Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 26 gennaio 2019


La radice di ogni male / 2




Quando, il 27 gennaio 1945, i soldati dell’Armata Rossa entrarono ad Auschwitz, non trovarono traccia di camere a gas e forni crematori, ma – sulla base della tesi che i nazisti, prima di ritirarsi, avevano avuto il tempo di far saltare tutto e di smaltire le macerie per occultare i propri crimini – ne “riscostruirono” qualcuno dietro indicazione di “testimoni”. Se la cifra di sei milioni è senz’altro esagerata (ed esclude tanti cristiani, cui è negata la memoria), è tutta la narrativa dell’Olocausto che non regge: perché utilizzare un gas altamente infiammabile accanto a forni? come evacuarlo dopo l’uso? non ci sono modi molto più semplici ed economici per ammazzare la gente?… Ma – com’è noto – la presenza ebraica era molto forte nel regime sovietico; agli stupidi goyyîm, del resto, si può far bere qualsiasi panzana, ossessionandoli di anno in anno con la giornata della memoria.

Dobbiamo però osservare che con ogni probabilità gli ashkenaziti, dai quali è nato il sionismo, non sono in realtà di origine ebraica, ma discendono dai khazari, popolazione dell’Asia centrale che nell’VIII secolo si convertì al giudaismo e successivamente, sotto la spinta dei mongoli, si propagò nell’Europa orientale. Il loro sistema sociale si divideva in due caste: quella dominante, dei nobili e guerrieri, e quella sottomessa, composta di artigiani e commercianti. Pur non avendo alcun rapporto etnico con gli antichi israeliti, essi tuttavia furono considerati loro discendenti e vennero a costituire il 90% dell’ebraismo mondiale, rappresentato per la parte restante dai sefarditi dispersi nell’area mediterranea, i soli di origine semitica, ma paradossalmente discriminati dai primi. Coloro che hanno occupato la Palestina, quindi, hanno ben poco a che fare con essa, né possono sensatamente accusare di antisemitismo quanti li contestano.

All’interno del giudaismo ashkenazita si è sviluppato il movimento chassidico, molto propagandato come corrente “mistica”, da cui trarre ispirazione, da quelle correnti giudaizzanti del cattolicesimo postconciliare che lo stanno riducendo a variante dell’ebraismo che possa essere riassorbita in esso. La dottrina dei maestri khassidîm si fonda però sulla gnosi cabalistica, la quale considera il diavolo e il male un’emanazione del lato sinistro della divinità; l’uomo pio e giusto avrebbe il compito – pensate un po’ – di ristabilire l’armonia tra i contrari, aiutando così Dio stesso (che si identifica con l’universo) a trovare compimento in un equilibrio superiore in cui il peccato sarebbe superato mediante il suo riassorbimento nel bene. Quest’alta missione si realizza per mezzo di conoscenze e pratiche occulte di cui solo certi rabbini, ovviamente, sono depositari. L’organizzazione oggi più potente, in questo ambito, si chiama Chabad-Lubavitch ed è diffusa in tutto il mondo; la sua sede centrale si trova a New York. È una vera e propria potenza transnazionale in grado di controllare i principali governi del pianeta grazie ai capitali di membri di nome Rothschild e Rockefeller, oltre che alle cerimonie di magia nera.

Ora, non è passato inosservato che Jorge Mario Bergoglio abbia forti legami con il mondo ebraico. Già in veste di arcivescovo si era distinto per svariate manifestazioni di sudditanza accogliendo in cattedrale, in ripetute occasioni, membri dell’alta massoneria del Bᵉnè Bᵉrith, in certi casi raccolti intorno a lui, nel presbiterio, persino durante la Messa. In perfetta continuità con la propria condotta a Buenos Aires, ha poi scandito la sua trasferta romana di episodi sconcertanti. Qui mi soffermo solo su due di essi che mi paiono particolarmente esemplificativi. Il 5 dicembre 2016 ha ricevuto in Vaticano il rabbino chassidico Adin Steinsaltz, principe del nuovo Sinedrio ricostituito nel 2006; il 17 gennaio 2018, in un discorso tenuto in Cile, ha poi citato Gershom Scholem (1897-1982), il maggiore studioso contemporaneo della cabala ed egli stesso attivo cabalista. Presi da soli, sembrano dettagli isolati e insignificanti, ma nel contesto del suo “magistero liquido” acquistano un’importanza rivelatrice.

Lo spirito talmudico del legalismo farisaico, con la sua pretesa di annullare la legge divina mediante le cavillose interpretazioni e casistiche rabbiniche, affiora inconfondibile nei sofismi dell’Amoris laetitia. Il peccato originale, poi, consisterebbe non più, come affermato dalla Sacra Scrittura, nella disobbedienza a un precetto divino, ma – secondo le nuove fonti della “fede” – in una scissione tra l’uomo e il mondo causata da una modalità di conoscenza che renderebbe il secondo oggetto e il primo sfruttatore avido e irrispettoso delle sue risorse. Ma è tutta la visione bergogliana di Dio, del mondo e dell’uomo a tradire un’impronta cabalistica. La mistica del popolo, con cui “Francesco” ha abilmente sostituito la teologia della liberazione, ha evidenti tratti panteistici, visto che nel popolo idealizzato vivrebbe e parlerebbe Dio stesso, il quale non è però, qui, l’Essere increato personale, immutabile e distinto dalla creazione, della Rivelazione cristiana, ma una non meglio definita energia immanente alla storia e in continua evoluzione, come quella descritta da un altro gesuita eterodosso, Carlo Maria Martini, nelle sue Conversazioni notturne a Gerusalemme, che danno tutta la misura della sua apostasia. Tale idea della divinità può essere identificata con il Dio biblico solo mediante una radicale falsificazione della Scrittura, di cui uno dei principali artefici fu proprio lui.

Da questo atteggiamento ideologico scaturisce il rifiuto del pensiero metafisico classico (che ha consentito l’elaborazione del dogma cristiano e lo sviluppo della scienza moderna) a vantaggio di una presunta conoscenza come esperienza vitale in cui l’essere umano perde i propri connotati di creatura razionale per fondersi con la realtà che lo circonda, alogica e muta. Da qui nasce parimenti quel catastrofismo ambientale, totalmente antiscientifico, che imputa all’attività umana variazioni climatiche che nella storia si sono sempre verificate. Bisogna semmai parlare di manipolazione del clima, fatto ormai accertato cui va ricondotto l’attuale dissesto, ma qui mi limito ad osservare che, in un’impostazione del genere, la vittima deputata è l’uomo occidentale, colpevole di esistere, ragionare e agire, a meno che non accetti di regredire a un ipotetico stadio primitivo, a uno “stato di natura” il cui abbandono sarebbe la vera origine del male.

Ecco dunque spiegata l’esaltazione di quelle culture originarie che il cristianesimo, dopo averle per secoli demonizzate e soffocate, dovrebbe riscoprire per incorporarle in sé. Poco importa che esse includano svariati tipi di stregoneria e di culto degli spiriti: al fine di instaurare con esse rapporti di tolleranza e di dialogo, bisogna comunque guardarle con rispetto, magari partecipando ai loro riti; piuttosto che condannarne le pratiche per coloniale senso di superiorità, anzi, si può pure accettare di bere pozioni magiche e di ricevere “benedizioni” da sciamani, come già accaduto in un altro pontificato in nome di un’incondizionata stima per l’uomo e per tutte le sue espressioni. Ma alla fine, non sono forse anche gli spiriti un’emanazione divina chiamata ad armonizzarsi con il tutto e a contribuire al completamento di una divinità ancora imperfetta? L’uomo davvero pio, nella dottrina chassidica, ha proprio il compito di rimediare ai suoi limiti…

Vedete a quali degeneri assurdità demoniache conduce l’abbandono della metafisica e l’assunzione acritica di modelli di pensiero estranei alla tradizione cristiana, anzi ad essa insanabilmente avversi? Dopo la disobbedienza dei progenitori e l’apostasia del popolo eletto, siamo giunti alla perversione della mente, che Satana ha realizzato mediante coloro che si sono messi al suo servizio e che si è ormai diffusa anche nella Chiesa Cattolica, fino ai livelli più alti. Acconsentire a idee del genere significa assoggettarsi a un influsso diabolico che offusca l’intelletto e schiavizza la volontà; è come offrire al demonio la chiave per entrare in quelle facoltà cui altrimenti non avrebbe accesso. Che la suprema autorità ecclesiastica sia soggetta a tale influenza è malauguratamente più di un sospetto: è un vero e proprio indizio di tempi apocalittici, concordante con le convergenti indiscrezioni sul terzo segreto di Fatima del cardinale Luigi Ciappi e di padre Malachi Martin, che accennarono a un’apostasia della Chiesa a partire dal vertice. Chi, per grazia, ha conservato la lucidità necessaria ad esaminare in modo obiettivo il pensiero e la storia dell’ultimo secolo può tuttavia smascherarla. Tanto per cominciare, basta spegnere il televisore all’ennesima mistificazione sulla Shoah, offrendo piuttosto qualche Requiem aeternam per le povere vittime le cui anime si siano salvate.

Il progetto sionista sta fagocitando non solo la Chiesa, ma anche quell’anelito di riscatto nazionale che l’anno scorso sembrava aver finalmente trovato un interprete. A quanto pare, scaltri giudei sono riusciti a incantare il giovinotto rampante, ambizioso e un po’ supponente, che poteva rappresentare per loro un pericolo, con la sua innegabile capacità di presa sulle masse, ma, una volta accalappiato, può tornare molto utile ai piani quale docile esecutore di ordini in veste di leader, autorizzato da Sion, del sovranismo europeo. Come temevo, il criptosionismo di Bannon sta portando frutto. Gli yankees, d’altronde, conoscono solo due modi per risolvere ogni tipo di problema: o fanno piovere bombe o fanno piovere dollari (che sia per sostenere le loro pedine o per screditare chi si mette loro di traverso); agli israeliani va invece il primato dei sequestri e degli assassinii. Non so se la svolta del nostro aspirante capo di governo sia dovuta ad una cultura politica sufficiente perché si senta ammonito dalla storia della Repubblica: al di là dei loro limiti ideologici, statisti come Moro e Craxi avevano tentato di rendere l’Italia un po’ più indipendente, ma finirono l’uno peggio dell’altro.

In ogni caso, l’andazzo sembra confermare che siamo destinati a rimanere sudditi sia dell’Unione Europea (sul piano economico-politico) che degli Stati Uniti (su quello strategico-militare), cioè, in sostanza, dell’entità occulta che da settant’anni manovra sia questi che quella e ha spinto la Francia sull’orlo della guerra civile; ma che bisogno c’era di spalmarsi così smaccatamente sulla propaganda di quella banda di criminali israeliani, bugiardi, immorali e razzisti, che, attaccando illegalmente la Siria e le forze che la sostengono, vuol far scoppiare la terza guerra mondiale? Sbilanciarsi troppo in quel senso, senza alcun vantaggio reale per noi, rischia oltretutto di inimicarci la grande potenza che rappresenta l’ultimo baluardo della libertà e della civiltà umana contro il totalitarismo globalista e che, con isterico accanimento, insistono a provocare in Medio Oriente e in Crimea. La tecnologia militare della fortezza russa, insieme a quella dell’alleata aviazione cinese, ci ha lasciati indietro di un bel pezzo: abbiamo davvero interesse a farci trascinare in un conflitto dalla parte sbagliata? Sì, c’è sempre qualcuno che avrebbe da guadagnarci, ma non è certo il popolo. Del resto, abbiamo troppi peccati da scontare – e di convertirci ascoltando gli appelli della Madonna di Fatima, da quanto si vede, non se ne parla nemmeno. Nei piani divini rivelati da Nostra Signora, pare proprio che la Russia sia destinata ad essere lo strumento del castigo.

sabato 19 gennaio 2019


La radice di ogni male / 1




Auferte gentem perfidam credentium de finibus, ut unus omnes unicum ovile nos Pastor regat (dall’Ufficio Divino).

«Espellete dai confini dei credenti il popolo che ha rinnegato la fede, perché un solo Pastore governi tutti noi quale unico ovile». Questo chiede ai Santi, dopo averne enumerato le principali categorie, l’inno del mattutino del 1° novembre. Nel linguaggio liturgico è inequivocabile di chi si tratti: sono quei perfidi Iudaei per i quali la Chiesa, il Venerdì Santo, chiedeva la grazia della conversione a Colui che i loro antenati crocifissero per mano dei Romani. Il dramma della storia cristiana, come pure della situazione attuale, a livello ecclesiastico e politico, risale tutto a quel tragico momento in cui il popolo giudaico, per bocca delle sue guide, apostatò dal suo Dio e meritò di essere disperso (Iudaea pro culpa perfidiae dispergenda, dice san Gregorio Magno), quando i rappresentanti del Sinedrio – pur non avendo alcuna legittima autorità per farlo – dichiararono a Pilato di non avere altro re all’infuori di Cesare (cf. Gv 19, 15), cioè di un imperatore pagano che usurpava i diritti divini sulla Terra Santa, il cui unico sovrano era Adonai.

L’apostasia, in realtà, veniva da lontano. Già in epoca persiana ed ellenistica la fede, in Israele, si era fortemente raffreddata, come testimonia il profeta Malachia con le sue sferzanti invettive contro l’indifferenza religiosa e la trascuratezza nel culto. Prima ancora che Antioco IV Epifane, verso la metà del II secolo a.C., imponesse per decreto l’ellenizzazione forzata, i giudei avevano cominciato ad ellenizzarsi spontaneamente con l’appoggio di buona parte della classe dirigente, rifacendosi il prepuzio, aprendo palestre alla greca e imparandovi il connesso vizio contro natura. L’eroica riscossa maccabaica, dagli evidenti tratti soprannaturali, provvide a fare una buona pulizia dei traditori, oltre che a riconquistare l’indipendenza nazionale dall’empio regime straniero. Fu così che la fede poté conservarsi nel popolo eletto e che il Figlio di Dio poté incarnarsi in una società ancora credente, tale da produrre, sia pure per effetto di grazie straordinarie, quei due miracoli viventi con il cui concorso venne sulla terra: la Vergine che lo mise al mondo nella natura umana e il Giusto che, offrendogli la propria paternità legale, lo inserì nella dinastia davidica.

Nel frattempo, però, lo Stato sorto dalla rivolta dei Maccabei si era logorato negli interminabili intrighi e complotti della dinastia asmonea, i quali avevano offerto a Pompeo, nel 63 a.C., un buon pretesto per occupare la Palestina e porla sotto protettorato romano. Poi un certo Erode, idumeo, nel 37 aveva ricevuto dal Senato un mandato regale per procura; le iniziali rivolte nazionalistiche si erano ben presto sopite, vuoi per la crudeltà del tiranno, vuoi per il benessere e lo splendore del suo regno. Se gli zeloti ne fremevano, i sadducei (i preti di allora) avevano invece trovato un modus vivendi che assicurava loro potere, ricchezze e privilegi, mentre ai farisei bastava esser lasciati tranquilli nella loro osservanza formalistica della legge, che con le cavillose dottrine rabbiniche forniva puntualmente scusanti ed eccezioni per ogni evenienza che fosse di detrimento ai loro comodi o interessi. Ma, proprio quando tutto sembrava andare a gonfie vele, ecco inaspettatamente arrivare il Messia…

San Matteo mostra efficacemente l’agitazione di Gerusalemme all’arrivo dei Magi in cerca del Re dei giudei; ma il problema si risolse con una strage di bambini e nessuno più se ne diede pensiero. Ecco però spuntare, una trentina d’anni dopo, il Precursore, che chiama a penitenza e a conversione per prepararsi all’arrivo di Uno a cui non è degno nemmeno di sciogliere i sandali… e Questi, di lì a poco, compare sulle rive del Giordano, dove una voce dal cielo lo dichiara Figlio di Dio. Comincia così una missione che urta immediatamente le correnti dominanti del giudaismo, accomodate nei loro compromessi abilmente mascherati agli occhi delle masse, ma ben evidenti a quegli Esseni che, rifiutato il culto ufficiale, si sono ritirati nel deserto in attesa del Maestro di giustizia (e che, proprio a causa del loro isolamento, non lo riconosceranno). La tensione cresce sempre più, passando ben presto dal piano delle dispute dottrinali a quello della decisione di uccidere lo scomodo profeta.

Il rifiuto del vero Re divino e la correlativa sottomissione a uno straniero furono dunque il punto culminante di una parabola di incredulità in cui l’uomo si era messo al posto di Dio. Nonostante la rottura dell’alleanza, il Signore lasciò al popolo eletto ancora quarant’anni per convertirsi, così che almeno una parte di esso si salvasse dalla catastrofe della guerra giudaica; ma le autorità religiose continuarono a sostenere il regime pagano e i vari fantocci, discendenti di Erode detto il Grande, che lo rappresentarono in certi periodi, finché gli zeloti, nel 67 d.C., non le tolsero di mezzo con un orribile massacro. Il tremendo castigo divino terminò con la distruzione del tempio e la deportazione dei sopravvissuti. Il giudaismo si trasformò in rabbinismo, cioè nella sola corrente rimasta, e da quel momento la sua lotta contro il cristianesimo assunse i caratteri di un’opposizione strisciante che approfittò di tutte le circostanze per nuocere alla Chiesa e ai cristiani.

Sarebbe troppo lungo ripercorrere tutte le tappe di questa tragica storia nelle sue diverse dimensioni (politica, economica, sociale e culturale). Basti dire che quest’incessante cospirazione giudaica non è una leggenda nera inventata dall’estrema destra, ma una realtà oggettiva riconosciuta perfino dagli ebrei mentalmente più liberi e attenti a dati storici incontrovertibili. Nella dottrina del giudaismo, le promesse divine contenute nell’Antico Testamento, che in senso spirituale si sono già adempiute in Cristo e nella Chiesa, vengono indebitamente sfruttate per legittimare un dominio materiale del mondo attuato surrettiziamente mediante una progressiva infiltrazione nelle strutture portanti delle società cristiane. Nell’ultimo secolo e mezzo, questa ideologia ha prodotto un movimento politico mirante al ristabilimento di uno Stato sovrano e alla sua supremazia planetaria.

A tale scopo, mentre il baricentro dei loro occulti interessi si spostava negli Stati Uniti, scelti come nuova potenza mondiale egemone al posto della Gran Bretagna, i sionisti usarono il regime nazista per effettuare uno sterminio tale che nessuno osasse anche solo pensare di opporsi alla rinascita di Israele due millenni dopo. È un fatto accertato che, negli anni Trenta, il sionismo di destra avesse stretti rapporti con Hitler, il quale gli offrì programmi di addestramento militare e di formazione agricola in vista della conquista della terra e della creazione dei kibbutz. I rabbini tedeschi accolsero con favore le leggi razziali, che ristabilivano finalmente la separazione prescritta dalla Torah; quando cominciarono a funzionare i campi di sterminio, poi, i magnati si trasferirono oltreoceano, lasciando andare a morire gli altri. Aggiungiamo che Adolf Hitler era nipote illegittimo di un Rothschild di Vienna, mentre il padre di Benjamin Netanyahu fu un ardente sionista dell’ala più legata al partito nazista, che fu del resto finanziato dai Rothschild e dai Rockefeller fino a guerra inoltrata.

A questo punto, chi può essere ancora onestamente sorpreso della straordinaria somiglianza di metodi del regime israeliano? La radice è la stessa. Se esso fa radere al suolo i villaggi palestinesi, spargere diserbanti cancerogeni sui loro campi, tirare a segno in diretta dai cecchini sui cittadini di Gaza con fucili da caccia e pallottole che esplodono all’interno del corpo, bombardarne scuole e ospedali, mitragliarne i pescherecci, impedirne l’approvvigionamento (e tanti altri crimini contro l’umanità con cui sta sterminando un intero popolo senza che nessuno eccepisca nulla)… è perché il nazismo è una creatura del sionismo e gli è intrinseco come visione del mondo e atteggiamento di fondo: la convinzione della superiorità di una razza pura ed eletta, con il conseguente obiettivo della sua supremazia su tutte le altre. I programmi eugenetici della Germania nazista ebbero d’altronde una matrice culturale anglosassone e furono anch’essi finanziati dai Rockefeller; il regime hitleriano fu dunque un laboratorio sperimentale dell’impero anglo-sionista.

È una semplice evidenza fattuale che ci obbliga a ripensare e riscrivere, come minimo, tutta la storia del XX secolo, ma ci fornisce altresì una chiave per comprendere l’attualità. Quando si motivano le tremende e ingiustificabili crudeltà di oggi come ritorsione per il lancio di missili da Gaza, vien da chiedersi come sia possibile che centinaia di razzi aggirino un blocco che ferma perfino i farmaci. La storiella dei tunnel che la collegherebbero con l’Egitto può essere ancora ripetuta soltanto da cattolici giudaizzanti o da quanti hanno interesse a farlo; da dove entrano dunque gli armamenti? È ormai noto che è Israele stesso a fornirli al partito Hamas per legittimare agli occhi del mondo la prosecuzione dello sterminio dei nativi, considerati meno che bestie. Fin dall’inizio, d’altronde, il Mossad lo ha appoggiato in tutti i modi per – da una parte – spaccare il fronte palestinese così da indebolire il Fatah, disposto alle trattative, e – dall’altra – provocare l’ascesa dell’estrema destra israeliana, così da mantenere alto il livello di scontro e impedire l’attuazione degli accordi di Oslo.

Oggi, per i sionisti, l’attesa messianica si è sostanzialmente compiuta con la creazione del loro Stato terrorista; manca soltanto la ricostruzione del tempio salomonico (già pronto da assemblare, una volta demolite le moschee della spianata), il cui altare è già stato consacrato poche settimane fa con il plauso entusiasta dei pentecostali americani, che vedono in ciò un segno dell’imminenza della Parusia. Se per realizzare questo folle progetto bisogna scatenare la terza guerra mondiale, dov’è il problema? Ciò è anzi necessario, visto che i goyyîm sono troppi e vanno selezionati lasciando in vita soltanto quelli che dovranno servire la razza eletta; poi potrà comparire il loro “messia”, che si farà adorare nel terzo tempio. Tutto questo è apertamente teorizzato da molti rabbini ortodossi. Di squilibrati ce ne son sempre stati, ma squilibrati capaci di determinare l’andamento del mondo sono decisamente più pericolosi.

Come gli ebrei sono riusciti a passare per le eterne vittime della storia, così l’Anticristo, pur essendo il peggior criminale mai vissuto, si presenterà come il Grande Umanitario, ma mirerà a ridurre l’intero genere umano in una schiavitù mai registrata prima illudendolo di non essere mai stato così libero e felice. Quanta gente, del resto, è già oggi parte di un ingranaggio spietato che ne manipola la mente e l’ha ridotta a massa consumatrice senza alcuna fede, incapace di ragionare, rinchiusa nell’orizzonte della materia? Anche nella nostra società e in gran parte della Chiesa si è rinnegato Dio, per mettere al suo posto l’uomo e la sua riuscita terrena. L’unica soluzione è per tutti una radicale conversione: per i cristiani apostati, per gli ebrei d’Israele e della diaspora, per i musulmani da loro usati come forza d’urto… se mai possibile, anche per i sionisti. Noi non mettiamo limiti alla Provvidenza: la conversione dei giudei è infatti la condizione per il ritorno del Messia (quello vero).

20 gennaio: anniversario della conversione di Alphonse Ratisbonne in santAndrea delle Fratte (Roma, 1842) e festa della Madonna del Miracolo

Supplica alla Madonna del Miracolo:

http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2019/01/oggi-20-gennaio-ricorre-lanniverario.html#more

Per approfondire:

https://www.maurizioblondet.it/vogliono-guerra-allora-ricordiamo-ci-trascino-nelle/

https://lascuredielia.blogspot.com/2017/01/il-peggiore-nemicodegli-ebrei-eun.html

sabato 12 gennaio 2019


Diletto dell’anima mia




Surge, illuminare, Ierusalem, quia venit lumen tuum, et gloria Domini super te orta est (Is 60, 1).

«Àlzati, illùminati, Gerusalemme, poiché è venuta la tua luce e la gloria del Signore è sorta sopra di te». La tragedia del popolo ebraico – ma anche la sua soluzione – è tutta in questo versetto: la sua luce è venuta duemila anni fa e la gloria del Signore si è manifestata su di esso, ma, eccetto quella parte di Israele che la riconobbe e accolse quindi la chiamata divina a risorgere mediante la fede in Cristo, ottenendo così ciò che Dio gli aveva promesso, la maggioranza seguì i suoi capi nel rifiuto del Messia e nel rinnegamento della fede, designato in latino con il termine perfidia (che non ha, evidentemente, lo stesso significato che in italiano). Da allora il popolo eletto, depositario della prima alleanza e rivelazione, pazientemente educato da Adonai nel corso di due millenni, dotato di una religiosità viscerale che intride ogni aspetto e momento della vita, si è privato dell’unione con il suo Dio, della quale conserva tuttavia un’inestinguibile nostalgia, alternantesi – come spesso accade nell’animo di chi per sua colpa ha perso l’oggetto del suo amore – a un’irriducibile antagonismo che lo spinge continuamente a sfidare Lui e a detestare quanti invece Lo possiedono.

Quest’inguaribile rimpianto trova sfogo in una struggente preghiera della loro tradizione (Yedid nefesh): «Diletto dell’anima, Padre di misericordia, attira il tuo servo alla tua volontà. Egli correrà come una gazzella per prostrarsi davanti alla Tua maestà. Il Tuo amore è per lui più dolce di un favo stillante e di ogni delizia». Alla luce della paternità divina rivelata da Gesù Cristo, questo canto può essere rettamente inteso come una richiesta della grazia necessaria per volgersi a Dio e adorarlo con tutto sé stessi; in questa chiave cristiana, quindi, esso potrebbe pure essere assunto nella nostra vita spirituale. Il problema è che – come sistematicamente si fa da cinquant’anni a questa parte – certi testi proposti alla pietà o allo studio dei cattolici possono sottendere visioni diametralmente opposte. Quello che stiamo considerando, in effetti, appartiene alla tradizione cabalistica, che è gnosi allo stato puro. Fatta salva la buona fede degli ebrei che credono e pregano sinceramente, il padre che intendono taluni rabbini non è certo quello rivelato dal Messia, ma una “luce” vitale le cui scintille sarebbero disperse nel mondo, prigioniere della materia, e che l’uomo pio, il khassîd, dovrebbe liberare con la propria opera illuminata.

Dopo la caduta delle origini, che avrebbe frantumato l’unità primordiale dell’universo (concepito come emanazione panteistica della luce) e quella dell’umanità (contenuta tutta nell’anima collettiva di Adamo), la missione di Israele sarebbe quella di rettificare il mondo in preparazione della sua palingenesi, nella quale dovrebbero sopravvivere solo il popolo eletto e i giusti fra le nazioni al suo servizio, mentre i suoi nemici storici dovrebbero reincarnarsi per poter essere annientati. Nell’èra messianica, a cui sarà ammessa unicamente un’umanità selezionata in grado di parteciparvi, l’uomo dovrebbe ritrovare la condizione che Adamo avrebbe avuto prima del peccato, con un immortale corpo di luce, affrancato dalla vile necessità di nutrirsi e di riprodursi, e in uno stato di connessione permanente con il “divino” nonché con gli universi spirituali paralleli (o – diremo meglio – con il mondo demoniaco), ai quali i sapienti hanno accesso fin d’ora e dai quali derivano i loro poteri di conoscenza e di “guarigione” (dicesi: occultismo o spiritismo).

Tali aberrazioni rabbiniche, in realtà, discendono direttamente dalle dottrine farisaiche, espressamente condannate dal Salvatore: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini, perché così voi non vi entrate e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci» (Mt 23, 13); di conseguenza «vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare» (Mt 21, 43). Storicamente questo passaggio avvenne quando la Chiesa formata dalla parte fedele di Israele, che con il Battesimo era entrata nella nuova ed eterna alleanza, accolse nel suo seno i pagani convertiti; quella parte che seguì invece gli insegnamenti dei rabbini, poi raccolti nel Talmud, decadde dalle promesse e, alienando i propri privilegi, si escluse da sé dall’èra messianica, iniziata il giorno di Pentecoste.

Questo triste e colpevole indurimento è efficacemente descritto da san Gregorio Magno: «In tutti i segni che furono mostrati, o alla nascita del Signore, o alla sua morte, dobbiamo considerare quanto grande fu la durezza nel cuore di certi giudei, che non lo riconobbero né mediante il dono della profezia, né mediante i miracoli. Tutti gli elementi, effettivamente, attestarono la venuta del loro Autore. Per dire qualcosa di essi alla maniera umana, i cieli riconobbero che Costui era Dio perché subito inviarono una stella. Il mare lo riconobbe perché si offrì ad essere calcato sotto i  suoi piedi. La terra lo riconobbe perché alla sua morte tremò. Il sole lo riconobbe perché nascose i raggi della sua luce. Le pietre e le pareti lo riconobbero perché al momento della sua morte si spaccarono. Gli inferi lo riconobbero perché restituirono coloro che custodivano morti. E tuttavia Colui che tutti gli elementi privi di ragione percepirono quale Signore, i cuori dei giudei increduli ancora non lo riconoscono affatto Dio e, più duri dei sassi, non vogliono aprirsi alla conversione» (Homiliae in Evangelia, 10).

La vera luce non è quella di Lucifero (il dio dell’universo della cabala), ma quella di Gesù Cristo. La soluzione della tragedia ebraica sta tutta qui: riconoscere il Messia e lasciarsi illuminare da Lui. Chi rende culto al diavolo sa benissimo che Dio esiste, ma pretende che anche Satana sia un “dio” alla pari con Lui, anzi il “dio” veramente buono e benefattore degli uomini in contrapposizione a quello geloso e severo della tradizione cristiana, che dovrebbe essere neutralizzato eliminando quanti l’ossequiano o pervertendo la loro religione in senso gnostico. Come vedete, è evidentissimo che non adoriamo affatto lo stesso Dio, né possiamo avere alcun dialogo o intesa con chi vuole deliberatamente distruggerci o, se va bene, renderci suoi schiavi. Alla luce del falso messianismo giudaico fin qui abbozzato appare chiaro, altresì, che il conflitto in Medio Oriente ha profonde radici ideologiche ed è umanamente insolubile, finché gli ebrei non si convertano. La ricostituzione dello Stato di Israele non è altro che la premessa di una presunta èra messianica in cui tutti gli uomini dovranno andare a Gerusalemme ad adorare il loro “dio” nel tempio ricostruito, se vorranno esser lasciati in vita, nella grande battaglia finale, per far loro da servi…

Chi rimanesse scettico di fronte a tali affermazioni, può consultare direttamente le fonti dell’attuale giudaismo cabalistico (cioè del giudaismo ufficiale). Per un cattolico fedele, ad ogni modo, rimane fuor di dubbio che la conversione a Cristo è l’unica via di salvezza e che non ne esiste una parallela per gli ebrei; ogni asserzione in questo senso è decisamente eretica. La sola modalità straordinaria di salvazione che, in virtù dell’universale volontà salvifica del Creatore, possiamo ammettere come estensione di quella ordinaria a favore di quanti, senza loro colpa, non conoscono il Salvatore è il desiderio, almeno implicito, del Battesimo, desiderio che Dio conosce e può accettare come merito sufficiente per evitare l’Inferno e ottenere il Paradiso, ma sempre in considerazione dell’opera redentrice di Gesù, unico titolo di riconciliazione con il vero Padre di misericordia per tutti gli uomini, senza eccezione. Chiediamo dunque, a favore del popolo ebraico, l’intercessione del fariseo folgorato dalla luce di Cristo, l’apostolo Paolo, come pure quella di convertiti più recenti, quali i fratelli Ratisbonne, Edith Stein, il rabbino Zolli… Questi sono fra i più sublimi miracoli della grazia, ma sono possibili anche oggi – e sono necessari perché il Messia ritorni nella gloria.

sabato 5 gennaio 2019


Sia in te la nostra gloria in eterno




Expertus potest credere, quid sit Iesum diligere.

«Chi ne ha fatto esperienza è in grado di credere che cosa sia amare Gesù». Non è una professione di modernismo; sono due versi di un inno medievale ripreso dall’Ufficio divino. Qui non si parla della fede quasi fosse un prodotto dell’esperienza umana, dato che essa nasce con la libera adesione, resa possibile dalla grazia e dall’aiuto interiore dello Spirito Santo, alle verità oggettive rivelate da Dio; qui si allude alla carità che, nella vita spirituale, in certi momenti può essere sperimentata per mezzo di una grazia sensibile di ineffabile dolcezza, che conosce soltanto chi l’ha provata. L’inno Dulcis Iesu memoria è un capolavoro attribuito a san Bernardo di Chiaravalle, che vi ha condensato la sua dottrina mistica: «O Gesù, speranza per i penitenti, quanto sei pietoso per chi ti desidera! quanto sei buono per chi ti cerca… ma che cosa sei per chi ti trova?».

Pregare con queste parole provoca sussulti di santa letizia, poiché esse esprimono la corrispondenza umana, per quanto debole e imperfetta, all’infinito amore divino che ci è comunicato dal nostro adorabile Salvatore. È così che, al culmine dello slancio, l’esultanza può tradursi in intima certezza di giungere un giorno a goderlo per tutta l’eternità: «O Gesù, sii la nostra gioia, tu che sarai il nostro premio; sia in te la nostra gloria, sempre e per tutti i secoli». Non è la fiducia temeraria di chi  ignora la dura necessità del combattimento spirituale e trascura perciò l’ineludibile impegno di progredire giorno per giorno nella santificazione personale; è la soprannaturale persuasione che, dopo aver gustato la manna celeste che il Signore concede a chi lo riama, non Gli si può preferire più nulla al mondo. Non esiste potenza avversa capace di staccare l’anima dalla sua fonte di delizie senza fine, se non è essa stessa a volerlo o a cedere volontariamente alle lusinghe del demonio.

Quanto più si ascende nell’unione con Dio, indubbiamente, tanto più rovinose sono le eventuali ricadute, che fino all’estremo istante dell’esistenza terrena non si possono mai escludere del tutto, a meno che uno non meriti il raro privilegio di essere confermato in grazia. Per questo il dono del santo timore e la virtù dell’umiltà non devono mai affievolirsi in noi, dato che il nemico è sempre in agguato e che l’orgoglio è un animale mutante che si incolla all’anima come una sanguisuga e se ne distacca solo a prezzo di dolorose purificazioni. Certe esperienze, tuttavia, non sono concesse prima che l’anima abbia progredito abbastanza da non correre rischi eccessivi. Qualora un sacerdote si permetta eccezionalmente l’imprudenza di evocare pubblicamente un favore divino, lo fa contando sul fatto che il lancinante ricordo dei peccati passati e l’inestinguibile gratitudine per il perdono ricevuto soffoca sul nascere ogni reviviscenza di assurda vanità.

Lo scopo di certe confidenze non è di offrire una sorta di illusoria assicurazione per la vita eterna, ma unicamente quello di incoraggiare chi, ansimante ai remi della barca in tempesta, è fortemente tentato di scoraggiamento e rischia di perdere di vista il fatto che l’Amore lo avvolge da ogni parte, dispiegandosi nell’infallibile Provvidenza divina e nell’intercessione di una miriade di amici in cielo e sulla terra, con a capo la Regina degli Angeli e dei Santi, Madre di Dio e nostra. Se avessimo anche solo una vaga idea del modo in cui siamo continuamente e indefettibilmente amati, piangeremmo di gioia. Del resto il Signore non lesina le Sue grazie, ma le effonde in proporzione della gravità delle prove e anche oltre lo stretto necessario. Non imitiamo i modernisti nella loro piatta visione immanentistica del mondo e della Chiesa, ma chiediamo di poter spalancare gli occhi dello spirito sulle meraviglie invisibili che ci circondano, così da non lasciarci sfuggire i doni celesti.

Quanto più un regime si inasprisce, tanto più mostra la sua debolezza. Ciò è ben visibile in quello cinese, come pure in quello, analogo, che ha occupato i vertici della Chiesa Cattolica. Ma «noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati» (Sal 123, 7): è il laccio mentale dell’indottrinamento vaticansecondista e dell’acquiescenza acritica ad ogni abuso di autorità. Se ne facciano una ragione: è finita, non ci riacchiappano più. Di irreversibile, qui, c’è solo il nostro ritorno alle sorgenti perenni della Tradizione, non certo le loro innovazioni senza radici. Se davvero stanno per proibire la Messa antica (o per limitarla ad ambienti ben circoscritti che sperano di sottomettere a breve), questo non ci turba affatto. Non possono impedire ai sacerdoti di celebrare nella forma che preferiscono, neanche abrogando il Summorum Pontificum. Se ci tolgono le chiese, diremo Messa nelle case dei fedeli; per fermarci dovranno ucciderci. Qualora ci dichiarino scismatici per disobbedienza al papa, ciò non avrà alcun valore: l’obbedienza alla gerarchia è sì doverosa, ma solo fin dove è legittima, cioè non si oppone alla legge di Dio.

Ora, la Messa nella forma che ci è stata trasmessa in continuità fin dall’età apostolica (sia pure attraverso uno sviluppo organico e omogeneo) non può essere interdetta, né sostituita da un rito inventato a tavolino da un massone con il concorso di pastori protestanti, a dispetto del divieto di san Pio V. In realtà, è proprio chi tenta di escluderla che rischia di ritrovarsi in stato di scisma: di esso, infatti, ci si può rendere colpevoli anche con il rifiuto del patrimonio tradizionale che ci è stato consegnato fin dall’inizio ed è costitutivo della Chiesa, il quale comprende pure il culto istituito da Cristo. È discusso se il Signore abbia fissato i riti sacramentali in generale o nei singoli dettagli, ma le determinazioni che l’autorità ecclesiastica ha effettuato nel corso dei secoli, in ogni caso, riposano sul potere che il Fondatore stesso le ha conferito e non toccano la sostanza dei Sacramenti. Con la cosiddetta “riforma liturgica”, invece, si è andati a offuscare – pur senza comprometterne la validità – il carattere sacrificale dell’Eucaristia e la fede nella Presenza reale, al punto che molti chierici non ci credono più e la considerano semplicemente un simbolo.

Scismatici, quindi, semmai saranno loro. Piuttosto che agitare una minaccia del genere, faranno meglio a farsi un giro e a rinfrescarsi un po’ le idee sulla dottrina cattolica; a noi le loro chiacchiere non fanno né caldo né freddo. L’importante è che non offriamo pubblicamente pretesti per farci sanzionare a ragione; basta andare avanti nell’ombra senza deflettere di un millimetro dalla direzione intrapresa. Prima o poi il Signore interverrà – e ho motivo di temere che si servirà proprio di quegli islamici che gli apostati stanno accogliendo a braccia aperte, finché non si ritrovino con un pugnale alla gola… Ricordate il 1527? La storia insegna. Questa volta non c’è bisogno di lanzichenecchi che calino da settentrione: abbiamo già in casa migliaia di estremisti. Come ho già scritto, abbiamo tutto l’interesse a mantenere rapporti cordiali con i musulmani non ideologizzati, così che non cadano nella trappola della propaganda terroristica; se però dovessero trovarsi costretti a scegliere tra la propria vita e la nostra, quanti di loro ci difenderebbero?

Vedete allora quant’è importante coltivare l’unione con Cristo in un dialogo amoroso sempre più intimo e confidente? Se vorrà risparmiarci, riusciremo a sopportare la prova rendendogli coraggiosa testimonianza con una letizia soprannaturale; se ci chiederà il martirio, Gli andremo incontro con l’ardore di una sposa novella. In un caso come nell’altro, la Sua gloria potrà risplendere in noi – e non c’è felicità più grande, per chi ama, che se l’amato è riconosciuto ed esaltato per quello che merita. Nessuno potrà toglierci questa gioia: ce l’ha promesso Lui. Il parto è un processo che causa dolore e afflizione; ma, appena si è concluso, la madre dimentica tutto per la gioia di stringere il figlio al seno (cf. Gv 26, 20-23). Mi raccomando: passate più tempo col Vangelo sotto gli occhi, ad ascoltare la voce dell’Amato, di quello che passate a navigare nella Rete. Perché Gesù sia un giorno il nostro premio, bisogna che sia fin d’ora il nostro gaudio.