulle quali – sebbene con intenti opposti – negli ultimi decenni si è tanto insistito. È proprio ora di farlo, ma nel verso giusto: non per contestare l’autorità e l’insegnamento dei legittimi Pastori, bensì per sottrarsi all’influsso nefasto di quelli cattivi, che portano il gregge fuori strada.

Molti si chiedono in questo momento cosa debbano fare. Il completo capovolgimento dell’ordine naturale si palesa pure nel fatto che siano i laici a dover redarguire i ministri di Dio nell’esercizio del loro ministero, oltre che – spesso, purtroppo – per la loro condotta morale. Un primo compito si impone con improrogabile urgenza: riprendete a viso aperto – prima in privato, poi, se necessario, anche in pubblico – i sacerdoti che predicano in modo contrario alla sana dottrina o ammettono ai Sacramenti persone che non possono riceverli: ciò comporta un danno spirituale gravissimo per tutte le membra del Corpo mistico e voi avete il sacrosanto diritto e dovere di difendervi. Non temete le loro reazioni: il Signore stesso è con voi e lo Spirito Santo vi ispirerà le parole da dire. Qualora non vi ascoltino, smettete di frequentare la parrocchia e portate altrove i vostri bambini, se avete a cuore la loro salvezza eterna. Piuttosto istruiteli voi stessi con il Catechismo di san Pio X e, per la ricezione dei santi Sacramenti, andate nel più vicino priorato della Fraternità sacerdotale che da lui prende nome. Visto che ci si sposta così facilmente per turismo o per cure, lo si può ben fare per la salute dell’anima.

L’unico argomento a cui gran parte dei chierici si mostra realmente sensibile è quello… economico. Non date più un centesimo là dove si favorisca la perdizione delle anime, ma d’ora in poi scegliete accuratamente, se già non lo fate, quelle opere che vale veramente la pena di sostenere in quanto promuovono la diffusione della verità e incrementano la vita di grazia. Per quanto possa essere gradito ai nemici della Chiesa, rinnovo l’invito a non firmare più per la Chiesa Cattolica nella dichiarazione dei redditi, almeno fino a quando non ci sia un evidente ravvedimento mediante una pubblica supplica alla suprema autorità di ribadire in modo inequivocabile l’immutabile dottrina morale in materia sessuale e matrimoniale. La storia insegna che la riforma del clero simoniaco e concubinario, nell’XI secolo, non fu perseguita soltanto a suon di provvedimenti canonici, ma pure incitando i fedeli a disertarne le chiese e a privarlo del sostentamento. Per quanto grave fosse la situazione di allora, quella odierna lo è molto di più: ora è in gioco la fede stessa e la salvezza delle anime, oltre all’identità della Chiesa e al mandato che ha ricevuto da Cristo.

Formate piccoli gruppi che recitino con fervore il santo Rosario secondo le intenzioni espresse nell’Operazione “Muro di fuoco”. Qualsiasi cosa ottenga la nostra preghiera, unita alla penitenza e all’offerta, avremo il merito di aver attenuato o differito il castigo celeste che deve inevitabilmente abbattersi sul mondo acquiescente al peccato, nonché su quella parte della Chiesa terrena che più non lo combatte, anzi lo canonizza ed esalta proprio nel momento del più orrendo e disgustoso dispiegamento che l’umanità abbia mai conosciuto. Al fine di esserne preservati, effettuiamo o, nel caso, rinnoviamo con i nostri cari la consacrazione al Cuore immacolato di Maria. La nostra Madre del cielo non si stanca di raccomandarla con inverosimile insistenza da quel lontano 1917, quando fece suoi portavoce tre bambini che nemmeno sapevano dell’esistenza della Russia. Con quanti avranno la possibilità di partecipare, se Dio vuole contiamo di consacrarci a Lei nel cuore stesso della cristianità, il giorno della relativa festa liturgica, nel luogo che verrà indicato a suo tempo. E poi, continuate a sostenere i sacerdoti fedeli: sono più numerosi di quanto non sembri, ma isolati e dispersi in contesti ostili. La vostra preghiera e la vostra amicizia sono provvidenziali, nella grande e decisiva missione in cui, malgrado la nostra indegnità, la Regina ci ha coinvolti tutti.

«Cari figli miei, attraverso la vostra testimonianza di fede e di preghiera verrà la salvezza. Riempitevi di grazia. Il vostro tempo è arrivato. Il popolo di Dio convertirà il popolo di Dio. La prepotenza dell’uomo sarà sconfitta. Saranno beati gli umili. Verrà il suo Regno, ma verrà per mezzo di voi. Non nascondetevi, quindi, ma siate responsabili del vostro impegno. Io non vi abbandonerò se vivrete questo tempo di grazia. Vi benedico» (la Regina dell’Amore a Renato Baron, il 16 gennaio 1986 a Schio).
 

sabato 23 aprile 2016


La cernita divina

 
Per il giusto è sorta la luce, la letizia per i retti di cuore (Sal 96, 11).

Ora il gioco si fa duro. Grandi e dolorose scelte ci stanno di fronte. Ma abbiamo la certezza che il Signore onnipotente ci guida per mezzo della Sua santissima Madre. Anche le parole ispirate della preghiera si caricano di significati gravi, ma illuminanti. Verba iniquorum praevaluerunt super nos (Sal 64, 4): voglia Dio che i discorsi degli iniqui, che in questo momento hanno più forza di quelli dei giusti, non prevalgano sulla nostra coscienza. Le mie parole non passeranno (Mc 13, 31), ci assicura il nostro Maestro – e questo ci basta. Certo, vorremmo che i giusti parlassero forte e chiaro; ma per il momento sembrano meritarsi la condanna del Salmista: Omnes declinaverunt, simul inutiles facti sunt (Sal 13, 3). A meno che non sia una forma di resistenza passiva, anche i buoni Pastori sembrano tutti dileguati o finiti fuori strada; in ogni caso, se non si svegliano, saremo costretti a concludere che, per un motivo o per un altro, son diventati inutili.

Giusto trecento anni fa, il 28 aprile 1716, moriva il grande Patrono della nostra Parrocchia virtuale. L’importante anniversario non può passare inavvertito, almeno per noi. Invito perciò tutti a recitare, giovedì prossimo, la sua sublime Preghiera infuocata, in gruppo o singolarmente. Si direbbe che l’abbia composta per la nostra epoca; il suo carisma profetico, d’altronde, era più che evidente. «È tempo che tu agisca, secondo la tua promessa. Hanno violato la tua legge (Sal 118, 126), è stato abbandonato il tuo vangelo, torrenti di iniquità dilagano sulla terra e travolgono perfino i tuoi servi. Tutta la terra si trova in uno stato deplorevole, l’empietà siede in trono, il tuo santuario è profanato e l’abominio è giunto nel luogo santo (cf. Mt 24, 15). Signore, Dio giusto, lascerai nel tuo zelo che tutto vada in rovina? Tutto diverrà alla fine come Sodoma e Gomorra? Continuerai sempre a tacere e sempre pazienterai? La tua volontà non deve compiersi in terra come in cielo, e non deve stabilirsi il tuo regno? Non hai rivelato, già da tempo, a qualcuno dei tuoi amici un futuro rinnovamento della Chiesa? Non devono gli Ebrei riconoscere la verità?».

È possibile che il Santo della vera devozione a Maria, dotato di una coscienza ipersensibile nei riguardi degli inevitabili limiti della vita cristiana di ogni tempo, li abbia percepiti in modo un po’ esasperato; ma le condizioni religiose della sua epoca, per quanto sempre perfettibili, non sembrano giustificare le sue invettive. Dopo la crisi calvinista e le cosiddette guerre di religione, finanziate da immancabili banchieri votatisi alla distruzione del cristianesimo, la Francia rifioriva nella fede grazie all’applicazione dei decreti del Concilio di Trento, a una pleiade di altissimi autori spirituali e a un efficace rinnovamento del clero, che usciva santo e preparato dai nuovi seminari, mentre nuovi ordini e congregazioni, tanto nella vita attiva che in quella contemplativa, si diffondevano in modo strabiliante, offrendo alla Chiesa straordinarie figure di Santi. Il rischio era semmai quello opposto delle derive rigoriste, come nel caso del giansenismo, prontamente represso, tuttavia, sia a livello civile che ecclesiastico, almeno oltralpe.

Non si spiega dunque il pessimismo di san Luigi Maria, a meno che non si riferisse all’insorgere di quel libertinismo che, ammantato di “progresso” e rabbioso di ribellione contro la “superstizione” cattolica, sarebbe dilagato nel XVIII secolo, del quale egli non vide però che gli albori. In ogni caso, le terre solcate a piedi dall’infaticabile missionario itinerante, morto di sfinimento all’età di quarantatre anni, otto decadi più tardi avrebbero subìto l’orrenda repressione operata dalle colonne infernali inviate dai giacobini di Parigi. Proprio dal Paese che era chiamato la fille aînée de l’Église uscirà un anticristo còrso che, come un fulmine, raggiungerà Roma e rapirà nientemeno che il Papa. La Chiesa sembrerà finita, ma la Provvidenza aveva altri progetti; una dozzina d’anni dopo, la volata dell’effimero imperatore sarà fermata a Mosca e, per lui, sarà l’inizio della fine. Quei pochi anni di dominio, tuttavia, basteranno all’uom fatale per riempire l’Europa, compresa l’Italia e lo Stato Pontificio, di quelle logge massoniche che provocheranno poi le cosiddette rivoluzioni liberali, la rivoluzione bolscevica e ben due guerre mondiali.

La profezia del Montfort, allora, si è compiuta in questi eventi storici? Eppure la profanazione del Santuario e la penetrazione dell’abominio nel Luogo santo non si erano ancora verificati, almeno non nella forma attuale. Si era attaccata la religione dall’esterno, ma ora è dall’interno che proviene la dissoluzione. Sodoma non si era ancora introdotta nella Città di Dio rivestendosi delle sue vesti e della sua dignità. Le verità teologiche e morali non erano state stravolte da chi dovrebbe difenderle e insegnarle: Diminutae sunt veritates a filiis hominum (Sal 11, 2). Non si era mai peccato contro lo Spirito Santo in modo così sfacciato da giungere ad affermare in un documento pontificio che «la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio» (Amoris laetitia, 311) nel momento stesso in cui è presentata come negazione della verità e della giustizia in quanto atteggiamento arbitrario totalmente sganciato dalla Sua Legge, declassata a fonte di ispirazione per le decisioni personali (purché uno non abbia troppe difficoltà a comprendere i valori insiti nella norma morale, peraltro ben conosciuta…). Che io sappia, i Comandamenti obbligano in virtù del fatto che sono stati dati da Dio, non in base alla comprensione soggettiva dell’individuo; ma la nuova morale mondano-chiesastica adora ormai non più Dio, ma l’io.

È tutto perduto? Certo che no! Il Signore sta semplicemente facendo la Sua cernita, distinguendo i Suoi fedeli dagli ipocriti, purificando i primi e smascherando i secondi in vista del Suo trionfo sul padre della menzogna. Il nostro compito è più che mai urgente, specie nei confronti degli incerti e dei confusi, anche fra i Suoi ministri. Facciamo il possibile per strapparli al fuoco (quello eterno) e incendiarli della fiamma di carità che arde nei Cuori di Gesù e Maria. Là abitiamo e lasciamo risuonare nel nostro cuore i loro appelli, che si fanno a volte udibili in parole chiare e nette. Così, attraverso di noi, Dio risponderà alla preghiera di san Luigi Maria inviando gli apostoli degli ultimi tempi: «Liberos: sacerdoti liberi della Tua libertà, distaccati da tutto, senza padre, madre, fratelli, sorelle, senza parenti secondo la carne, senza amici secondo il mondo; senza beni, impedimenti e preoccupazioni, perfino senza volontà propria. Liberos: schiavi del Tuo amore e della Tua volontà, uomini secondo il Tuo cuore che, senza volontà propria che li contamini e trattenga, compiano tutte le Tue volontà a abbattano i Tuoi nemici come altrettanti novelli Davide, con in mano il bastone della Croce e la fionda del Rosario: in baculo Cruce et in virga Virgine. […] Liberos: veri figli di Maria, Tua santa Madre, generati e concepiti dalla Sua carità».
 

sabato 16 aprile 2016


Il giorno del grande combattimento

 
È il trionfo delle tenebre. Dal falso vicario di mio Figlio è infine arrivata l’autorizzazione, se non l’ingiunzione di gettare in pasto ai peccatori pubblici, induriti e ostinati, il Suo preziosissimo Corpo, che io gli ho fornito dalla mia stessa purissima sostanza, unito in modo indissolubile alla Sua divinità… quella carne con la quale si è immolato sulla croce in espiazione dei peccati umani e quel sangue che ha versato in riscatto dell’umanità decaduta a causa della sua prevaricazione, quella stessa umanità che ora è tornata al suo vomito calpestando la grazia inestimabile, assolutamente immeritata, che il Frutto delle mie viscere le ha meritato con me, fusa con Lui, sul Calvario. Non credono più nel Sacrificio redentore, non sanno più di quale impensabile amore li abbiamo amati, non si rendono conto del rischio terribile che corrono… perché non riconoscono più i loro peccati. Ora si sentono pienamente confermati da quella che ritengono la suprema autorità morale – e che lo sarebbe, se non occupasse quel posto in modo illegittimo e indegno.

Dalla sera di quel venerdì al mattino del primo giorno della settimana fu per me com’è oggi per voi: un’unica, assoluta, interminabile notte dello spirito. Io scrutai quel buio siderale, sostenni quel vuoto imponderabile, mi piantai nel nulla dell’assenza totale di Dio, senza il minimo appoggio né umano né divino… se non quello della fiamma di carità e di fede che lo Spirito Santo alimentava nel mio Cuore immacolato, a tal punto nascosta in esso che non ne scorgevo neanch’io la luce. Fu l’amore a mantenere accesa in me la fede: solo per amore volli continuare a credere, nonostante la radicale e apparentemente irreversibile smentita dei fatti. Io sapevo, certo sapevo di aver messo al mondo un figlio che sarebbe risorto; ma conoscere le promesse di Dio risparmia forse dall’essere dilaniati, non dal dubbio, no, bensì dallo strazio di vedere il proprio stesso Amore, la Vita della propria vita, giacere esanime nel sepolcro, reso irriconoscibile dall’odio satanico?

Anche il Suo Corpo mistico, nato dall’acqua e dal sangue del Suo costato trafitto, nutrito della mia carne incontaminata, da Lui assunta, si riconosce ormai a stento, schiaffeggiato, deriso e umiliato nelle sue membra fedeli, macchiato, disgregato e disperso nelle sue membra fedifraghe. Certo, nella sua essenza la Chiesa è e sarà sempre, indefettibilmente, una, santa, cattolica e apostolica, ma nella condizione storica della sua porzione militante è orrendamente lacera e infangata. Quanti miei figli se ne allontaneranno ancora, scandalizzati e disillusi? Già quando falsificarono il santo Sacrificio dell’altare, molti di loro si dissero: «Se i preti possono cambiare la religione dall’oggi al domani, vuol dire che non era vero niente e che, finora, ci hanno ingannati». Così smisero di credere e di andare in chiesa, mettendo a repentaglio la propria eterna salvezza. Quanto ho dovuto faticare per scusarli di fronte a mio Figlio, che, pur con tutte le attenuanti, vede perfettamente le inaggirabili responsabilità individuali!

Ora, a maggior ragione, diranno: «Se la Chiesa ha cambiato parere in materia morale, significa che finora si era sbagliata e che, quindi, può sbagliarsi ancora, in questo come in tutto il resto». E poi, se più nulla è peccato, a che serve pregare, confessarsi e cercare di evitare il male? Quante anime si perderanno a causa di questo supremo inganno? Sì, se acconsentono all’iniquità sono responsabili della propria sorte; ma l’amore di una madre può per questo rimanere indifferente, abbandonandole al loro tragico destino? Perciò svegliatevi, figli miei fedeli! Smettete di lamentarvi e di gemere inutilmente, per quanto vi sanguini il cuore. Siate forti nel sopportare il buio con olimpica quiete e nel lasciarvi purificare dal serafico ardore che vi mando. È doloroso, ma dovete farvi immacolati per la missione che vi attende, per formare il resto santo degli ultimi tempi. E voi, ministri del mio Unigenito, miei figli prediletti, voi che siete Sua bocca, Sue mani, Suo cuore, scuotete il vostro animo dall’incertezza e dallo smarrimento, alzatevi in piedi con coraggio per mettervi alla testa del mio esercito di eletti. Se vi obbligheranno ad agire contro coscienza (cioè contro la santa Legge di Dio, che, quale unica via del Paradiso, della vostra coscienza è la forma), prendete con sicurezza le vostre decisioni. Non abbiate paura: mi incarico io stessa del vostro futuro.

Ora che – secondo la parola profetica – non avete più né principe, né capo, né profeta, Gesù stesso vi pasce e vi guida, Gesù stesso è il pastore e vescovo delle vostre anime, Gesù stesso è la vostra norma inviolabile e sicura: Ego sum pastor bonus, qui pasco oves meas… Ego sum via, veritas et vita. Volgetevi a Lui e radunate il Suo gregge. Siate semplici come colombe e scaltri come serpenti. Se mio Figlio vi concederà la grazia del martirio, in qualunque forma, non fuggitela, purché siate certi che è Lui a volerlo, piuttosto che un impeto avventato o una fiammata di zelo inopportuno. C’è bisogno di valenti ed esperti generali che guidino le mie truppe alla vittoria, non di eroi di un momento di cui si avrà facilmente ragione. Imparate la lezione del 1812 dai miei cari figli della terra russa: dopo aver lasciato avanzare il nemico fino all’antica capitale, lo privarono di ogni approvvigionamento per costringerlo ad andarsene, poi lo attaccarono nella ritirata. Ho invano chiesto la consacrazione di quel nobile Paese affinché la sua conversione ribalti le sorti del mondo dominato dai nemici di Dio; perciò pregate, digiunate e offrite per questa intenzione decisiva.

«La Chiesa tutta subirà una tremenda prova, per pulire il carname che si è infiltrato tra i ministri, specie fra gli Ordini della povertà: prova morale, prova spirituale. Per il tempo indicato nei libri celesti, sacerdoti e fedeli saranno messi in una svolta pericolosa nel mondo dei perduti, che si scaglierà con qualunque mezzo all’assalto: false ideologie e teologie! L’appello d’ambo le parti, fedeli e infedeli, sarà fatto in base a prove. Io fra voi eletti, con Cristo capitano, combatteremo per voi. […] L’ira di Satana non è più mantenuta; lo Spirito di Dio si ritira dalla terra, la Chiesa sarà lasciata vedova, ecco il drappo talare funebre, sarà lasciata in balìa del mondo. Figli, diventate santi e santificatevi di più, amatevi tanto e sempre. […] Schieratevi tutti sotto il vessillo di Cristo. Lavorando in tal modo, vedrete i frutti della vittoria nel risveglio delle coscienze al bene; pur essendo nel male, vedrete, tramite vostro aiuto cooperativo efficace, peccatori che si convertono e l’Ovile riempirsi d’anime salvate» (la Vergine della Rivelazione a Bruno Cornacchiola, il 12 aprile 1947 alle Tre Fontane – Roma).
 

sabato 9 aprile 2016


La “dolce morte” della Chiesa



Geniale astuzia gesuitica. Se non altro, bisogna dargliene atto. Con l’esortazione apostolica sulla famiglia è riuscito a catturare e calamitare su di sé l’attenzione universale, compresa quella di chi lo detesta. Tutti col fiato sospeso in attesa che scoccasse la fatidica ora. Mai la pubblicazione di un documento del Magistero aveva provocato tanta suspense ed era stato atteso con tanta trepidazione, seppure di segno diverso a seconda degli schieramenti. Che si sia d’accordo o meno, una simile ansia, da sola, ha comunque conferito al documento una risonanza enorme a livello mondiale, fuori e dentro la Chiesa. Non c’è che dire: un altro colpo da maestro nella strategia di manipolazione collettiva di cui tutti, volenti o nolenti, siamo inevitabilmente vittime – forse, come potremo verificare nei prossimi mesi, il colpo più devastante degli ultimi tre anni.

I commenti, in senso favorevole o contrario, saranno d’obbligo e si moltiplicheranno a dismisura su siti e testate di ogni orientamento, continuando a tenere incollato l’interesse di tutti su un testo che, secondo l’ormai collaudata tecnica, non contiene dichiarazioni che contraddicano nettamente il deposito della fede, ma insinua l’eresia sotto forma di mantra ossessivi: accoglienza, inclusione, misericordia, compassione, integrazione, accompagnamento, gradualità, discernimento, coscienza illuminata, superamento di schemi rigidi o sorpassati… Chi può contestare una tale esortazione alla (apparente) carità evangelica senza passare per un ottuso e insensibile difensore di dottrine astratte, formulate in modo non più compatibile con la situazione odierna? Se – a quanto si afferma – il matrimonio cristiano (che i nostri genitori, nonni e bisnonni hanno normalmente vissuto, pur con tutti i loro limiti e sforzi) è un ideale cui tendere e non più la vocazione ordinaria del battezzato, elevata e fortificata dalla grazia, chi siamo noi per giudicare famiglie ferite e situazioni complesse?

A voler pizzicare il testo su qualche preciso svarione dottrinale, d’altronde, si ha l’ormai consueta impressione di essere alle prese con un oggetto viscido e sfuggente che non si lascia afferrare da nessun lato: non c’è un pensiero articolato e coerente, non c’è uno sviluppo teologico argomentato, ma un’iterazione snervante di ricorrenti temi con variazioni che, in appena trecentoventicinque paragrafi, stronca qualsiasi resistenza mentale e psicologica. Il realismo cui insistentemente ci si appella non è quello dell’interazione tra natura e grazia, tipico della tradizione cattolica, ma quello della sociologia e della psicanalisi, che ignorano completamente l’azione della grazia – se non intesa nel significato improprio di conforto psicologico – e considerano la natura esclusivamente nella sua disperata incapacità di correggersi. Di conseguenza l’unica soluzione possibile, nell’immancabile ospedale da campo, non è curare le malattie con una terapia adeguata, ma “aiutare a morire” pazienti accolti, integrati e felici di esserlo. Che dire? Eutanasia dello spirito…

Frammisti a questa logorroica e interminabile ricetta, espressi in forma ambigua o imprecisa, nel penultimo capitolo (quello decisivo) arrivano infine gli errori formali, quando l’esausto lettore, indottrinato dai trecento paragrafi precedenti, non è più in grado di reagire. Finalmente qualcosa a cui aggrapparsi per denunciare – ciò che si spera comincino a fare vescovi e cardinali – un’esplicita deviazione dottrinale! L’errore più grave, da cui discendono gli altri, riguarda l’imputabilità morale degli atti umani, che non sempre è piena. Verissimo per singole azioni; peccato che le cosiddette situazioni irregolari siano stati durevoli e condizioni stabili in cui non si può cadere per debolezza o inavvertenza, ragion per cui l’osservazione non è pertinente. Da questo errore di prospettiva deriva l’opinione che non tutti coloro che vivono in una situazione coniugale irregolare siano in peccato mortale, privi della grazia santificante e dell’assistenza dello Spirito Santo. Ciò può risultare vero unicamente in presenza dell’ignoranza invincibile: ma è un’ipotesi ammissibile, in questo caso? Nell’eventualità, compito di ogni fedele – e a maggior ragione di ogni sacerdote – è proprio quello di istruire gli ignoranti. Di conseguenza, affermare che chi è in stato di peccato grave è membro vivo della Chiesa non può non essere falso: il peccato mortale si definisce appunto come morte dell’anima. Se poi, su questa china, si arriva ad asserire che l’adulterio permanente può essere per il momento «la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (Amoris laetitia, 303), siamo alla bestemmia. A rimediare non basta una citazione di san Tommaso, strumentale e strappata al contesto; è il metodo dei Testimoni di Geova.

Non siamo accorati per chi si ingegnerà a tirare il documento da una parte o dall’altra per trovarvi supporto al proprio orientamento (normalista o rivoluzionario); la perfidia peggiore consiste nel fatto che anche le obiezioni, loro malgrado, ne rafforzeranno la ricezione: che se ne parli anche male, purché se ne parli… e più se ne parlerà, più il veleno che contiene penetrerà nelle conversazioni quotidiane, nei dibattiti televisivi, nei progetti pastorali, nella mentalità e nella prassi comuni. È proprio così che idee inizialmente inaccettabili vengono trasformate in norma; è esattamente la stessa tecnica utilizzata dalle menti occulte del nuovo ordine mondiale, che nel giro di pochissimi anni ha portato la società e gli Stati ad ammettere e premiare le devianze sessuali, prima universalmente e spontaneamente aborrite, e a stigmatizzare come nemico del genere umano chi ancora le denuncia per quello che sono – la più ripugnante forma di degradazione della persona. Ora anche nella Chiesa, con la scusa dell’adattamento ai tempi e mediante la valutazione dei casi particolari, demandata ai singoli chierici, ciò che era inammissibile diverrà obbligatorio – e guai a chi non si adegua.

Se ci avete fatto caso, l’attacco è stato sistematicamente portato contro i Sacramenti che sono i pilastri del vivere sociale e cristiano: il matrimonio, fondamento della famiglia e dell’educazione alla fede e alla vita; la confessione, fattore di discernimento morale e di correzione della condotta individuale; l’Eucaristia, principio di santificazione e vincolo di appartenenza ecclesiale. Il primo è stato demolito con le nuove norme per le cause di nullità; il secondo, svuotato di senso e di valore con le inaudite raccomandazioni ai missionari della misericordia; il terzo, ridotto a mero simbolo con poche battute estemporanee sull’intercomunione con i protestanti. Complimenti: neanche Ario e Lutero erano riusciti a far tanto danno con così pochi mezzi e in così poco tempo. Nella hit parade degli eretici il Nostro ha raggiunto la vetta in modo fulmineo.

Distruggendo la fede nei Sacramenti e nella vita soprannaturale, si annienta inevitabilmente anche quella – inseparabile – nei due misteri principali del Credo cristiano: Incarnazione, Passione, morte e Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo; unità e Trinità di Dio. Anche se l’ordine del catechismo è inverso, qui dobbiamo partire dal fondo: i Sacramenti, infatti, applicano alle anime dei credenti i frutti del mistero salvifico di Cristo, il quale sarebbe stato impossibile se Gesù non fosse il Figlio di Dio, una cosa sola con il Padre nell’unità dello Spirito Santo. In ultima analisi, dunque, chi nega l’efficacia della grazia sacramentale nega il Dio della Rivelazione; in altre parole, è apostata e ateo, perché nel suo discorso rimane soltanto l’uomo. Degno erede e continuatore di quel famoso porporato, estintosi per volontaria eutanasia, che da vecchio affermava di non aver ancora capito perché mai il Padre avesse fatto soffrire il Figlio. Gli sarebbe bastato leggere la Bibbia, di cui peraltro passava per maestro.

Ora, se è vero che non si può fare a meno di leggere pur qualcosa della e sull’ultima pubblicazione pontificia, evitiamo di cadere in trappola lasciandocene catturare e intossicare, dimenticando poi di fare le uniche cose effettivamente utili e necessarie nell’attuale frangente storico – quelle che persino l’ambiente tradizionale, ahimé, non pratica abbastanza, rischiando di estenuarsi in sfoghi polemici che, alla fin fine, non cambiano nulla, se non le nostre condizioni emotive. Preghiamo, offriamo, facciamo penitenza (ma sul serio, non a chiacchiere) e, se abbiamo tempo e voglia di leggere, curiamo la retta fede. Non lasciamoci rubare la fruizione e il godimento del tesoro che possediamo, perdendo la pace e la serenità di chi conosce la verità e si sforza di viverla con l’aiuto della grazia e il proprio impegno personale.

Dato che l’atomizzazione dottrinale e pastorale della Chiesa Cattolica, che di fatto è in corso da decenni, è stata ormai formalmente sancita, preghiamo senza sosta per essa, i cui nemici da sempre si adoperano a minarne l’unità allo scopo di dominarla e distruggerla. Divide et impera: il revolucionero, nonostante la scarsa preparazione culturale, almeno una cosa l’ha imparata – e l’applica a meraviglia, polverizzando la comunione del Popolo di Dio. Preghiamo anche gli uni per gli altri onde poter fare un discernimento retto: i sacerdoti in cura d’anime, riguardo alle difficili scelte che saranno obbligati a compiere; i fedeli, riguardo ai comportamenti che dovranno tenere in “comunità” parrocchiali in cui abusi e sacrilegi, se già non lo sono, diverranno prassi corrente. «Il fratello aiutato dal fratello è come una città fortificata» (Pr 18, 19): posso garantire per esperienza personale che il sostegno dell’intercessione altrui permette di sopportare le più gravi prove con un’inspiegabile letizia. Il Signore ricompensi con la gioia della fedeltà amorosa a Lui i tanti che pregano per il povero prete che scrive.

sabato 2 aprile 2016


Exsurge, Christe!

 
In questi giorni, in Spagna, la legge ha autorizzato i bambini che si sentono femmine a richiedere la castrazione chimica senza il consenso dei genitori; nella progredita Inghilterra, invece, è già in corso un analogo programma – ovviamente a spese del contribuente – mirante a restituire ai piccoli la loro “vera” identità, peraltro irreversibilmente fissata nel loro patrimonio genetico. Ma perché scandalizzarsi tanto? In fin dei conti, sono decenni che, sul piano morale e spirituale, nella Chiesa Cattolica si fa la stessa cosa: la castrazione intellettuale di chierici e religiosi. Che bisogno c’è di dare il sacerdozio alle donne? – celiava qualche smaliziato compagno di seminario già un quarto di secolo fa. Efficacissimo inibitore dell’attività dell’ipofisi dell’anima, la nuova esegesi ha non solo distrutto la fede, ma pure prodotto, nel migliore dei casi, predicatori asessuati che non devono disturbare nessuno, quanto piuttosto blandire, sedurre, accattivare… Il risultato, però, è per lo meno deludente: simili annunciatori della Parola, ut aiunt, non attirano nessuno, a meno che non si travestano da abili istrioni o non ripetano a pappagallo le paroline magiche della nuova “chiesa di Francesco”.
 
Anche gli improvvisati predicatori pentecostali, di cui è tanto amico, fanno in fondo lo stesso: sotto l’impulso irrefrenabile dello “spirito”, ognuno fonda la sua “chiesa” e comincia a tirar su quattrini. Quelli, tuttavia, si tengono caparbiamente avvinghiati, se non altro, alla lettera della Sacra Scrittura e contestano quindi con intransigenza tutto ciò che contraddice alla legge divina. Vien da chiedersi come mai la C.I.A. li appoggi tanto; nonostante tutto, evidentemente, costituiscono pur sempre una testa di ponte per l’avanzata del massonismo statunitense, specie in America Latina e nell’Europa orientale. Noi invece, che non abbiamo i loro capitali, ma il tesoro inestimabile della Tradizione dottrinale e liturgica cattolica, ce lo siamo lasciati scippare con il pretesto di rinnovarci, di esser più vicini alla gente, di liberare il ministero pastorale dalle zavorre del passato… e, anticipando i tempi, ci siamo trasformati in esseri amorfi senza peli né attributi.

Il sarcasmo – beninteso – serve a mascherare l’urlo di dolore per quanto sta accadendo nel mondo e nella Chiesa. Al tempo stesso, ci prostriamo in umile adorazione e ringraziamento a Dio per averci provvidenzialmente restituito, al momento giusto, le armi necessarie per resistere al diavolo e ai suoi strumenti in questa lotta spaventosa. Volete sapere qual è il colmo per un prete conservatore? Entrare nella resistenza. Ma resistere non significa soltanto sopportare valentemente una situazione avversa, bensì opporsi pure attivamente all’occupante in attesa di poter contrattaccare. Bisogna formare cellule di resistenti che fiacchino il nemico lavorandolo ai fianchi, gruppi di ferventi fedeli impegnati nella preghiera e nella penitenza – questa grande dimenticata. Il tempo pasquale non è certo quello più indicato, ma l’urgenza dei tempi non ci permette di nasconderci dietro i sofismi farisaici degli odierni liturgisti. Se non abbiamo il coraggio di darci la disciplina come certi giovani religiosi perseguitati, facciamo almeno qualche fioretto.

Altra arma potentissima, oltre la santa Messa tradizionale, è il Breviario tridentino. I Salmi tradotti da san Girolamo sono chiarissima profezia di Cristo; i commenti patristici e l’accostamento stesso dei testi biblici esprimono la più pura esegesi cattolica. Ogni mattina è un’iniezione di testosterone dell’anima che, insieme con il santo Sacrificio, equipaggia il guerriero di tutto punto. Di particolare efficacia, per affrontare il combattimento quotidiano, trovo l’ora Prima: sottomettendosi alla regalità di Cristo, si chiede a Dio di dirigere e santificare ogni pensiero, parola e azione secondo la Sua volontà e a servizio della Sua giustizia. Il versicolo recita: Exsurge, Christe, adiuva nos. Et libera nos propter nomen tuum («Sorgi, o Cristo, aiutaci e liberaci per il tuo nome»). Fissiamo interiormente lo sguardo su Gesù risorto e assiso alla destra del Padre, sull’Agnello immolato e pur ritto sul trono celeste (cf. Ap 5, 6); invochiamo con forza il Suo intervento nella nostra battaglia e la giornata avrà un corso diverso: sarà un esercizio della Sua vittoria e un anticipo della Sua risurrezione nelle Sue membra terrene.

La liturgia antica dava troppo fastidio ai modernisti giudaizzanti e ai loro amici giudei; non c’è da meravigliarsi dell’accanimento con cui l’hanno demolita. Soprattutto durante la Settimana Santa le responsabilità dell’antico popolo eletto appaiono in modo inescusabile. Certo, non si può addossare la colpa di deicidio ad ogni israelita nato successivamente; ma non si può nemmeno negare che la classe dirigente giudaica del tempo di Cristo, sostenuta dalla maggioranza della popolazione, abbia scientemente ucciso Dio umanato in nome dei propri interessi, che ne avevano sostituito la fede fin dal tempo della dinastia asmonea con i suoi interminabili intrighi. In ogni caso, ogni odierno ebreo che, raggiunto dalla grazia, si rifiuta di convertirsi fa in fondo la stessa cosa, mentre l’occulta cricca finanziaria che, controllando il mondo, sta distruggendo l’identità stessa dell’uomo continua, anche nei fatti, a mettere a morte Gesù per distruggere l’immagine divina nella creazione visibile. Non ci sono altre alternative: chi rinnega Dio si mette al servizio di Satana.

Chiediamo l’intercessione di grandi convertiti dei tempi moderni: i fratelli Ratisbonne, Edith Stein, il rabbino Zolli… e domandiamo un papa che la smetta una buona volta di andar per sinagoghe, dando false rassicurazioni agli Ebrei e confondendo i Cristiani. Venite a Cristo anche voi, consanguinei di Gesù secondo la carne, abbandonando la vostra esangue religione talmudica (che non è più quella dell’Antico Testamento) e smettendola di mettere in croce il vostro Messia! Perché continuate a formare i vostri giovani studenti più sulle bestemmie del Talmud che sulle vostre Scritture? Perché queste ultime testimoniano Cristo in modo inequivocabile! «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono! In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate e non l’udirono» (Mt 13, 16-17). Quando ho fatto leggere queste parole in ebraico a un vostro aspirante rabbino, si è trincerato dietro la scusa: «Non conosco questo testo». Per forza, non glielo leggeranno mai a scuola; ma se un giorno Dio ti concede la grazia di scoprire un tesoro che ti era stato tenuto nascosto…? Anche per un cattolico, la responsabilità della scelta è tutta sua.