Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 28 novembre 2015


A testa alta per umiltà

 
Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21, 28).

Non è un’ossessione di chi parla, ma la convinzione di un autorevole prelato che ha pagato cara la sua parrhesía: stiamo attraversando una prova apocalittica. Più e più volte, nella storia cristiana, cataclismi naturali e pubblici sconvolgimenti sono stati interpretati come segni della fine imminente; ma l’uomo non era ancora in grado di provocare terremoti e maremoti bombardando la ionosfera con onde elettromagnetiche ad altissima intensità che, riflesse verso il suolo, sviluppassero una potenza devastante, né di fabbricare armi nucleari, chimiche e batteriologiche che, messe in mano a fanatici indemoniati, diventassero un incubo per i popoli del mondo. Più e più volte il dilagare della peste aveva decimato interi Paesi, ma non virus militari creati in laboratorio. Più e più volte conflitti sanguinosi avevano falciato le nuove generazioni, ma mai questo era successo, in una non dichiarata guerra planetaria, negli ospedali pubblici e a spese dei cittadini. Più e più volte i cristiani hanno subìto persecuzioni spaventose, ma i massacri indiscriminati e l’odio pubblico contro la loro fede non avevano raggiunto gli inauditi livelli di oggi.

Forse non vediamo ancora i segni celesti preannunciati da Gesù, ma le manipolazioni climatiche stanno stravolgendo le stagioni e i fenomeni atmosferici, provocando tempeste e uragani di forza mai vista. Forse non siamo ancora in angoscia per il fragore del mare e dei flutti, ma un grosso meteorite potrebbe piombare sulla terra sollevando gli oceani e provocando rovesci torrenziali come al tempo del diluvio. Forse l’ordine del cielo non è ancora sconvolto, ma quello della terra è messo a dura prova; gli angeli stanno saldi ai loro posti, ma gli uomini non sanno più chi sono né che cosa fanno, confusi nella loro stessa identità di genere e incapaci di custodire i vincoli più sacri. La verità divina è in sé immutabile, ma chi la dovrebbe trasmettere la adultera, svuotandola, nelle menti di chi lo ascolta. La dignità della creatura libera, cosciente e responsabile è intangibile in se stessa, ma chi infantilizza le masse, di fatto, gliela toglie. Dopo un’alluvione si può spalare il fango e ricostruire gli edifici, ma rimuovere quello che copre i cuori e restaurare le anime dopo l’inondazione di peccati che risulta da tutto questo… sarà molto più arduo.

Pessimismo radicale? Catastrofismo ottuso? No, è solo uno sguardo realistico sulla realtà odierna alla luce di quelle parole che non passeranno mai, a differenza di cielo e terra. Quelle medesime parole ci invitano paradossalmente ad alzare la testa, quando cominceremo a veder accadere queste cose: sarà segno che il Regno di Dio – e la conseguente liberazione di chi lo attende con sincerità operosa – è alle porte. «In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto» (Lc 21, 32). La generazione a cui Gesù parlava lo vide avverarsi nella distruzione del Tempio, che segnò la fine di un’epoca. Ogni generazione – ci ammonisce sant’Efrem Siro – deve altresì considerarsi quella indicata dal Signore perché la profezia potrebbe adempiersi nel suo tempo. Ma la nostra generazione, indubbiamente, ha speciali motivi per candidarsi. Suona più che mai opportuna e urgente, di conseguenza, l’esortazione di san Bernardo:

«Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso per la seconda. “È giunto infatti il momento”, fratelli, “in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio” (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte di coloro che, attualmente, rifiutano questo giudizio? Chi infatti si sottrae al giudizio presente, in cui il principe di questo mondo viene cacciato fuori, aspetti, o piuttosto tema il Giudice futuro, dal quale sarà cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo già ora ad un giusto giudizio, siamo sicuri e “aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso” (Fil 3, 20-21). “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Mt 13, 43). Il Salvatore trasfigurerà con la Sua venuta il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso solo se già prima troverà rinnovato e conformato nell’umiltà al Suo il nostro cuore. Per questo dice: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29)».

Il santo Dottore distingue a questo punto tra due specie di umiltà: quella di conoscenza, che ci fa riconoscere il nostro nulla, e quella di volontà, che ci fa rifuggire i vani successi del mondo (i quali non procurano altro che quegli affanni e dissipazioni di cui dobbiamo guardarci dall’appesantirci). La seconda si impara imitando Colui che, pur essendo Dio, esinanì Se stesso assumendo la forma di servo (cf. Fil 2, 6-7) e che, sottrattosi alla folla che voleva farlo re, si presentò spontaneamente a quelli che lo avrebbero crocifisso (cf. Gv 6, 14-15; 18, 3-4). La prima – possiamo soggiungere – non possiamo impararla da Lui, nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9); allora, oltre che negativamente, cioè dal limite della nostra debolezza e delle nostre cadute, apprendiamola anche in positivo dal purissimo cuore di Colei che, riconoscendo davanti a Dio la propria povertà di creatura, meritò di diventarne Madre. Solo così quel giorno terribile, piuttosto che abbattersi su di noi come un laccio, ci troverà pronti ad entrare nel Regno eterno di Colui che tra poco, sotto il velo del pane e del vino, si donerà a noi come soprasostanziale cibo del cammino e fin d’ora regna con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 

sabato 21 novembre 2015


Delirio e castigo


Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte; provami al fuoco, non troverai malizia. La mia bocca non si è resa colpevole, secondo l’agire degli uomini; seguendo la parola delle Tue labbra, ho evitato i sentieri del violento. Sulle Tue vie tieni saldi i miei passi e i miei piedi non vacilleranno (Sal 17 [16], 3-5).

Il quotidiano delirio cui stiamo assistendo nella Chiesa ad opera delle sue guide, dal vertice in giù, non solo sta esasperando il nostro cuore credente, continuamente scosso nelle sue certezze più sacre, ma rischia pure di insinuare subdolamente in esso sentimenti meno buoni che lo inclinino a reazioni conformi all’agire umano, dirottandolo sui sentieri dei violenti. Sarebbe, questa, l’ultima perfidia con cui il diavolo farebbe deragliare quanti non si son lasciati incantare dalle sue sirene. La biblica preghiera che ispira questo scritto può quindi esserci di valido aiuto in questa battaglia spirituale. È evidente che le sue affermazioni all’indicativo stiano perfettamente al loro posto soltanto sulle labbra di Gesù, che con queste parole ha pregato durante la Sua vita terrena; per noi rappresentano invece uno stimolo e un termine di tensione, mentre rivolgiamo a Dio, formando un solo corpo in Cristo che prega in noi, le richieste che riconosciamo del tutto appropriate alla nostra condizione.

Proprio per evitare che la mia bocca si renda colpevole (ammesso che già non l’abbia fatto), chiedo dunque per primo al Signore di saggiare e scrutare il mio cuore nella notte che stiamo attraversando; qualora vi trovi ancora malizia, la bruci nella fiamma della Sua santità divina, che ardendo illumina e illuminando consuma. Mosè stesso fu colto da sgomento di fronte a quel fuoco divoratore (cf. Dt 4, 24; 9, 19), che non avrebbe altrimenti sopportato che per estrema condiscendenza di Dio. Perché i miei piedi non vacillino sull’aspro sentiero che sale l’erta della santa montagna, voglio attenermi con tutte le forze alla Parola delle Sue labbra, così che tenga saldi i miei passi nelle Sue vie e io giunga al luogo della Sua presenza, dove al fuoco succederà il mormorio di un vento leggero: «Che fai qui, Elia? – Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum…» (1 Re 19, 12-14).

Pur continuando a condividere il vostro immane dolore, che spesso mi strappa forti grida e lacrime, ritengo quindi quanto mai urgente e necessario reimmergermi in quella salutare Parola che «nel rivelarsi illumina e dona saggezza ai semplici» (Sal 119 [118], 130). Continuare a lacerarsi le vesti per tutte le uscite insensate di quelli che dovrebbero guidare il Popolo di Dio, cercando di ribattere a ognuna in un’estenuante rincorsa, sarebbe non solo sterile, ma anche pericoloso. L’accelerazione dell’induzione alla demenza collettiva è una perfida tattica per tagliare il fiato a chi vi si oppone e per spossarlo fino a metterlo fuori combattimento; pertanto non voglio stare al gioco, anche per non cadere nel rischio di lavorare per il demonio alimentando amarezza, risentimento e scoraggiamento altrui. Per non fare più danno che bene, allora, lascerò parlare Lui.

Ho così deciso di ispirarmi, dall’inizio del prossimo Avvento, al Vangelo della domenica, letto con gli occhi della Tradizione e meditato nel Cuore immacolato di Maria, ricolmo del fuoco divino. Rifugiamoci in questa fortezza inattaccabile e lasciamo a Lei il compito di difenderci dagli strali della menzogna che ci piovono addosso da ogni parte. Quando un bambino non sa come fare per sottrarsi a un pericolo imminente, senza pensarci chiede subito aiuto alla mamma, la quale non può non intervenire prontamente in soccorso del figlioletto. Ecco, proprio così saremo quei piccoli ai quali appartiene il Regno di Dio (cf. Mc 10, 14). Siamo figli dell’eterno Re e della Regina del cielo; siamo perciò tenuti ad agire in modo regale: noblesse oblige!

Per metterci completamente al sicuro dal duro castigo che il delirio dei Pastori e il conseguente sbandamento delle pecore reclamano a gran voce sulla Chiesa e sul mondo, il prossimo 8 dicembre rinnoviamo la consacrazione al Cuore immacolato; chi non la avesse ancora effettuata, lo faccia in quell’occasione. Non vedo proprio, a tal proposito, come l’imminente giubileo possa coinvolgere i musulmani, a meno che non chiedano il Battesimo; se qualcuno di loro passerà la Porta santa, potrebbe piuttosto farlo imbottito di esplosivo, con buona pace di quei controlli che in certi casi, inspiegabilmente, funzionano soltanto dopo la carneficina. In ogni caso, qualunque sia (qui da noi in Occidente) l’occulto potere che arma i fanatici e apre loro le porte, essi possono rivelarsi strumenti inconsapevoli della giustizia divina: «Oh! Assiria, verga del mio furore, bastone del mio sdegno!» (Is 10, 5).

Mi rendo ben conto dell’impopolarità di un’interpretazione del genere, in un momento di estrema tensione emotiva. Ma come mai si parla così poco delle migliaia di vittime che il fondamentalismo islamico miete senza sosta in Nigeria con armi francesi? Il mondo attuale sembra un branco di belve aizzate l’una contro l’altra per divorarsi a vicenda… Divide et impera: Satana conosce bene il metodo; ma anch’egli serve, suo malgrado, ai piani dell’ira. Non per niente il grande pericolo, secondo l’Apocalisse (cf. 9, 13-16; 16, 12-14), viene dall’Eufrate – ovvero, ancora una volta, dalle regioni dell’antica Assiria. Il compimento del disegno di Dio sulla storia può essere intravisto nelle sue premesse; le remote vicende dell’Israele carnale sono profezia di ciò che avverrà all’Israele spirituale. Gesù non ha forse mescolato deliberatamente, nel grande discorso escatologico (cf. Mt 24; Mc 13; Lc 21), i riferimenti alla distruzione di Gerusalemme e quelli alla purificazione finale? Chi ha orecchi per intendere, intenda…

Coraggio, i giorni della tribolazione grande saranno abbreviati per riguardo agli eletti (cf. Mt 24, 21-22); già si intravede uno spiraglio di luce, d’altronde, da quell’immenso Paese di cui la Madonna, quasi un secolo fa, richiese la consacrazione. Un reverendo Padre francescano che vive a Fatima è convinto che, in realtà, essa sia stata validamente effettuata nel 1984, quando papa Giovanni Paolo II, consacrando il mondo al Suo Cuore immacolato, alluse in particolare alla Russia; dato che la Vergine, parlando a Lucia, non aveva specificato la formula da usare, quell’atto dovrebbe essere stato accetto, visto che, sette anni dopo, l’impero sovietico fu sciolto proprio l’8 dicembre… Oggi è l’unica grande potenza che si stia opponendo efficacemente ai disegni massonici del nuovo “ordine” mondialista e omosessualista dominato dall’alta finanza e dagli sporchi giochi di quei Giuda che la controllano: questi ultimi, non avendo accettato il Regno universale instaurato dal loro Dio con la nascita del nuovo Israele, se ne sono costruiti uno a modo loro con la complicità dell’Avversario… ma questa si chiama apostasia.

In conclusione, in qualità di veri figli del Regno, chiediamo luce per discernere, nella misura del possibile, i piani del nostro Padre celeste. Intanto, tenendo pur conto dell’esperienza di quei popoli che da secoli fronteggiano l’ingombrante vicino, cominciamo a pregare per la santa madre Russia, quella plasmata dalla stirpe della Madre di Dio, con i suoi somigliantissimi starec e i suoi geni letterari e musicali. Prepodobneskaja Bogorodice, spasì nas!
 

sabato 14 novembre 2015


Credo la Chiesa

 
Cristo ha dotato la Chiesa di una struttura che sarebbe rimasta immutabile nella sua essenza, perché inaccessibile alle forze fluttuanti relative della città terrena. L’influenza dell’immagine mutevole della città terrena sugli uomini della Chiesa non avrebbe mai condizionato la perennità della sua essenza strutturale di Regno (padre Teodosio Maria della Croce).

Queste ispirate parole di un mistico greco fattosi cattolico, scomparso nel 1989, ci sono di grande conforto nell’ora tenebrosa che stiamo attraversando. Per quanto le sue guide, fino ai livelli più alti, possano lasciarsi influenzare dalle idee fluttuanti della città terrena, la Chiesa non può mutare né nella sua natura, che ne fa l’inizio del Regno di Dio, né nella sua struttura essenziale, invulnerabile rispetto alle forze occulte del mondo e immodificabile dalle vicissitudini della storia. È quest’anima eterna della Chiesa che noi crediamo, come si può percepire dal sussulto di vigore e di convinzione con cui un’assemblea di una dozzina di persone canta alla Messa Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam

Questo è l’oggetto della nostra fede. Non quella sedicente Chiesa povera per i poveri che spende dodici milioni di euro per riorganizzare il Governatorato della Città del Vaticano e affida la gestione delle sue finanze ad una multinazionale americana. Non quella che si accanisce contro gli unici istituti religiosi che ancora praticano una povertà reale a differenza della quasi totalità degli altri, i quali, con il pretesto del rinnovamento della vita consacrata, hanno invece tradito il Vangelo e il carisma dei fondatori. Non quella che, ritrattando l’approvazione concessa all’Ordine da un Papa venerato come santo, si giustifica con il fatto che ormai è morto. Non quella diretta da qualcuno che, assuntasi la piena responsabilità della persecuzione, ne ammette subito dopo l’origine diabolica, osservando che il demonio è molto infastidito da quei frati e suore consacrati all’Immacolata…

Se queste notizie non fossero tutte registrate e verificabili, le si dovrebbe attribuire ad una fantasia delirante; ancora una volta, invece, la realtà supera l’immaginazione. Ma come si è potuti giungere a questa situazione aberrante e a simili farneticazioni? La risposta è ben nota: a partire da uno strano concilio i cui testi problematici hanno spalancato voragini dottrinali e morali, mentre quelli ambigui hanno potuto essere interpretati altrettanto bene in un senso che in quello contrario, a seconda della precomprensione del lettore, così che ognuno vi ha trovato conferma per le sue idee e letto ciò che più gli piaceva. Lo stesso metodo, cinquant’anni dopo, è stato adottato per stilare la relazione conclusiva di un’assise di ben più modeste proporzioni, ma che una certa corrente ha considerato ideale compimento di quanto sarebbe rimasto incompiuto e disatteso del cosiddetto spirito del Concilio: un testo redatto in modo tale da potervi leggere anche quanto non vi è scritto, attribuendo ad esso, oltretutto, un’autorità di cui è completamente sprovvisto.

Noi non crediamo questa “chiesa” mondana che non fa altro che porre domande, insinuare dubbi, provocare perplessità e suscitare inquietudini senza mai dare risposte chiare e inequivocabili né fornire indicazioni precise sul da farsi, ma demonizzando al contrario chi ancora si sforza di farlo e abbandonando il gregge allo sbando programmato, inculcato con ritornelli di facile effetto buoni a ipnotizzare le masse e pure chi le guida… Noi non ci lasciamo suggestionare dallo stridulo canto, amplificato dai megafoni del sistema mediatico, di quelle sirene che, conoscendo bene i meccanismi della psiche, introiettano nel subconscio di tanti fedeli falsi ideali religiosi che, alterando la loro coscienza, li rendono refrattari alla verità e alla grazia, dirottandoli su scogli mortali.

Noi non crediamo in quel nuovo umanesimo che, dopo aver negato il primato di Dio con la scusa di difendere l’uomo, ne ha cancellato la nozione stessa nella sua mente e abolito la legge nella sua vita. Noi non crediamo in un culto orizzontale in cui i mortali esaltano sé stessi e le loro imprese terrene, dimentichi del Giudizio, dell’Inferno e del Paradiso. Noi non crediamo in una liturgia consegnata all’improvvisazione di chi ritiene di doverla “animare” e al temperamento di quanti la “presiedono”, dandole ognuno il proprio colore e trasformandola spesso in uno squallido one man show. Noi non crediamo in Pastori che puzzino di pecora anziché profumare di Cristo; che parlino solo di velleità puerili che dovrebbero aiutar la gente a stare meglio sulla terra e mai di quelle impegnative vie di santità che portano in cielo; che valutino i loro sacerdoti in base all’ideologia dominante piuttosto che sulla sanità della dottrina e della condotta morale; che vedano e condannino soltanto i peccati di natura socio-economica, avallando quelli contro la vita e la famiglia…

Le condizioni di questa “chiesa” rivoluzionaria e libertadora sono ormai irrecuperabili; inutile farsi pie illusioni: non c’è più niente da fare nemmeno per il buon Dio, dato che la grazia suppone la natura e quest’ultima gli si ribella con ottusa pertinacia, deformata e irretita com’è dalle menzogne dei novatori. L’unica via percorribile è formare insieme piccole oasi di fede e di grazia in cui la vera Chiesa possa sopravvivere come nelle catacombe, in attesa di poter rifiorire una volta passata la bufera. Smettiamo di frequentare luoghi infetti di eresie, scandali e abusi; se le denunce  all’autorità competente cadono nel vuoto, nessuno può impedirci di andare altrove, dove la verità rivelata non sia ignorata o presentata come un groviglio di norme e dottrine complicate che ossessionano i giusti ed escludono i peccatori; dove la santa Messa sia celebrata da Cristo attraverso un sacerdote che si faccia il più possibile umile per far trasparire Lui; dove la carità non sia un’illusione velleitaria di impossibili cambiamenti planetari, ma la sorgente nascosta di ogni più piccola azione, che le conferisce un valore soprannaturale ed eterno.

Credo la Chiesa… quella di Cristo, come Lui l’ha pensata, voluta e fondata, non come la vuole o la preferisce un semplice uomo che dovrebbe rappresentarlo, anziché demolire la Sua opera con idee da rivoluzione francese e da teologia della liberazione. Credo la Chiesa quale ospedale in cui i malati vengono curati e guariti, non illusi di non esserlo più con la morfina di una falsa misericordia. Credo la Chiesa quale corpo unificato e mosso dalla grazia, non da un “dialogo” senza criteri e senza obiettivi; un corpo certo ferito e sporcato dai peccati dei suoi membri (che possono sempre essere cancellati in caso di pentimento), ma non paralizzato dalla connivenza con il peccato stesso (alla quale non c’è rimedio). Credo la Chiesa quale ovile protetto dal recinto di verità e giustizia che il suo Signore le ha eretto intorno, non quale bivacco promiscuo, esposto a tutte le intemperie, da cui le pecore sono mandate allo sbaraglio, prive di guida e di orientamento.

Credo la Chiesa. Quella che sant’Ambrogio vede profeticamente e tipologicamente rappresentata dalla prostituta di Gerico che, grazie alla sua fede operosa nel Dio di Israele, viene incorporata nel popolo eletto e così salvata con tutta la sua famiglia (cf. Gs, 3; Eb 11, 31; Gc 2, 25): è la Chiesa composta di quei pagani che, con la loro conversione a Cristo, sono stati innestati sull’Israele di Dio e, mediante la grazia del Battesimo, resi di nuovo vergini per formare la Sua Sposa. Essa – come osserva sant’Agostino – deve sopportare nel suo seno la zizzania seminata dal nemico, cioè i falsi cristiani di cui il Padrone del campo attende il ravvedimento fino alla mietitura; quel giorno, infatti, essa sarà separata dal frumento per essere legata in fasci e bruciata nel fuoco eterno (cf. Mt 13, 24-30.36-43). Che la nostra fedeltà al Signore ne strappi coloro che rischiano di finirci per esser tornati a rotolarsi nel fango dopo essere stati lavati (cf. 2 Pt 2, 22).

Credo la Chiesa.
 

sabato 7 novembre 2015


Casta meretrix


Casta perché continuamente purificata e santificata dalla grazia dello Sposo celeste; meretrice perché composta di peccatori (convertiti dalla Sua parola e rigenerati dal Suo sacrificio) che ancora possono tornare a peccare o sono in via di progressiva correzione (non perché la Legge divina sia un remoto ideale da raggiungere e la sua applicazione graduale o variabile a seconda delle persone, ma perché la condizione soggettiva del peccatore gli impone una lunga lotta con gli effetti dei suoi peccati). Casta perché promessa qual vergine ad un unico Uomo (cf. 2 Cor 11, 2); meretrice perché sempre tentata – nelle sue guide come nei suoi membri – di scendere a patti col mondo, sposandone le idee fasulle e condividendone i nefasti obiettivi. Casta perché conserva incontaminata la sua fede, con cui rigenera i popoli alla vita del cielo; meretrice perché ripetutamente minacciata da errori ed eresie che non avrebbero corso se non fossero accolti da una parte di essa. Casta per i religiosi e le suore che perseguono la santità; meretrice per i sodomiti travestiti da frati e per gli alti prelati che li proteggono, perseguitando in pari tempo i primi sulla base di volgari calunnie.

È questo lato fragile della Chiesa terrena che può cedere alla tentazione di prostituirsi, non l’altro. È la malizia o debolezza umana dei suoi membri che, sul piano storico, possono macchiare la Sposa, non certo il tesoro soprannaturale che porta in sé – e senza il quale si sarebbe da lungo tempo estinta. È la cosiddetta apertura al mondo che, nell’ultimo mezzo secolo, l’ha fatta in buona parte deviare dal retto sentiero della verità eterna che possiede, spingendola a vivere come se non la possedesse affatto e provocando un oblio quasi generalizzato del suo fine ultramondano. Si “crede” e si va in chiesa perché aiuta a stare meglio; ci si ritiene “cristiani” perché si ammette l’omosessualità e ci si dichiara tolleranti con tutti; ci si considera “buoni” perché si versa una lacrimuccia per gli immigrati (quando affogano) e si dà di tanto in tanto un’oretta alla mensa dei poveri (quando scappa). Si pensa di essere dei “consacrati” perché ci si riempie la bocca di discorsi astratti che nascondono una vita da atei che si danno l’aria di impegnarsi nel sociale…

Etsi Deus non daretur: se Dio non esistesse, non cambierebbe assolutamente nulla per questa gente. Strano questo “cristianesimo”! Come può resistere alle seduzioni di questo mondo perverso dominato dal diavolo, che oltretutto paga ben poco le prestazioni di chi ad esso si vende? Come incolpare, d’altronde, quelle pecorelle sbandate che i loro stessi pastori hanno fuorviato? Come non compatirle, se il loro capo persiste a far telefonate a chi regolarmente sbatte in prima pagina i contenuti della loro privata conversazione? Se non ha fatto le affermazioni che gli sono attribuite, perché non le smentisce e non smette una buona volta di esporsi a questi equivoci? Astenersi da doverose precisazioni significa avallarli o farsene comunque corresponsabili. E se le ha fatte davvero, quelle affermazioni? Non c’è forse una Parola eterna a cui egli per primo è tenuto ad obbedire?

Ma no, ripeteranno i normalisti: è stato interpretato male. Leggete il discorso di chiusura del Sinodo: è un testo ufficiale, non un resoconto giornalistico. Un manifesto del relativismo più assoluto, che solo alle orecchie dei fessi può camuffarsi sotto termini fumosi come sinodalità, inculturazione, decentralizzazione… Chi abbia un minimo di acume intellettuale e conservi un barlume di fede cattolica non può non cogliere l’andamento volutamente ondivago, indefinito, inafferrabile di tutti i pronunciamenti pontifici. Il Magistero serve a chiarire ciò che non è chiaro, non deve aver bisogno di ulteriori chiarimenti; serve a indirizzare i fedeli in una direzione ben precisa, non a confonder loro le già confuse idee; serve a mostrare loro le trappole in cui potrebbero cadere, non a buttarceli dentro. A che serve un “magistero” che parla soltanto di terra, problemi sociali e salvaguardia della natura, mai di responsabilità morale, conversione interiore e cammino di santificazione?

Questo livellamento al suolo è altresì evidente nell’esercizio del governo universale della Chiesa; basti pensare alla tanto acclamata “riforma” della Curia. Gli unici ambiti in cui finora è intervenuta una decisione effettiva sono… l’economia e la comunicazione. Due gangli vitali, indubbiamente, se si trattasse di una multinazionale: unificarne la gestione è altamente funzionale all’efficienza di una società piramidale. Peccato che la Chiesa non sia questo – a meno che al suo interno non sia nato un corpo estraneo che con le sue metastasi ne abbia invaso le strutture terrene allo scopo, se mai possibile, di assimilarla a sé. Così ora le finanze vaticane sono controllate da banchieri ebrei, come prelato dello I.O.R. c’è un notorio omosessuale e – ciliegina sulla torta – una rampante donnetta di malaffare, nominata dal Pontefice (non si sa per quali specifiche competenze) nella commissione economica di studio e orientamento ha sottratto e divulgato documenti riservati, poi pubblicati dallo stesso giornalista che provocò la bufera intorno a Benedetto XVI. Ovviamente, lo fanno per difendere il povero Francesco dai lupi che si oppongono alla sua provvidenziale riforma…

Quand’anche lo scopo perseguito da simili individui sembrasse loro sinceramente buono, non potrebbe mai giustificare atti gravemente illeciti; ma questa semplice costatazione è algebra per chi è ormai assuefatto alla melassa buonista e all’imperante indifferentismo morale. In ogni caso, tutta la storia sa fin troppo di manovra orchestrata a bella posta per ridare fiato a una popolarità in declino. Non tutti – grazie a Dio – sono stupidi o si sono lasciati istupidire; non tutti hanno un televisore al posto della testa; non tutti pendon dalle labbra dei vaticanisti prezzolati. Resta il fatto che la massa, non credendo più in niente, è plagiata dai megafoni del mondo e incantata dagli assillanti ritornelli, seppure sgraziati, dei pedanti pappagalli ecclesiastici. Come faranno ormai a capire che una convivenza irregolare è sempre peccato grave davanti a Dio?… che una comunione in quello stato è un sacrilegio che li sprofonda un po’ di più all’inferno?… che un’eventuale assoluzione del prete, nella loro condizione, non ha il minimo valore?

Molti miei confratelli mi accuserebbero di essere un integralista chiuso e retrogrado. Da quanto mi riferiscono i lettori, il tenore di moltissime omelie è perfettamente in linea con il nuovo corso clerical-giacobino; per loro andare in chiesa, di conseguenza, è diventato una vera tortura. Coraggio: è soltanto il Signore che può giudicarci, e la testimonianza della nostra coscienza ci assicura che siamo nella Sua verità. Certo, sarà sempre Lui a giudicare anche la coscienza degli altri; Egli sa quante buone intenzioni non sono altrettanto rette per carenza di discernimento morale, della quale si può essere responsabili in misura variabile. Non invidio affatto, in ogni caso, la situazione di chi finisce col prostituirsi al mondo pensando di far bene – anche perché, come dimostrano i fatti, questa sventura ha consistenti ricadute sulla vita personale. In questi tempi di ribaltamento, tocca spesso ai fedeli laici strappare dal fuoco i ministri malati nell’anima, nella condotta o nell’intelletto (almeno quelli che accettano). È una bellissima missione, quanto mai necessaria: molto difficile, ma non impossibile a chi ha la fede.