Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 27 febbraio 2016


Operazione “Muro di fuoco”

 
Io stesso – parola del Signore – le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa (Zc 2, 9).

Non è una pubblicità occulta. Con queste parole il Dio d’Israele rassicurava, per bocca del profeta Zaccaria, la comunità rientrata a Gerusalemme dall’esilio babilonese, la quale era fortemente tentata di scoraggiamento di fronte alle condizioni della città distrutta. Già la ricostruzione del Tempio rischiava di arenarsi; quella delle mura era invece impensabile a causa dell’ostilità delle popolazioni circostanti, che avevano dato man forte agli invasori nel lavoro di demolizione. Il Signore promette allora di fare egli stesso da barriera invalicabile contro i nemici, perché la Sua presenza è un fuoco divoratore che gli empi non possono sopportare (cf. Dt 4, 24; Is 33, 14; Eb 12, 29). Una circostanza avversa agli occhi degli uomini è anzi da Lui considerata in modo positivo, come una condizione provvidenziale per la realizzazione dei Suoi progetti: «Gerusalemme sarà priva di mura per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere» (Zc 2, 8).

La Città di Dio si trova oggi in una situazione molto simile: in un certo senso, abbiamo un tempio demolito dalla dissacrazione del culto; il popolo cristiano è per molti versi disperso da molteplici esperienze e “cammini” non sempre genuinamente cattolici; le mura difensive del Magistero e della disciplina ecclesiastica sembrano crollate… Il “piccolo resto” che, con la grazia divina, si mantiene fedele ha l’impressione di avere di fronte un compito impari, sentendosi oltretutto abbandonato dai Pastori, quando non sconvolto dalle loro esternazioni o rimproverato per il proprio attaccamento all’immutabile verità che salva. I pochi ministri refrattari al nuovo corso sono emarginati e derisi, ostacolati e vilipesi: la riconciliazione con il mondo non tollera questi reazionari oscurantisti che negherebbero i Sacramenti a chi è in peccato mortale pubblico e conclamato.

Anche in questo caso, però, certe condizioni avverse possono rivelarsi estremamente promettenti. Il vuoto gerarchico, di per sé dannoso per il popolo, lascia però liberi i sacerdoti fedeli – salvo rare eccezioni – di agire secondo la propria coscienza; la mancanza di vigilanza e di correzione, che da decenni consente a tristi avventurieri di seminare nel campo del Signore la zizzania dell’errore, torna in fin dei conti utile anche a chi opera in senso contrario. Rimane il fatto che il resto santo e quanti sono disposti a dissociarsi da una società in via di autodemolizione hanno comunque bisogno di protezione. Ecco allora il muro di fuoco che l’Onnipotente ci offre: la Sua presenza ardente nei nostri cuori, nelle nostre parole, nelle nostre azioni. La nostra preghiera deve trasformarsi in fiamma perenne, la nostra testimonianza farsi incendiaria, i nostri comportamenti riaccendere la brace della fede che cova sotto le ceneri di tante coscienze inebetite dalla propaganda.

Diffondete il più possibile questo messaggio. Il muro di fuoco che Dio vuole erigere per mezzo di noi servirà innanzitutto a preservarci da tre flagelli: l’apostasia, l’empietà e la guerra. L’apostasia di chi non si immischia e, così facendo, sta trascinando innumerevoli anime all’Inferno; l’empietà di chi, manovrato dagli occulti signori di questo mondo di tenebra, promuove a livello legislativo la più abominevole fra le perversioni; la guerra globale la cui miccia è già da tempo accesa in Medio Oriente e che sta ormai per scoppiare. Per intercessione del Cuore immacolato di Maria, dobbiamo chiedere al Salvatore di porre fine, in un modo o in un altro, al mandato del Suo falso vicario; di abbattere questo ignobile governo uscito da sporchi giochi di potere in aperta violazione delle regole costituzionali; di fermare la guerra o, se è inevitabile, di dare la vittoria ai Suoi eletti.

«Chi ha suscitato dall’Oriente colui che chiama la vittoria sui suoi passi? […] Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: “Io l’ho preso per la destra per abbattere davanti a lui le nazioni […]. Io marcerò davanti a te”» (Is 41, 2; 45, 1-2). È di lontane origini venete; il suo cognome significa bambino. Gli manca soltanto una piena adesione alla verità rivelata – altra intenzione per cui pregare con ardore. È suo alleato uno sterminato popolo che, liberato dal giogo comunista e aperte le porte alla fede cristiana, potrebbe cambiare il mondo con miriadi di ardenti missionari; non vogliamo incendiare il Paradiso anche per questo scopo? Da lassù dovranno per forza muoversi con schiere di Angeli e di Santi. C’è un arcangelo che scaccia i diavoli non appena gli si rivolga un pensiero, una giovane religiosa che ha promesso di passare il suo cielo a fare del bene sulla terra, un sacerdote crocifisso che si è impegnato a far più danno da morto che da vivo… e tanti, tanti, tanti altri che aspettano soltanto di essere chiamati.

«Non temere, perché i nostri sono più numerosi dei loro» (2 Re 6, 16), rispose Eliseo al suo servo, angosciato alla vista dell’esercito arameo che aveva circondato la città per catturare il profeta. Poi egli chiese al Signore di aprirgli gli occhi al mondo invisibile, e il giovane vide il monte pieno di carri e cavalli di fuoco che circondavano l’uomo di Dio (cf. 2 Re 6, 15-17). Non temete, siamo molto più forti del nemico: il Cielo sta dalla nostra parte. Reclamiamogli a gran voce il termine di questo pontificato nullo, la caduta dell’attuale governo, la conversione e la vittoria della Russia, la liberazione e l’evangelizzazione della Cina, nonché la grazia della perseveranza e la protezione da tutto ciò che sta per accadere. Ma non limitiamoci a pregare: cominciamo a dire apertamente che cosa aspettiamo dall’alto. Ci prenderanno per matti, ma non importa: la carità prevale su tutto. Forse qualcuno rinsavirà e si porrà con noi sulla via giusta; spesso quelli apparentemente più lontani sono i più pronti ad accogliere la verità.

Altrimenti, che cosa preannuncia Gesù a chi si ostina nell’errore? «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13, 3.5). Certo, la resipiscenza di una cristianità degenerata è cosa ben più difficile della conversione dei pagani: se, dopo essere stato liberato dai demòni, l’Occidente ha riaperto loro la porta, la sua condizione è peggiore della precedente, perché sono tornati sette volte più numerosi (cf. Lc 11, 24-26). Ma a Dio nulla è impossibile. Riprendiamo allora con nuovo vigore la Preghiera infuocata del Montfort aggiungendovi quella (che trovate a lato) di un altro grande missionario, san Pietro Canisio, che con la sua predicazione riprese ai protestanti ampie regioni dell’Europa centrale. Applicandole alla situazione odierna, recitiamole spesso, da soli o in gruppo, senza odio né livore. Basta l’esecrazione.

Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11, 28).
 

sabato 20 febbraio 2016


Dall’alto del Tabor

 
Emitte lucem tuam et veritatem tuam: ipsa me deduxerunt, et adduxerunt in montem sanctum tuum et in tabernacula tua (Sal 42, 3).

Non per gusto dell’orrido, ma per essere lucidamente consapevoli dell’ora presente abbiamo cercato di analizzare, nelle ultime settimane, la strategia dell’Anticristo, così da esser pronti a riconoscerlo nel momento in cui si manifesterà. Il Signore stesso, nel deserto, ha voluto guardare in faccia il nemico per insegnarci ad affrontarlo e a sconfiggerlo. Ora, tuttavia, per non soccombere all’opprimente visione della cruda realtà, volgiamo di nuovo lo sguardo verso la luce. Seguiamo Gesù sul monte appartato e lasciamoci inondare dalla luce che si irradia dal Suo volto trasfigurato, di una bellezza insostenibile. Certo, questa contemplazione è riservata ai cuori puri, i cui occhi possono sopportarne lo splendore. Ma, se anche il processo di purificazione interiore non fosse ancora a buon punto, non scoraggiamoci: guardiamo ugualmente, e la luce ci penetrerà nella misura in cui siamo in grado di accoglierla e, per mezzo dei nostri sforzi di santificazione, ci purificherà gradualmente. Chiunque sia ben disposto è irresistibilmente attirato dalla bellezza di Cristo e già il semplice desiderio di possederla in modo sempre più pieno lo fa avanzare, trasformandolo interiormente.

Sulla cima del Tabor, dove la Verità incarnata l’aveva guidato, san Pietro avrebbe voluto erigere tre tende per poter gustare senza sosta quell’anticipo di Paradiso (cf. Lc 9, 33). Il nuovo Tempio vivente di Dio era là, in carne e ossa, e la Gloria rifulgeva in quel corpo in cui abita la pienezza della Divinità (cf. Col 2, 9). Ma era ancora troppo presto, Pietro: il Figlio di Dio, da te riconosciuto per la grazia permanente a te concessa dal Padre (cf. Mt 16, 16-17), doveva prima morire e risorgere per liberare l’umanità dal peccato. Dopo la Sua Pasqua, però, che il Maestro aveva da poco oscuramente profetizzato (cf. Mt 16, 21), il tuo desiderio si sarebbe compiuto. Ogni giorno, nell’offrire il Sacrificio redentore, saresti salito sul monte santo e avresti adorato il Signore nella Sua dimora. Beati noi, che come te possiamo compiere questa breve ascesa quotidiana e vivere alla Sua presenza! Chi mai potrebbe valutare adeguatamente questo dono? Non c’è prezzo per essere membri della Chiesa Cattolica, così come non c’è nulla che non si possa dare per rimanere tali.

È indubbio che, per gustare appieno la bellezza del Salvatore e favorire le migliori disposizioni per ricevere la Sua grazia, non ci sia mezzo più efficace della santa Messa di sempre. Sì, a molti la partecipazione ad essa impone un piccolo pellegrinaggio; per altri essa è semplicemente impossibile. Cercate allora chiese in cui la nuova Messa sia almeno celebrata in modo degno e con la dovuta intenzione. Non metto in discussione la sua validità. Secondo la dottrina tradizionale, è sufficiente che il sacerdote pronunci le parole consacratorie con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Talvolta, però, è proprio quest’ultima che potrebbe far difetto. Non voglio certo lanciare falsi allarmismi o incrementare scrupoli già frequenti nel popolo fedele, ma mi è capitato due o tre volte di avere la netta sensazione, davanti al tabernacolo di una chiesa o cappella, che dentro non ci fosse nulla, quando invece la presenza del Signore mi si fa sempre percepire in modo sensibile. È un argomento meramente empirico, ma non mi è facile ignorarlo…

Coraggio: Dio non lascerà mai la Sua Chiesa priva del Sacrificio e di sacerdoti che lo offrano come si deve. I tempi sono particolarmente burrascosi per chi vuol rimanere innestato sulla Tradizione, ma, sia pure disseminati, siamo in tanti e, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, ci teniamo in contatto. Nessuno può impedirci di incontrarci e di celebrare i divini misteri (magari nelle case come i primi cristiani, se un giorno non ci fosse più concesso nelle chiese). Nessuno potrà strapparci la ricchezza che abbiamo ricevuto né dissuaderci dal farla ulteriormente conoscere con quella carità e misericordia di cui per primi siamo stati oggetto. Tanti giovani sinceramente alla ricerca di Dio non aspettano altro, delusi come sono da belle parole che, nelle loro “comunità cristiane”, tali sono rimaste o sono state crudamente smentite dai fatti. I nuovi Pastori non vogliono ammetterlo, ma la loro “pastorale” è un fallimento completo: la vita della Chiesa non è fatta di teorie imparate in seminario, né ognuno può dipingersi la realtà come gli piacerebbe vederla. Soprattutto, non si può far evaporare il cristianesimo in fantasie puerili.

Una presentazione della fede centrata sulla soddisfazione di esigenze soggettive ha coagulato una massa disarticolata di persone avvezze a selezionare ambienti, sacerdoti ed esperienze in base ai loro gusti o capricci. Ma un naufrago non sceglie la tavola a cui aggrapparsi: afferra quella che la Provvidenza gli offre. Dal punto di vista morale, la società odierna affoga in un oceano di melma e sterco; gli individui che la compongono, tuttavia, continuano a fare gli schizzinosi. La salvezza eterna non è la carta del ristorante; che piaccia o no, la via è una: conversione, preghiera, Messa, confessione, osservanza dei Comandamenti, lotta al peccato e pratica delle virtù evangeliche. E non si va alla Messa dove c’è il prete simpatico, le canzonette alla moda e un gioviale clima da ritrovo mondano: si va là dove si è moralmente certi che il Sacrificio della Croce sia realmente rinnovato. Se il latino ti richiede uno sforzo, fàllo: non sei forse pronto a farne di ben più gravosi per scopi molto meno vitali? Chi ha detto che evitare l’Inferno non debba costare la minima fatica?

In realtà i giovani amano le sfide; ma ci vuole pur chi le proponga loro con convinzione. Quelli che vengono in chiesa solo quando ci sono i loro canti o celebra “il loro prete” (che regolarmente svicola sulle questioni morali o è di ampie vedute in campo sessuale) inevitabilmente andranno a convivere; poi, se si sposeranno, divorzieranno, si riaccoppieranno e via dicendo… cioè saranno sempre infelici e rischieranno pure la dannazione eterna. Ma il gruppo giovani andava a gonfie vele, vescovo e parroco gongolavano di soddisfazione e, nel caso, chiudevano un occhio – o tutti e due. Chi ha mai verificato se quei ragazzi così attivi ed entusiasti avevano effettivamente la fede e si sforzavano di vivere secondo le esigenze della vocazione cristiana? Per farlo, però, avrebbero dovuto almeno conoscerle… Come potranno mai avere un cuore sufficientemente puro per fissare lo sguardo sul volto di Gesù trasfigurato onde assorbirne la luce e la bellezza? Che orrendo destino: campare tutta una vita senza fare mai quest’esperienza!

Saliamo, saliamo sulla santa montagna e trasciniamo con noi quelli che amiamo. All’inizio, forse, si sentiranno un po’ a disagio, ma col tempo, se hanno una coscienza retta, si abitueranno all’altitudine e saranno conquistati. L’uomo è fatto per Dio – e Dio non è un’idea (tanto meno una di quelle oggi più in voga). Non è giusto promettere beni spirituali eccelsi senza indicare i mezzi per raggiungerli, come se la pace e la gioia del Vangelo fossero accessibili a chi vive stabilmente nel peccato e non ha alcuna intenzione di venirne fuori. Così non si fa altro che provocare pericolose illusioni e conseguenti frustrazioni, lasciando le persone completamente indifese di fronte ai pericoli di questo mondo, in cui i demoni scorrazzano ormai indisturbati. Chi invece sta sul monte non sarà raggiunto dall’inondazione di fango che si sta riversando sul pianeta. Da lassù si vede il male standone a debita distanza; se si scende, è solo per chiamare chi annaspa nel gorgo e tendergli la mano. Questa è misericordia.
 

sabato 13 febbraio 2016





La sinagoga dell’Anticristo

 

Il libro dell’Apocalisse, senza tante cerimonie, la chiama sinagoga di Satana (Ap 2, 9; 3, 9). È l’erede di quella frangia del giudaismo che attendeva un Messia funzionale ai suoi interessi: qualcuno che le assicurasse il dominio mondiale in senso puramente terreno. Ma il Messia frustrò radicalmente quest’illegittima aspettativa che, in ultima analisi, poggiava sul rinnegamento del Regno di Dio e si poneva così, inevitabilmente, al servizio del regno abusivo del diavolo. Da allora quella piccola minoranza (poco numerosa ma economicamente molto potente) dichiarò una guerra spietata al nuovo Popolo che era nato proprio dalla morte – da essa stessa voluta – del Messia rifiutato; in pari tempo cominciava ad opprimere, con la sua cavillosa legislazione, quella parte del popolo eletto che, non avendo accolto la Nuova Alleanza, non si era trasformata in nuovo Israele ed era così decaduta dalle promesse divine.

Se però la dittatura del giudaismo rabbinico poteva imporsi ad intra senza problemi, ad extra occorrevano altri espedienti: aizzare il potere politico contro la Chiesa con sanguinose persecuzioni (che nel diritto romano non trovano giustificazione alcuna), suscitare in seno ad essa divisioni ed eresie (una delle quali, in seguito al soggiorno di un oscuro mercante arabo in seno alla comunità ebraica di Medina, rinascerà come Islam), sostenere o scatenare feroci rivoluzioni antireligiose (protestanti, francesi e bolsceviche…), deformare le menti dei cristiani con il terrorismo ideologico (modernista e neo-modernista), infiltrarsi nei centri di potere della Chiesa Cattolica (soprattutto nella Curia Romana e nei luoghi di elaborazione del pensiero teologico). Nel minuscolo territorio della Città del Vaticano, strategicamente diviso in otto quartieri, operano oggi ben quattro logge massoniche, delle quali la più potente, la loggia “Ecclesia”, è alle dirette dipendenze del Duca di Kent, capo della Loggia Madre d’Inghilterra; non parliamo poi degli innumerevoli cardinali, vescovi, sacerdoti e religiosi affiliati alla massoneria o conquistati alle sue idee e alla sua causa.

Essa è così riuscita a realizzare l’ultima e più rovinosa delle rivoluzioni, quella che chiamano rivoluzione in tiara e cappa, cioè un totale sovvertimento della Chiesa dall’interno, operato dai suoi stessi rappresentanti. Oltre ai danni evidenti che sono sotto gli occhi di tutti, provocati dalle cosiddette “riforme” conciliari (della liturgia, dei seminari, del diritto, della vita consacrata…), ci sono insidie nascoste ma non meno pericolose, di cui due sono origine diretta delle distruzioni visibili. Una ha radici più profonde: lo snaturamento della teologia mediante l’assunzione di quadri filosofici di riferimento contrari tanto alla retta ragione che alla fede rivelata (razionalismo, idealismo, positivismo, marxismo, evoluzionismo, esistenzialismo…). È così che i concetti fondamentali della teologia cattolica, pur venendo almeno in parte conservati, sono stati svuotati del loro significato proprio e riempiti di significati estranei di sapore gnostico: pur usando gli stessi termini, gli pseudo-teologi moderni non intendono più le stesse realtà.

La seconda insidia è rappresentata dalla capillare perversione dell’organo di governo con cui il Papa esercita il suo ministero universale. Già alla fine del pontificato di Pio XII, a detta del Santo del Gargano (che non aveva bisogno di spostarsi fisicamente né di essere informato da uomini per rendersi conto delle situazioni), la Curia Romana pullulava di massoni. La loro presenza inquinante ha trasformato il “Vaticano” in uno squallido centro di potere, nel quale chi non si allinea rischia seriamente la morte per cause “naturali” (ovviamente indotte), come accadde a un monsignore di mia conoscenza che distribuiva la rivista di don Villa in Segreteria di Stato e morì di tumore al pancreas a causa di una prescrizione “errata”… Per quei signori, con gli scandali da loro stessi provocati, è stato poi un gioco da ragazzi creare, agli occhi del popolino manipolato dai mass-media, un’immagine odiosa del cuore istituzionale della Chiesa Cattolica e, di riflesso, della Chiesa stessa.

Per moltissimi uomini, di conseguenza, è entrata in crisi la fede nel suo insegnamento, nella sua origine divina, nella sua autorità anche in campo politico e sociale… Pure noi – ed è questa la terza insidia nascosta – corriamo il rischio, se non di finire in crisi, di concentrare lo sguardo sul marcio che c’è nella Chiesa terrena, eccitandoci ad andare a caccia di notizie negative per saziarci in modo malsano di sdegno ed esecrazione. In questo modo i nemici di Dio possono toglierci a poco a poco la gioia della fede, riducendoci ad esseri lamentosi e pessimisti la cui fedeltà è causa di tormento e ribellione piuttosto che motivo di fierezza e di fiducia. Vogliamo dare loro questa soddisfazione o non piuttosto andare a testa alta con coraggio e determinazione, sapendo che – qualsiasi cosa dovesse succedere – abbiamo già vinto nel nostro Salvatore?

Ma che c’entra la sinagoga con tutto questo? Sia ben chiaro, non siamo antisemiti: ci limitiamo a denunciare quell’élite settaria giudaica che, oltre a opprimere pesantemente i propri fratelli (fino a servirsi del regime nazista allo scopo di creare un pretesto inattaccabile per imporre la propria volontà a livello planetario), da due millenni fa di tutto per distruggere la Chiesa. A questo preciso scopo, trecento anni fa, in ambiente anglicano essa ha fatto sorgere la massoneria dalla fusione di antiche corporazioni deviate ed epurate da qualsiasi carattere cristiano. Che i massoni siano al suo servizio, lo affermano i Protocolli dei Savi di Sion (che gli studiosi considerano autentici): «Noi creeremo e metteremo in atto le leggi e i governi […]. A quale scopo abbiamo ideato e imposto ai massoni tutta questa politica, senza dare loro la possibilità di esaminarne il contenuto? Questo è servito di fondamento per la nostra organizzazione massonica segreta […], la cui esistenza neppure sospettano queste “bestie” da noi adescate nelle logge massoniche».

Padre Kolbe, riportando questo passo in un articolo del 1923, così si appellava alla coscienza di quegli infelici: «Avete sentito, signori massoni? Coloro che vi hanno organizzato e vi dirigono segretamente, gli Ebrei, vi considerano delle bestie, attirate nelle logge massoniche per scopi che voi neppure sospettate […]. Ma sapete, signori massoni, che cosa vi attende il giorno in cui vi verrà in mente di cominciare a pensare da soli? Ecco, ascoltate: il medesimo protocollo [l’XI] prosegue affermando: “La morte è l’inevitabile conclusione di ogni vita. […] Giustizieremo i massoni in modo tale che nessuno […] potrà avere dei sospetti, neppure le vittime stesse: moriranno tutti nel momento in cui ce ne sarà bisogno, apparentemente per effetto di malattie comuni” […]. Signori massoni, […] riflettete e dite sinceramente: non è meglio servire il Creatore nella pace interiore […], piuttosto che obbedire agli ordini di chi vi odia?»

Una perspicacia soprannaturale unita ad una carità senza barriere: solo i Santi ne sono capaci. Questa è vera misericordia: la misericordia nella verità. Non quella di chi ammette nel santuario membri della setta giudaica più perfida e potente, coinvolta nel traffico di droga, nella pornografia e nella prostituzione… in una parola, in tutto ciò che – guarda caso – ha corrotto e asservito l’Occidente un tempo cristiano e, attraverso di esso, il mondo intero. Ma perfino a loro san Massimiliano rivolgerebbe parole accorate, miranti a strapparli al castigo eterno: «E a voi, piccolo manipolo di Ebrei, “Savi di Sion”, che avete provocato coscientemente già tante disgrazie e ancora di più ne state preparando, a voi mi rivolgo con la domanda: quale vantaggio ne ricavate? […] Gran cumulo di oro, di piaceri, di svaghi, di potere: tutto questo non rende ancora felice l’uomo. E se anche questo desse la felicità, quanto potrà durare? Forse una decina di anni, forse una ventina […]. E poi?… E voi, capi ebrei, che vi siete lasciati sedurre da Satana, il nemico dell’umanità, non sarebbe meglio se anche voi vi rivolgeste sinceramente a Dio?».

sabato 6 febbraio 2016


Il vicario dell’Anticristo


Iudica me, Deus, et discerne causam meam de gente non sancta; ab homine iniquo et doloso erue me.

La Messa di sempre si apre con il salmo 42, con le cui prime parole il sacerdote si presenta al cospetto di Dio, sottoponendosi al Suo giudizio per essere difeso da gente che non Gli appartiene e strappato al potere dell’uomo iniquo e ingannatore. Confesso che, iniziando ogni mattina il divino Sacrificio con queste parole ispirate, non posso fare a meno di identificare con precisione, nel mio cuore, le persone evocate dal testo sacro, attualizzandolo in virtù della sua perenne efficacia ai fini del discernimento storico. Nell’odierna situazione della Chiesa e del mondo è inevitabile pensare, in riferimento alla gens non sancta, a chi detiene il potere finanziario e, per mezzo di esso, quello politico e mediatico; altrettanto inevitabile è individuare l’homo iniquus et dolosus in quel personaggio che, pur essendo ritenuto capo della Chiesa Cattolica, non perde occasione per offendere i veri cattolici, umiliandoli e schernendoli in nome di una strana “misericordia” giacobina che, senza alcuna pietà, taglia la testa a chiunque non le si allinei pedissequamente.

Sarà forse anche per questo che i Vescovi italiani sono così latitanti di fronte alle sfide epocali di questo delicatissimo momento, dando l’impressione di una completa virata rispetto a pochissimi anni fa. Ignavia, vigliaccheria, accecamento… o complicità? Bisognerebbe valutare caso per caso; ma il risultato, in ogni caso, non cambia. D’ora in avanti i fedeli autentici – non i cattocomunisti che sabato scorso sono stati vistosamente assenti – non si sentiranno più legati alla loro guida né firmeranno la dichiarazione dei redditi per foraggiare quella macchina mangia-soldi che è la cosiddetta conferenza episcopale. Gli argomenti finanziari sono gli unici a cui è veramente sensibile la maggior parte dei chierici di ogni ordine e grado; forse qualcuno di loro comincerà a preoccuparsi sul serio, visto che per ora non sembrano angosciati più di tanto dall’eventualità, ormai non più così remota neppure da noi, che due uomini o due donne si presentino in parrocchia per far battezzare il “figlio”.

Qualora qualcuno mi facesse osservare che, con simili proposte, mi do la zappa sui piedi (dato che il sostentamento dei sacerdoti dipende in buona parte dall’otto per mille), risponderei che in realtà, grazie alla Provvidenza, che adesso si prende cura di me per mezzo di anime buone, non dipendo più da quell’infausto sistema che, riversando un fiume di denaro sulla Chiesa italiana, l’ha ad un tempo imbavagliata e corrotta. Come se non bastasse, le reiterate minacce di farle pagare le tasse sugli immobili hanno avuto il miracoloso effetto di cucire le bocche episcopali: bandiera bianca su tutta la linea di fronte ai pupazzi del terzo governo non uscito dalle urne, che sostiene a spada tratta (alla faccia della separazione dei poteri su cui si fonderebbe la democrazia) disegni di legge presentati da sconosciute donnette che fanno il loro mestiere… Al Circo Massimo non saranno stati due milioni, ma se anche i settecentomila censiti dalla questura si fossero mossi verso i palazzi del potere per occuparli fino ad ottenere doveroso ascolto (come avvenuto, in tempi recenti, in alcune repubbliche ex-sovietiche)… chi avrebbe potuto fermarli?

Forse soltanto la voce di quel patrigno che, dopo averli vergognosamente ignorati (salvo per privarli della Messa in San Pietro), ricomincerà a lanciare i suoi strali ogni santa mattina dal suo pulpito mediatico per condannare i moderni farisei. Ma, fratelli miei, come potete ancora considerarlo Vicario di Cristo e ascoltare le sue insane esternazioni? Ammesso e non concesso che sia stato eletto in modo valido, ha sfacciatamente tradito la propria missione fin dall’inizio, fornendoci subito elementi più che sufficienti per trarne la conclusione che egli è al servizio di qualcun altro (fatto che lo fa decadere da qualsiasi ufficio nella Chiesa). Andiamo, non ci si può arrampicare sui vetri per negare l’evidenza. Non è per partito preso che persistiamo su questa posizione, ma semplicemente perché ci ostiniamo ad usare il cervello – cosa che la fede non ci proibisce affatto, casomai qualcuno si appellasse ad essa per impedircelo e tapparci la bocca…

Qualcuno reagirà affermando che è un’accusa gravissima, di portata apocalittica. Sì, è esattamente così: siamo in una situazione apocalittica. Chi preferisce continuare a bearsi di illusioni infantili, è libero di farlo, ma non potrà lamentarsi quando sarà colto impreparato dal castigo. Se non riuscite a convincervi, sentite un po’ cosa dice un piano massonico del 1961: «Il Concilio Vaticano II è l’occasione, la grande occasione che aspettavamo per il trionfo delle nostre idee, visto che i massoni sono già al lavoro in tutti i gradi della Gerarchia ecclesiastica. Rimane ancora il Papato, ma noi lo colpiremo mortalmente se, senza troppe scosse e sotto l’apparenza di miti pecorelle, continueremo con diligenza a modellare la cristianità in modo che possa esprimere il papa dei nostri sogni. Quando avremo convertito la Gerarchia ecclesiastica e la massa dei fedeli alle nostre teorie, senza che se ne accorgano, tutto andrà avanti da sé». Non possiamo fare altro che costatare che è avvenuto proprio così: la cristianità, impercettibilmente modellata dalle idee dei massoni, ha infine espresso il papa dei loro sogni.

Ci si è chiesti se il carattere sconnesso e irragionevole di molti suoi discorsi improvvisati non sia dovuto ad una causa involontaria: l’esaurimento che l’obbligò, da giovane, al ritiro di Cordoba, la “benedizione” ricevuta, da vescovo, dai pentecostali o, ancora, il tumore al cervello che è stato di recente ipotizzato. Nulla di tutto questo: a prescindere da eventuali danni aggiuntivi, la confusione che regna nel suo ciarlare è frutto di una strategia studiata, mirante a creare un caos programmato nelle menti e nei costumi. A chao ordo, recita il noto adagio massonico: per demolire l’ordine costituito e imporne un altro, illegittimo e perverso, bisogna instaurare un regime caotico. È sempre lo stesso sistema: per distruggere la disciplina dei seminari e forgiare chierici conformi ai suoi scopi, già dai primi anni ’60 la massoneria vi introdusse la sua ideologia tramite professori ad essa affiliati che facevano il suo gioco: cambiate le idee – dicevano – cambierà tutto il resto. C’è poco da fare: i vescovi di oggi e il loro capo vengono da lì. Essi non sono al servizio del Popolo di Dio, ma delle proprie convinzioni – che sono quelle dei loro (gran) maestri.

Ringraziamo senza sosta il Signore di averci preservati, per pura e immeritata grazia, da questa generale manipolazione delle menti; facciamo altresì ogni sforzo per strappare al fuoco quanti non sono ancora completamente obnubilati dalla propaganda massonica, dissuadendoli dal prestare ascolto al suo più noto agente del momento, che ci invita a tornare alla sinagoga. Ma noi siamo indirizzati verso la Gerusalemme celeste, non più verso quella della terra; le nostre strade, pertanto, si divaricano in modo inconciliabile. La vana ambizione di riassorbire il cristianesimo nel giudaismo è di per sé votata all’insuccesso; neanche un papa potrebbe riuscirci. Vada pure a braccetto con i suoi amici rabbini, discendenti ideali di quei farisei che odiarono a morte il Messia; noi abbiamo scelto di seguire gli Apostoli, i Martiri e i Santi – e nessuno ci indurrà a tornare indietro. Continui pure a bestemmiare (identificando Gesù santissimo con il biblico serpente ed equiparandone l’immagine agli idoli) come avrà imparato dal Talmud; noi, con la grazia di Dio, non smetteremo un istante di adorarlo e benedirlo ad ogni nostro respiro, fino all’ultimo.