Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

domenica 27 dicembre 2015


Dopo tre giorni lo ritrovarono


Figlio, perché ci hai fatto così? (Lc 2, 48).
Gioia e dolore si intrecciano inestricabili nel Cuore immacolato di Maria. Il Figlio dell’Altissimo, da Lei partorito nella natura umana, viene al mondo in un ricovero di bestie da soma, poiché per Lui non c’è altro posto (cf. Lc 2, 7). Portato al Tempio per esservi circonciso e offerto al Padre, viene profeticamente indicato come oggetto di rifiuto e di opposizione, al punto che l’anima della Madre ne sarà trafitta come il costato di Lui lo sarà dalla lancia del soldato romano (cf. Lc 2, 34-35; Gv 19, 34). Condotto per la prima volta in pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua ebraica, vi sparisce per tre giorni, come a significare la durata della sepoltura e ad annunciare il nuovo e definitivo Passaggio (cf. Lc 2, 46; 9, 22). Ritrovato fra i dottori della Legge, dichiara di dover stare in ciò che appartiene a Colui del quale è Figlio (cf. Lc 2, 49).
Sapeva bene chi era il Suo vero padre, il Fanciullo nato per ottenergli innumerevoli figli rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo (cf. Gv 3, 5) e diventare così primogenito di una moltitudine di fratelli (cf. Rm 8, 29). È il Verbo creatore che si è fatto carne per far rinascere da Dio tutti coloro che Lo accolgono, i quali sono molto più numerosi di quelli che Lo rifiutano. Se il mondo, che pure è stato fatto per mezzo di Lui, non Lo riconosce e i Suoi, che pure formavano la Sua eredità, non L’hanno ricevuto (cf. Gv 1, 3.10-14), non si è arrestato il disegno della misericordia paterna. Il Messia avrebbe pagato l’insolvibile debito di giustizia contratto dall’umanità peccatrice scontando al posto dei colpevoli la pena da loro meritata, onde sollevarne chi avrebbe acconsentito con fede operosa a questa inestimabile grazia per essere liberato dall’Inferno.
«Figlio, perché ci hai fatto così?»… La domanda della Vergine Madre avrebbe manifestato una portata ben più vasta e dolorosa, ma avrebbe pure avuto una risposta infinitamente al di là delle più alte aspirazioni umane. La redenzione dell’uomo e la sua elevazione alla vita divina erano state certo oscuramente profetizzate con l’annuncio della nuova ed eterna alleanza (cf. Ger 31, 31; Ez 37, 26), ma solo lo Spirito Santo, che La aveva inabitata fin dal concepimento, poteva svelarle, nel Suo incessante meditare le cose custodite nel cuore (cf. Lc 2, 19.51), il senso e il valore di ciò che il Figlio avrebbe patito in indissolubile unione con Lei. Incarnazione redentrice: la bella Agnella ha generato l’Agnello che deve essere ucciso, secondo la stupenda espressione di Melitone di Sardi, vescovo in Asia Minore nel II secolo, ripresa poi dalla liturgia bizantina.
Agnello di Dio – ti domandiamo però a nostra volta –, perché ci hai fatto così? Perché Ti sei nascosto agli occhi di chi crede sinceramente in Te e cerca ansiosamente i segni della Tua presenza, in questo mondo tenebroso che si inebria di peccato facendo festa per la Tua nascita, ma non per Te? Perché non c’è posto per Te nemmeno in questo popolo, un giorno a Te appartenuto, che occulta i segni della fede per non urtare chi con arroganza Ti nega finanche sul nostro suolo, reso sacro dal martirio dei Tuoi Apostoli e da stuoli di Santi che Ti hanno dato gloria? Perché ci hai dato Pastori che, anziché difendere il gregge dai lupi, alzano bandiera bianca e si inchinano ai Tuoi avversari? Perché ci hai fatto così? Perché ci hai fatto così?… Sì, Agnello dominatore del mondo, riconosciamo la nostra tiepidezza, la nostra codardia, la nostra imbelle e tutt’altro che santa rassegnazione… Nonostante la follia dilaghi da cinquant’anni nella società e nella Chiesa, non abbiamo difeso la verità come avremmo potuto e dovuto né Ti abbiamo dato l’onore che Ti spetta, finché la situazione non è precipitata…
Forse vuoi proprio che Ti cerchiamo con rinnovato ardore per meritare di nuovo di trovarti là dove sei veramente – nella casa del Padre Tuo – piuttosto che là dove i Tuoi rappresentanti vorrebbero farti trovare da noi – nella casa dei Tuoi nemici. Forse vuoi spronarci, con questa apparente assenza, a praticare quelle virtù evangeliche che, sulla bocca di tanti Tuoi ministri, non sono più che vuote parole e triti ritornelli continuamente smentiti dai fatti o che, nelle loro attività, non sono altro che impegno sociale e umanitario. Forse vuoi che professiamo la Tua verità senza falsi riguardi per chi non crede in Te, ma solo in Te può trovare salvezza dalla sua violenza o dal suo nichilismo. Forse aspetti che ritroviamo la gioia e la fierezza di dichiararci cristiani ovunque e di fronte a chiunque, costi quel che costi. Forse ci stai costringendo a ridiventare Tuoi veri discepoli, ritti ai piedi della Croce con Maria, Tua e nostra comune Madre.

Forse vuoi che Ti stringiamo con fede retta e nuda là dove pur sei realmente, in quel Pane del cielo che possiamo ancora adorare e di cui ancora possiamo nutrirci. Tu sei nato a Betlemme, Casa del pane, proprio per essere nostro cibo di vita imperitura. Non mancheranno mai sacerdoti che lo consacrino sull’altare o – quando non fosse più possibile – anche in segreto, come nelle catacombe, nei boschi della Vandea o nelle cantine russe e messicane. Non mancheranno mai eroici fedeli che resistano impavidi ai tribunali del popolo e ai linciaggi mediatici. Non mancheranno mai anime che, a testimonianza profetica del mondo a venire, si consacrino a Te per puro amore e vivano, per Tua grazia, effettivamente caste, povere e obbedienti. Non mancherà mai la luce del santo Vangelo e della perenne Tradizione a chi vuol vederla e lasciarsene guidare. Non mancherà mai il fuoco dello Spirito Santo a chi purifica il cuore e la mente da ciò che Lo contrista e Lo scaccia. Puoi ben nasconderti agli occhi del nostro cuore, ma sappiamo fin troppo bene che non mancherai mai alle anime che ti amano e corrono al profumo della Tua unzione. Quand’anche un giorno durasse un anno, alla fine Ti farai ritrovare.

sabato 19 dicembre 2015


Benedetto chi crede


Beata colei che ha creduto che quanto a lei detto da parte del Signore avrà compimento (Lc 1, 45).

Sì, beata l’anima che dà credito a ciò che Dio le comunica nella Rivelazione trasmessaci dalla santa Chiesa mediante la Sacra Scrittura e la Tradizione, fedelmente interpretate dal Magistero autentico, che è immutabile e perennemente valido. Beata l’anima che sulla roccia di quelle divine parole edifica la propria casa conformando ad esse le sue scelte e i suoi comportamenti; essa resisterà a tutte le tempeste e i cataclismi che stanno per abbattersi sull’umanità disobbediente (cf. Mt 7, 24-25). Beata l’anima che si rispecchia continuamente nell’Ancella del Signore ripetendo in ogni circostanza, lieta o avversa: «Ecce ancilla Domini: fiat, fiat, fiat mihi secundum verbum tuum!» (Lc 1, 38). Beata l’anima che, libera dalle zavorre dell’orgoglio e degli attaccamenti carnali, resa leggera dall’umiltà, dalla carità e dalla fiducia, mette le ali ai piedi e vola come Lei a portare a chi Lo attende quel Gesù che in essa vive e che da essa irradia il Suo Spirito di gioia e di pace.

È di tali anime che è composta la Chiesa viva, quella che conosce, ama e serve il Dio uno e trino, che nella Persona del Figlio si è incarnato per nascere come uomo, portarci la luce vivendo fra noi e rigenerarci alla Sua vita divina con la Sua morte e risurrezione. Questa Chiesa, ad immagine della Vergine Madre, è santa e immacolata non perché senza peccatori, ma perché esente da peccato nella sua essenza. I peccati che commettiamo non le appartengono, ma sono totalmente roba nostra, di cui dobbiamo sbarazzarci nel modo più rapido e completo possibile perché nulla di noi le resti estraneo e, di conseguenza, sia esterno a Cristo. Chi è in peccato mortale non può esserne membro vivo: essa è il Corpo di Cristo, e non può esserci alcun rapporto tra la giustizia e l’iniquità, tra la luce e le tenebre, tra Cristo e Beliar (cf. 2 Cor 6, 14-15).

Abbiamo dunque bisogno di Pastori che, quali profeti coraggiosi, annuncino a tutti il vero Vangelo e mostrino agli uomini i loro peccati perché possano abbandonarli ed essere salvati; ma «non ci sono più profeti e fra di noi nessuno sa fino a quando…» (Sal 73, 9). Anzi, dopo aver svuotato la fede cristiana e reso irrilevante l’appartenenza alla Chiesa, ora i sedicenti Pastori si lambiccano perplessi domandandosi come mai nessuno creda più in niente né si senta vincolato dalla Legge divina. Visto che perfino gli psicologi e i sociologi cui da decenni si affidano hanno esaurito le loro ricette rigorosamente atee, hanno pensato bene di indire una grande svendita di fine stagione per regalare in offerta speciale il perdono di Dio a chi non si considera colpevole di nulla, mettendo ai saldi quella misericordia di cui, in fin dei conti, non c’è più bisogno.

Non ti curar di lor, ma guarda e passa… Fissa lo sguardo su Maria, guarda la Stella; come Lei, credi e obbedisci. Tappa le orecchie alle stucchevoli voci di tanti pseudobiblisti, pseudoteologi e pseudopastori che, come un vecchio e rigato disco in vinile, sembrano essersi inceppati e ripetono invariabilmente gli stessi ritornelli. Ricrea in te stesso il silenzio abissale del Suo Cuore immacolato, in cui il Verbo divino risuonò sovrano per esservi concepito nello spirito prima ancora che nel grembo. Accogli in te la Parola che non passa, perché, prendendo carne dalla tua carne, possa essere vista, udita e toccata da coloro che ti incontrano: è il Verbo della vita, che era fin dal principio ed è venuto ad abitare fra noi (cf. Gv 1,1.14; 1 Gv 1,1). Ricevilo da Maria e sussulta di gioia per la grazia dello Spirito Santo, che da Lei si irradia e inabita anche te: làsciati introdurre da Lei nel meraviglioso mondo di quel Dio-Amore di cui è figlia, sposa e madre.

«Gesù, che si trovava nell’utero di Lei, aveva fretta di santificare Giovanni ancora posto nel ventre della madre. Quindi, prima che Maria arrivasse e salutasse Elisabetta, non esultò il bambino nel grembo; ma non appena Maria ebbe pronunciato la parola che il Figlio di Dio nel ventre della madre le aveva suggerito, il bambino esultò di gioia e allora, per la prima volta, Gesù rese profeta il Suo precursore». Così Origene; e sant’Ambrogio: «Subito si manifestano i benefici dell’arrivo di Maria e della presenza del Signore […]. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni sentì per primo la grazia: lei udì nell’ordine della natura, lui esultò a motivo del mistero; lei sentì l’arrivo di Maria, lui quello del Signore, la donna l’arrivo della donna e il bambino l’arrivo del bambino. Esse esprimono la grazia, essi la operano all’interno e avviano il mistero della pietà a vantaggio delle madri, le quali, per un duplice miracolo, profetizzano con lo Spirito dei piccoli».

Se vuoi udire la voce di Maria e sentire la presenza di Gesù, onde esultare come Giovanni Battista per l’azione dello Spirito Santo, rinchiuditi nel grembo della Chiesa – quella di sempre – e persegui quella dotta ignoranza che rese sapiente san Benedetto, scienter nescius et sapienter indoctus. Non ingolfarti di notizie e discussioni sulle vicende del mondo e sui misfatti dei traditori di Cristo; cerca di sapere quanto basta per esserne avvisato e poterti difendere, ma non lasciarti avvelenare da ciò che, pur detestandolo, rischi di assorbire insensibilmente. Come la Vergine santa, riempi le tue viscere della divina Parola; gustala interiormente, ripetendola spesso, per assimilarla quale vero cibo dell’anima, fatta ad immagine del Verbo. Così, a lungo andare, potrai restituirla nel tuo parlare da Lui trasformato in parola di vita, proprio come il Pane del cielo, con i tuoi sforzi di santificazione, ti trasmuta a poco a poco in se stesso e ti cristifica. Beata, beata l’anima che crede al compimento di quanto il Signore in essa dice e realizza per renderla Sua figlia, sposa e madre: «Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi; nel tabernacolo della fede della Chiesa dimorerà fino alla consumazione del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele nei secoli dei secoli» (beato Isacco della Stella). Amen.

sabato 12 dicembre 2015


Fate frutti degni della conversione


Razza di vipere, chi vi ha suggerito di sfuggire all’ira imminente? (Lc 3, 7).

La “nuova Chiesa” che ha riscoperto la Parola ha rigorosamente omesso questo versetto nella sua nuova Liturgia, trasformata da sacrificio in culto protestante incentrato sul sermone. Come già Lutero aveva escluso dal suo canone biblico alcuni libri dell’Antico Testamento e guardato con sospetto quelli del Nuovo che smentivano le sue tesi eretiche, così i suoi criptodiscepoli di oggi usano espungere dal santo Vangelo ciò che non fa comodo alle loro teorie. Il cristiano moderno, postosi al di sopra del Verbo divino, lo giudica con sufficiente arroganza in base alle sue intoccabili idee. Quando è più istruito, cestina certi passi del testo sacro attribuendoli all’autore umano; quando lo è meno, sentenzia senza appello che il Dio che vi parla è ingiusto o cattivo…

L’ira di cui parla la Bibbia, ben diversa dall’ira del peccatore, è la giusta retribuzione per chi ha calpestato l’impensabile amore del Padre e trascurato la salvezza immeritata che la Sua inaudita misericordia gli ha concesso in Suo Figlio incarnato, crocifisso e risorto per lui. Non si tratta però di un mutevole atteggiamento da parte di Dio, come se potesse rabbuiarsi all’improvviso o guardare benevolo i giusti e corrucciato i reprobi. Siamo tutti peccatori in via di conversione, oppure, se la Provvidenza ci ha preservato da peccati gravi, persone a cui è stata riservata una grazia speciale, a beneficio loro e di tanti altri. Anche nell’eternità Dio sarà lo stesso per i beati come per i dannati, ma – ci insegna san Leone Magno – «ciò che sarà letizia per le anime pure, sarà pena per quelle macchiate» (che a causa del loro rifiuto, ormai definitivo, percepiranno soggettivamente l’amore come causa di tormento anziché di beatitudine).

Rimbocchiamoci dunque le maniche, perché al momento del Giudizio (particolare e universale) non servirà a nulla reclamarsi cattolici di nome: bisognerà dimostrare di esserlo stati di fatto. A questo fine, dobbiamo vivere in ogni momento come se fossimo sul punto di rendere conto della nostra vita e di ogni singolo atto, pensiero e parola: «Già la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta frutto buono è tagliato e gettato nel fuoco» (Lc 3, 9). Anticipa oggi il tuo giudizio e non avrai nulla da temere quel giorno; accetta ora spontaneamente la sentenza che i Comandamenti emettono sui tuoi comportamenti e non dovrai subirla al momento della morte; giùdicati subito da te stesso per non essere condannato allora. Non renderti nemico il tuo Salvatore, mentre sei per via con Lui, perché non debba trasformarsi nel tuo Giudice (cf. Mt 5, 25-26). Egli userà lo strumento che ha già in mano per ventilare il grano e purificare la Sua aia, quella su cui deve sorgere il nuovo Tempio della Sua gloria perché cessino i flagelli (cf. Lc 3, 17; 2 Sam 24, 16-25).

Gli apostati, al contrario, stanno profanando anche i luoghi consacrati, a cominciare da uno dei più cari alla cristianità, noncuranti dei sentimenti dei fedeli e sensibili unicamente ai soldi dei massoni che governano il mondo e, ora, dominano anche l’apparato terreno della Chiesa nell’intento di porlo al servizio di una religione neo-pagana, un grottesco culto della natura dietro il quale si nasconde l’adorazione della Bestia. Ci manca solo che si manifesti l’Anticristo; tutto è pronto, anche gli stuoli osannanti di pseudocattolici plagiati dai mass-media e incantati dal falso profeta fino al punto di reagire violentemente non appena qualcuno osi proferir parola che non ripeta pappagallescamente i suoi versi, ma ribadisca semplicemente la dottrina cattolica (quella che Gesù ha sancito con la morte di croce e tantissimi cristiani dimenticati, proprio in questo momento, attestano con il proprio eroico martirio, eseguito con crudeltà disumane in un orrore indescrivibile).

Ma tu, fratello mio, sorella mia, non appartieni a quella squallida struttura di potere; finché ti mantieni in stato di grazia, sei un membro vivo del Corpo di Cristo, che con tutti gli altri forma la Sposa da Lui infinitamente amata. Allora non soffermare lo sguardo sulla caotica fiera della falsa misericordia, ma raccogliti in te stesso per prepararti ad accogliere il Messia. Ascolta la voce in cui risuona la Parola vera, che illumina ogni uomo e che ancora viene in questo mondo; ascolta san Giovanni Battista, che non ebbe timore di rimproverare nemmeno i potenti e rese credibile la sua predicazione con lo stile di vita e con la stessa morte. Sii povero di cuore e, se la tua condizione e i tuoi doveri te lo consentono, anche di fatto. Ascolta: «Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3, 11). Se hai responsabilità pubbliche, non ne approfittare a tuo vantaggio, ma mettiti al servizio del prossimo, per quanto ciò sia reso arduo da una legislazione assurda e dal malcostume diffuso. Se sei obbligato a una prestazione, non farla pesare e non vantartene, ma fanne una segreta immolazione che darà gioia agli altri e ti farà pregustare la beatitudine eterna: «Gaudete in Domino semper» (Fil 4, 4).

«Giovanni […] anche oggi grida in mezzo a noi e la sua voce, come tuono, scuote il deserto dei nostri peccati. Egli si è addormentato nella morte santa del martirio, ma la sua voce è ancora viva. […] Giovanni ci ripete oggi lo stesso grido e ci comanda di preparare la via al Signore. Questa via non è tracciata sul terreno, ma sta nella purezza della fede. Il Signore non vuole aprirsi una via sui sentieri della terra, ma nell’intimo dell’anima. Vediamo che via ha aperto al Salvatore Giovanni stesso, lui che dice a noi di preparare al Signore la strada! Egli ha disposto e diretto tutto il percorso della sua via in ordine a Cristo che veniva: lunghi digiuni, umiltà, povertà, verginità. […] Quale umiltà più grande nel Profeta che l’andar coperto di ruvido pelo, disprezzando le morbide vesti? Quale fedeltà più devota che l’esser sempre pronto, coi fianchi cinti, a rendere qualsiasi servizio? C’è astinenza più ammirevole del non tenere in nessun conto le comodità della vita accontentandosi di locuste e miele selvatico?» (san Massimo di Torino).

Certamente non elimineremo completamente la povertà né faremo cessare le guerre dalla faccia della terra; nessuno, del resto, ci ha chiesto di realizzare un’utopia. Non arresteremo di certo i cambiamenti climatici né salveremo qualche specie animale; non tocca a noi, d’altronde, riparare i danni provocati a bella posta dai poteri occulti che vogliono drasticamente ridurre la popolazione mondiale con la scusa dell’inquinamento di cui sono essi stessi responsabili, né aspiriamo a vivere per sempre su questa terra come se fosse la nostra definitiva dimora e dovessimo consacrare la nostra vita a migliorare un’abitazione provvisoria, pretendendo di mettere il Creatore al servizio della Sua opera. Ma se, con la tenerezza del cuore purissimo della Madonna, avremo fatto sorridere un bambino o riacceso lo sguardo di un anziano solo, sfamato un povero (vero) o aiutato una donna a portare a termine la sua gravidanza, il mondo non sarà più lo stesso e il Salvatore, nel Suo ultimo avvento, lo troverà migliore, Lui che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.
 

sabato 5 dicembre 2015


A tanta grazia, altrettanto zelo

 
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri (Lc 3, 4).

Dio ci guardi dal pensare di poterlo costringere a venire a noi per le nostre strade tortuose. Certo, la Provvidenza scrive diritto sulle nostre righe storte, come si ripete proverbialmente, ma solo perché, nella Sua infinita condiscendenza, non ci lascia andare in malora a causa dei nostri molteplici errori e peccati. Certo, la Sapienza divina è capace di trarre un bene persino dalle nostre colpe, ma questo non significa che le approvi o le trascuri, visto che ci fanno rischiare la dannazione eterna. Certo, la Sua misericordia è pronta a coprire qualsiasi delitto, ma non è un abbonamento gratuito e senza scadenza: essa esige infatti con urgenza un pentimento sincero e una ferma determinazione di non più peccare, dato che ignoriamo il momento in cui dovremo rendere conto della nostra vita. Il buon Pastore è sì disceso nel burrone in cui la pecorella smarrita era precipitata, ma per tirarla fuori.

Se vogliamo veramente incontrare il Giudice clemente, tocca a noi raddrizzare ciò che è storto. Se questo ci sembra impossibile, è per insufficiente fede in Lui: «Tutto è possibile a chi crede» (Mc 9, 23), con l’aiuto della grazia divina. Anche un’anima spiritualmente morta in seguito a un peccato mortale è assistita dalla grazia preveniente, senza la quale non potrebbe mai pentirsi né sperare il perdono onde poter essere ristabilita, con la Confessione, nella grazia santificante. Anche chi è caduto in fondo al baratro dei peccati più turpi e ignominiosi non deve far altro che lanciare un grido verso il Cielo con la volontà di cambiare vita, e schiere di angeli scendono a confortarlo, raccogliendo la sua preghiera per presentarla al trono dell’Altissimo, perfezionata e impreziosita dall’intercessione della Madre di Dio.

Potrebbe esserci misericordia più grande e sollecita? Il Paradiso intero si muove per la conversione di un peccatore: «C’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte…» (Lc 15, 10). Ma quest’ultimo deve necessariamente riconoscere i propri peccati e, con l’aiuto di Dio, correggersi. Non cambia nulla illuderlo che i suoi atti non siano poi così deprecabili o che siano meno gravi di altri, come se un ammalato potesse consolarsi per il fatto che sta morendo di epatite piuttosto che di leucemia… Perdere la vita dell’anima per un’ingiustizia sociale non è più grave che perderla per un peccato sessuale; l’impurità contro natura grida vendetta verso Dio tanto quanto frodare il salario agli operai. La crescita della carità, oltretutto, è impossibile soltanto in un settore e non in un altro; le diverse virtù, a cominciare dalla castità, devono crescere di pari passo.

«Quelli che vogliono conoscere la via del Signore cominciano anzitutto con l’abiurare l’errore profano e inveterato; altrimenti non avrebbe senso in noi la ricerca del meglio senza la rinuncia al passato. E chi era il maestro dei popoli? Chi li condusse alla conoscenza della verità e li persuase a considerare ridicole le loro credenze precedenti e ad abbracciare la fede nuova? Non era forse Dio? Egli illuminò le menti e i cuori e li condusse a dire e a credere: “Da Sion esce la legge e da Gerusalemme la parola del Signore” (cf. Is 2, 3). […] Dio, Re e Signore dell’universo, giudicherà le genti, cioè eserciterà la giustizia e il giudizio su tutti i popoli. È prevalsa l’ingiustizia, perché i popoli si distruggono a vicenda, introducendo ogni genere di ferocia e di dissolutezza. Tolte di mezzo queste cose, Dio dona la giustizia e la rettitudine».

Una vera conversione presuppone la conoscenza della verità e la sua incondizionata accoglienza, che a sua volta richiede l’abbandono dell’errore per adesione alla Legge divina. Quanti battezzati, per ignoranza di essa, sono regrediti in ridicole credenze o hanno abbracciato dottrine aberranti? La misericordia nei loro confronti impone quindi ai Pastori di istruirli in proposito, in modo che possano rendersi conto di aver preso la strada sbagliata e invertire la rotta. Per fare questo, non si può aspettare che ogni uomo al mondo abbia da mangiare e da coprirsi; così non cambierà mai nulla, anche perché il Signore – come appena ricordatoci da san Cirillo Alessandrino – concede giustizia e rettitudine a chi si decide a togliere di mezzo ferocia e dissolutezza. È la dignità stessa dell’uomo, creatura cosciente e libera, che esige questo da lui.

Chi invece lo giustifica come un essere, tutto sommato, incapace di ragionare e di volere lo riduce, di fatto, a un minus habens. Chi abbassa la salvezza – che, secondo la promessa profetica, ogni uomo vedrà (cf. Lc 3, 6) – a lavoro per tutti e armonia fra religioni tradisce Colui che per quella salvezza ha patito la morte di croce. È a Lui che bisogna spianare la strada nei cuori degli uomini, aiutandoli a raddrizzare i sentieri che stanno percorrendo, a riempire i burroni in cui spesso è franata la loro vita e ad abbassare i monti della loro presunzione. Certo, è un’impresa impegnativa; è molto più facile dispensare pacche sulle spalle e consolazioni fasulle. Ci si può perfino far odiare, specie se si urtano le orecchie dei potenti; san Giovanni Battista ci rimise la testa, ma la Parola di Dio, che, scesa su di lui, fu da lui annunciata senza rispetto umano, non rimase senza frutto: come era stato predetto dall’Angelo (cf. Lc 1, 17), grazie a lui il Messia trovò un popolo ben disposto che, mediante le Sue sofferenze redentrici, diventò la Chiesa.

In Colei che Lo concepì per opera dello Spirito Santo, il Figlio di Dio non trovò nulla da correggere: in Lei si aprì, per incarnarsi, una strada assolutamente diritta e piana. Fu così per una grazia del tutto singolare che La preservò dal peccato originale in vista dei meriti di Colui che avrebbe messo al mondo perché potesse redimere anche Lei; ma fu così anche perché Lei stessa corrispose sempre, in modo indefettibile, all’amore inconcepibile che il Padre aveva riversato su di Lei fin dal primo istante della Sua esistenza. Chiediamole di insegnarci a cooperare con la grazia per raddrizzare ciò che in noi è storto, così da poter offrire al Salvatore una via su cui possa raggiungere il nostro cuore e la nostra vita con soavità e dolcezza, prima di essere costretto a rimproverarci, nell’ultimo giorno, l’indifferenza e la chiusura all’impagabile misericordia con la quale ha dischiuso ai peccatori quella dimora gloriosa in cui vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.
 

sabato 28 novembre 2015


A testa alta per umiltà

 
Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21, 28).

Non è un’ossessione di chi parla, ma la convinzione di un autorevole prelato che ha pagato cara la sua parrhesía: stiamo attraversando una prova apocalittica. Più e più volte, nella storia cristiana, cataclismi naturali e pubblici sconvolgimenti sono stati interpretati come segni della fine imminente; ma l’uomo non era ancora in grado di provocare terremoti e maremoti bombardando la ionosfera con onde elettromagnetiche ad altissima intensità che, riflesse verso il suolo, sviluppassero una potenza devastante, né di fabbricare armi nucleari, chimiche e batteriologiche che, messe in mano a fanatici indemoniati, diventassero un incubo per i popoli del mondo. Più e più volte il dilagare della peste aveva decimato interi Paesi, ma non virus militari creati in laboratorio. Più e più volte conflitti sanguinosi avevano falciato le nuove generazioni, ma mai questo era successo, in una non dichiarata guerra planetaria, negli ospedali pubblici e a spese dei cittadini. Più e più volte i cristiani hanno subìto persecuzioni spaventose, ma i massacri indiscriminati e l’odio pubblico contro la loro fede non avevano raggiunto gli inauditi livelli di oggi.

Forse non vediamo ancora i segni celesti preannunciati da Gesù, ma le manipolazioni climatiche stanno stravolgendo le stagioni e i fenomeni atmosferici, provocando tempeste e uragani di forza mai vista. Forse non siamo ancora in angoscia per il fragore del mare e dei flutti, ma un grosso meteorite potrebbe piombare sulla terra sollevando gli oceani e provocando rovesci torrenziali come al tempo del diluvio. Forse l’ordine del cielo non è ancora sconvolto, ma quello della terra è messo a dura prova; gli angeli stanno saldi ai loro posti, ma gli uomini non sanno più chi sono né che cosa fanno, confusi nella loro stessa identità di genere e incapaci di custodire i vincoli più sacri. La verità divina è in sé immutabile, ma chi la dovrebbe trasmettere la adultera, svuotandola, nelle menti di chi lo ascolta. La dignità della creatura libera, cosciente e responsabile è intangibile in se stessa, ma chi infantilizza le masse, di fatto, gliela toglie. Dopo un’alluvione si può spalare il fango e ricostruire gli edifici, ma rimuovere quello che copre i cuori e restaurare le anime dopo l’inondazione di peccati che risulta da tutto questo… sarà molto più arduo.

Pessimismo radicale? Catastrofismo ottuso? No, è solo uno sguardo realistico sulla realtà odierna alla luce di quelle parole che non passeranno mai, a differenza di cielo e terra. Quelle medesime parole ci invitano paradossalmente ad alzare la testa, quando cominceremo a veder accadere queste cose: sarà segno che il Regno di Dio – e la conseguente liberazione di chi lo attende con sincerità operosa – è alle porte. «In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto» (Lc 21, 32). La generazione a cui Gesù parlava lo vide avverarsi nella distruzione del Tempio, che segnò la fine di un’epoca. Ogni generazione – ci ammonisce sant’Efrem Siro – deve altresì considerarsi quella indicata dal Signore perché la profezia potrebbe adempiersi nel suo tempo. Ma la nostra generazione, indubbiamente, ha speciali motivi per candidarsi. Suona più che mai opportuna e urgente, di conseguenza, l’esortazione di san Bernardo:

«Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso per la seconda. “È giunto infatti il momento”, fratelli, “in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio” (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte di coloro che, attualmente, rifiutano questo giudizio? Chi infatti si sottrae al giudizio presente, in cui il principe di questo mondo viene cacciato fuori, aspetti, o piuttosto tema il Giudice futuro, dal quale sarà cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo già ora ad un giusto giudizio, siamo sicuri e “aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso” (Fil 3, 20-21). “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Mt 13, 43). Il Salvatore trasfigurerà con la Sua venuta il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso solo se già prima troverà rinnovato e conformato nell’umiltà al Suo il nostro cuore. Per questo dice: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29)».

Il santo Dottore distingue a questo punto tra due specie di umiltà: quella di conoscenza, che ci fa riconoscere il nostro nulla, e quella di volontà, che ci fa rifuggire i vani successi del mondo (i quali non procurano altro che quegli affanni e dissipazioni di cui dobbiamo guardarci dall’appesantirci). La seconda si impara imitando Colui che, pur essendo Dio, esinanì Se stesso assumendo la forma di servo (cf. Fil 2, 6-7) e che, sottrattosi alla folla che voleva farlo re, si presentò spontaneamente a quelli che lo avrebbero crocifisso (cf. Gv 6, 14-15; 18, 3-4). La prima – possiamo soggiungere – non possiamo impararla da Lui, nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9); allora, oltre che negativamente, cioè dal limite della nostra debolezza e delle nostre cadute, apprendiamola anche in positivo dal purissimo cuore di Colei che, riconoscendo davanti a Dio la propria povertà di creatura, meritò di diventarne Madre. Solo così quel giorno terribile, piuttosto che abbattersi su di noi come un laccio, ci troverà pronti ad entrare nel Regno eterno di Colui che tra poco, sotto il velo del pane e del vino, si donerà a noi come soprasostanziale cibo del cammino e fin d’ora regna con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 

sabato 21 novembre 2015


Delirio e castigo


Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte; provami al fuoco, non troverai malizia. La mia bocca non si è resa colpevole, secondo l’agire degli uomini; seguendo la parola delle Tue labbra, ho evitato i sentieri del violento. Sulle Tue vie tieni saldi i miei passi e i miei piedi non vacilleranno (Sal 17 [16], 3-5).

Il quotidiano delirio cui stiamo assistendo nella Chiesa ad opera delle sue guide, dal vertice in giù, non solo sta esasperando il nostro cuore credente, continuamente scosso nelle sue certezze più sacre, ma rischia pure di insinuare subdolamente in esso sentimenti meno buoni che lo inclinino a reazioni conformi all’agire umano, dirottandolo sui sentieri dei violenti. Sarebbe, questa, l’ultima perfidia con cui il diavolo farebbe deragliare quanti non si son lasciati incantare dalle sue sirene. La biblica preghiera che ispira questo scritto può quindi esserci di valido aiuto in questa battaglia spirituale. È evidente che le sue affermazioni all’indicativo stiano perfettamente al loro posto soltanto sulle labbra di Gesù, che con queste parole ha pregato durante la Sua vita terrena; per noi rappresentano invece uno stimolo e un termine di tensione, mentre rivolgiamo a Dio, formando un solo corpo in Cristo che prega in noi, le richieste che riconosciamo del tutto appropriate alla nostra condizione.

Proprio per evitare che la mia bocca si renda colpevole (ammesso che già non l’abbia fatto), chiedo dunque per primo al Signore di saggiare e scrutare il mio cuore nella notte che stiamo attraversando; qualora vi trovi ancora malizia, la bruci nella fiamma della Sua santità divina, che ardendo illumina e illuminando consuma. Mosè stesso fu colto da sgomento di fronte a quel fuoco divoratore (cf. Dt 4, 24; 9, 19), che non avrebbe altrimenti sopportato che per estrema condiscendenza di Dio. Perché i miei piedi non vacillino sull’aspro sentiero che sale l’erta della santa montagna, voglio attenermi con tutte le forze alla Parola delle Sue labbra, così che tenga saldi i miei passi nelle Sue vie e io giunga al luogo della Sua presenza, dove al fuoco succederà il mormorio di un vento leggero: «Che fai qui, Elia? – Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum…» (1 Re 19, 12-14).

Pur continuando a condividere il vostro immane dolore, che spesso mi strappa forti grida e lacrime, ritengo quindi quanto mai urgente e necessario reimmergermi in quella salutare Parola che «nel rivelarsi illumina e dona saggezza ai semplici» (Sal 119 [118], 130). Continuare a lacerarsi le vesti per tutte le uscite insensate di quelli che dovrebbero guidare il Popolo di Dio, cercando di ribattere a ognuna in un’estenuante rincorsa, sarebbe non solo sterile, ma anche pericoloso. L’accelerazione dell’induzione alla demenza collettiva è una perfida tattica per tagliare il fiato a chi vi si oppone e per spossarlo fino a metterlo fuori combattimento; pertanto non voglio stare al gioco, anche per non cadere nel rischio di lavorare per il demonio alimentando amarezza, risentimento e scoraggiamento altrui. Per non fare più danno che bene, allora, lascerò parlare Lui.

Ho così deciso di ispirarmi, dall’inizio del prossimo Avvento, al Vangelo della domenica, letto con gli occhi della Tradizione e meditato nel Cuore immacolato di Maria, ricolmo del fuoco divino. Rifugiamoci in questa fortezza inattaccabile e lasciamo a Lei il compito di difenderci dagli strali della menzogna che ci piovono addosso da ogni parte. Quando un bambino non sa come fare per sottrarsi a un pericolo imminente, senza pensarci chiede subito aiuto alla mamma, la quale non può non intervenire prontamente in soccorso del figlioletto. Ecco, proprio così saremo quei piccoli ai quali appartiene il Regno di Dio (cf. Mc 10, 14). Siamo figli dell’eterno Re e della Regina del cielo; siamo perciò tenuti ad agire in modo regale: noblesse oblige!

Per metterci completamente al sicuro dal duro castigo che il delirio dei Pastori e il conseguente sbandamento delle pecore reclamano a gran voce sulla Chiesa e sul mondo, il prossimo 8 dicembre rinnoviamo la consacrazione al Cuore immacolato; chi non la avesse ancora effettuata, lo faccia in quell’occasione. Non vedo proprio, a tal proposito, come l’imminente giubileo possa coinvolgere i musulmani, a meno che non chiedano il Battesimo; se qualcuno di loro passerà la Porta santa, potrebbe piuttosto farlo imbottito di esplosivo, con buona pace di quei controlli che in certi casi, inspiegabilmente, funzionano soltanto dopo la carneficina. In ogni caso, qualunque sia (qui da noi in Occidente) l’occulto potere che arma i fanatici e apre loro le porte, essi possono rivelarsi strumenti inconsapevoli della giustizia divina: «Oh! Assiria, verga del mio furore, bastone del mio sdegno!» (Is 10, 5).

Mi rendo ben conto dell’impopolarità di un’interpretazione del genere, in un momento di estrema tensione emotiva. Ma come mai si parla così poco delle migliaia di vittime che il fondamentalismo islamico miete senza sosta in Nigeria con armi francesi? Il mondo attuale sembra un branco di belve aizzate l’una contro l’altra per divorarsi a vicenda… Divide et impera: Satana conosce bene il metodo; ma anch’egli serve, suo malgrado, ai piani dell’ira. Non per niente il grande pericolo, secondo l’Apocalisse (cf. 9, 13-16; 16, 12-14), viene dall’Eufrate – ovvero, ancora una volta, dalle regioni dell’antica Assiria. Il compimento del disegno di Dio sulla storia può essere intravisto nelle sue premesse; le remote vicende dell’Israele carnale sono profezia di ciò che avverrà all’Israele spirituale. Gesù non ha forse mescolato deliberatamente, nel grande discorso escatologico (cf. Mt 24; Mc 13; Lc 21), i riferimenti alla distruzione di Gerusalemme e quelli alla purificazione finale? Chi ha orecchi per intendere, intenda…

Coraggio, i giorni della tribolazione grande saranno abbreviati per riguardo agli eletti (cf. Mt 24, 21-22); già si intravede uno spiraglio di luce, d’altronde, da quell’immenso Paese di cui la Madonna, quasi un secolo fa, richiese la consacrazione. Un reverendo Padre francescano che vive a Fatima è convinto che, in realtà, essa sia stata validamente effettuata nel 1984, quando papa Giovanni Paolo II, consacrando il mondo al Suo Cuore immacolato, alluse in particolare alla Russia; dato che la Vergine, parlando a Lucia, non aveva specificato la formula da usare, quell’atto dovrebbe essere stato accetto, visto che, sette anni dopo, l’impero sovietico fu sciolto proprio l’8 dicembre… Oggi è l’unica grande potenza che si stia opponendo efficacemente ai disegni massonici del nuovo “ordine” mondialista e omosessualista dominato dall’alta finanza e dagli sporchi giochi di quei Giuda che la controllano: questi ultimi, non avendo accettato il Regno universale instaurato dal loro Dio con la nascita del nuovo Israele, se ne sono costruiti uno a modo loro con la complicità dell’Avversario… ma questa si chiama apostasia.

In conclusione, in qualità di veri figli del Regno, chiediamo luce per discernere, nella misura del possibile, i piani del nostro Padre celeste. Intanto, tenendo pur conto dell’esperienza di quei popoli che da secoli fronteggiano l’ingombrante vicino, cominciamo a pregare per la santa madre Russia, quella plasmata dalla stirpe della Madre di Dio, con i suoi somigliantissimi starec e i suoi geni letterari e musicali. Prepodobneskaja Bogorodice, spasì nas!
 

sabato 14 novembre 2015


Credo la Chiesa

 
Cristo ha dotato la Chiesa di una struttura che sarebbe rimasta immutabile nella sua essenza, perché inaccessibile alle forze fluttuanti relative della città terrena. L’influenza dell’immagine mutevole della città terrena sugli uomini della Chiesa non avrebbe mai condizionato la perennità della sua essenza strutturale di Regno (padre Teodosio Maria della Croce).

Queste ispirate parole di un mistico greco fattosi cattolico, scomparso nel 1989, ci sono di grande conforto nell’ora tenebrosa che stiamo attraversando. Per quanto le sue guide, fino ai livelli più alti, possano lasciarsi influenzare dalle idee fluttuanti della città terrena, la Chiesa non può mutare né nella sua natura, che ne fa l’inizio del Regno di Dio, né nella sua struttura essenziale, invulnerabile rispetto alle forze occulte del mondo e immodificabile dalle vicissitudini della storia. È quest’anima eterna della Chiesa che noi crediamo, come si può percepire dal sussulto di vigore e di convinzione con cui un’assemblea di una dozzina di persone canta alla Messa Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam

Questo è l’oggetto della nostra fede. Non quella sedicente Chiesa povera per i poveri che spende dodici milioni di euro per riorganizzare il Governatorato della Città del Vaticano e affida la gestione delle sue finanze ad una multinazionale americana. Non quella che si accanisce contro gli unici istituti religiosi che ancora praticano una povertà reale a differenza della quasi totalità degli altri, i quali, con il pretesto del rinnovamento della vita consacrata, hanno invece tradito il Vangelo e il carisma dei fondatori. Non quella che, ritrattando l’approvazione concessa all’Ordine da un Papa venerato come santo, si giustifica con il fatto che ormai è morto. Non quella diretta da qualcuno che, assuntasi la piena responsabilità della persecuzione, ne ammette subito dopo l’origine diabolica, osservando che il demonio è molto infastidito da quei frati e suore consacrati all’Immacolata…

Se queste notizie non fossero tutte registrate e verificabili, le si dovrebbe attribuire ad una fantasia delirante; ancora una volta, invece, la realtà supera l’immaginazione. Ma come si è potuti giungere a questa situazione aberrante e a simili farneticazioni? La risposta è ben nota: a partire da uno strano concilio i cui testi problematici hanno spalancato voragini dottrinali e morali, mentre quelli ambigui hanno potuto essere interpretati altrettanto bene in un senso che in quello contrario, a seconda della precomprensione del lettore, così che ognuno vi ha trovato conferma per le sue idee e letto ciò che più gli piaceva. Lo stesso metodo, cinquant’anni dopo, è stato adottato per stilare la relazione conclusiva di un’assise di ben più modeste proporzioni, ma che una certa corrente ha considerato ideale compimento di quanto sarebbe rimasto incompiuto e disatteso del cosiddetto spirito del Concilio: un testo redatto in modo tale da potervi leggere anche quanto non vi è scritto, attribuendo ad esso, oltretutto, un’autorità di cui è completamente sprovvisto.

Noi non crediamo questa “chiesa” mondana che non fa altro che porre domande, insinuare dubbi, provocare perplessità e suscitare inquietudini senza mai dare risposte chiare e inequivocabili né fornire indicazioni precise sul da farsi, ma demonizzando al contrario chi ancora si sforza di farlo e abbandonando il gregge allo sbando programmato, inculcato con ritornelli di facile effetto buoni a ipnotizzare le masse e pure chi le guida… Noi non ci lasciamo suggestionare dallo stridulo canto, amplificato dai megafoni del sistema mediatico, di quelle sirene che, conoscendo bene i meccanismi della psiche, introiettano nel subconscio di tanti fedeli falsi ideali religiosi che, alterando la loro coscienza, li rendono refrattari alla verità e alla grazia, dirottandoli su scogli mortali.

Noi non crediamo in quel nuovo umanesimo che, dopo aver negato il primato di Dio con la scusa di difendere l’uomo, ne ha cancellato la nozione stessa nella sua mente e abolito la legge nella sua vita. Noi non crediamo in un culto orizzontale in cui i mortali esaltano sé stessi e le loro imprese terrene, dimentichi del Giudizio, dell’Inferno e del Paradiso. Noi non crediamo in una liturgia consegnata all’improvvisazione di chi ritiene di doverla “animare” e al temperamento di quanti la “presiedono”, dandole ognuno il proprio colore e trasformandola spesso in uno squallido one man show. Noi non crediamo in Pastori che puzzino di pecora anziché profumare di Cristo; che parlino solo di velleità puerili che dovrebbero aiutar la gente a stare meglio sulla terra e mai di quelle impegnative vie di santità che portano in cielo; che valutino i loro sacerdoti in base all’ideologia dominante piuttosto che sulla sanità della dottrina e della condotta morale; che vedano e condannino soltanto i peccati di natura socio-economica, avallando quelli contro la vita e la famiglia…

Le condizioni di questa “chiesa” rivoluzionaria e libertadora sono ormai irrecuperabili; inutile farsi pie illusioni: non c’è più niente da fare nemmeno per il buon Dio, dato che la grazia suppone la natura e quest’ultima gli si ribella con ottusa pertinacia, deformata e irretita com’è dalle menzogne dei novatori. L’unica via percorribile è formare insieme piccole oasi di fede e di grazia in cui la vera Chiesa possa sopravvivere come nelle catacombe, in attesa di poter rifiorire una volta passata la bufera. Smettiamo di frequentare luoghi infetti di eresie, scandali e abusi; se le denunce  all’autorità competente cadono nel vuoto, nessuno può impedirci di andare altrove, dove la verità rivelata non sia ignorata o presentata come un groviglio di norme e dottrine complicate che ossessionano i giusti ed escludono i peccatori; dove la santa Messa sia celebrata da Cristo attraverso un sacerdote che si faccia il più possibile umile per far trasparire Lui; dove la carità non sia un’illusione velleitaria di impossibili cambiamenti planetari, ma la sorgente nascosta di ogni più piccola azione, che le conferisce un valore soprannaturale ed eterno.

Credo la Chiesa… quella di Cristo, come Lui l’ha pensata, voluta e fondata, non come la vuole o la preferisce un semplice uomo che dovrebbe rappresentarlo, anziché demolire la Sua opera con idee da rivoluzione francese e da teologia della liberazione. Credo la Chiesa quale ospedale in cui i malati vengono curati e guariti, non illusi di non esserlo più con la morfina di una falsa misericordia. Credo la Chiesa quale corpo unificato e mosso dalla grazia, non da un “dialogo” senza criteri e senza obiettivi; un corpo certo ferito e sporcato dai peccati dei suoi membri (che possono sempre essere cancellati in caso di pentimento), ma non paralizzato dalla connivenza con il peccato stesso (alla quale non c’è rimedio). Credo la Chiesa quale ovile protetto dal recinto di verità e giustizia che il suo Signore le ha eretto intorno, non quale bivacco promiscuo, esposto a tutte le intemperie, da cui le pecore sono mandate allo sbaraglio, prive di guida e di orientamento.

Credo la Chiesa. Quella che sant’Ambrogio vede profeticamente e tipologicamente rappresentata dalla prostituta di Gerico che, grazie alla sua fede operosa nel Dio di Israele, viene incorporata nel popolo eletto e così salvata con tutta la sua famiglia (cf. Gs, 3; Eb 11, 31; Gc 2, 25): è la Chiesa composta di quei pagani che, con la loro conversione a Cristo, sono stati innestati sull’Israele di Dio e, mediante la grazia del Battesimo, resi di nuovo vergini per formare la Sua Sposa. Essa – come osserva sant’Agostino – deve sopportare nel suo seno la zizzania seminata dal nemico, cioè i falsi cristiani di cui il Padrone del campo attende il ravvedimento fino alla mietitura; quel giorno, infatti, essa sarà separata dal frumento per essere legata in fasci e bruciata nel fuoco eterno (cf. Mt 13, 24-30.36-43). Che la nostra fedeltà al Signore ne strappi coloro che rischiano di finirci per esser tornati a rotolarsi nel fango dopo essere stati lavati (cf. 2 Pt 2, 22).

Credo la Chiesa.
 

sabato 7 novembre 2015


Casta meretrix


Casta perché continuamente purificata e santificata dalla grazia dello Sposo celeste; meretrice perché composta di peccatori (convertiti dalla Sua parola e rigenerati dal Suo sacrificio) che ancora possono tornare a peccare o sono in via di progressiva correzione (non perché la Legge divina sia un remoto ideale da raggiungere e la sua applicazione graduale o variabile a seconda delle persone, ma perché la condizione soggettiva del peccatore gli impone una lunga lotta con gli effetti dei suoi peccati). Casta perché promessa qual vergine ad un unico Uomo (cf. 2 Cor 11, 2); meretrice perché sempre tentata – nelle sue guide come nei suoi membri – di scendere a patti col mondo, sposandone le idee fasulle e condividendone i nefasti obiettivi. Casta perché conserva incontaminata la sua fede, con cui rigenera i popoli alla vita del cielo; meretrice perché ripetutamente minacciata da errori ed eresie che non avrebbero corso se non fossero accolti da una parte di essa. Casta per i religiosi e le suore che perseguono la santità; meretrice per i sodomiti travestiti da frati e per gli alti prelati che li proteggono, perseguitando in pari tempo i primi sulla base di volgari calunnie.

È questo lato fragile della Chiesa terrena che può cedere alla tentazione di prostituirsi, non l’altro. È la malizia o debolezza umana dei suoi membri che, sul piano storico, possono macchiare la Sposa, non certo il tesoro soprannaturale che porta in sé – e senza il quale si sarebbe da lungo tempo estinta. È la cosiddetta apertura al mondo che, nell’ultimo mezzo secolo, l’ha fatta in buona parte deviare dal retto sentiero della verità eterna che possiede, spingendola a vivere come se non la possedesse affatto e provocando un oblio quasi generalizzato del suo fine ultramondano. Si “crede” e si va in chiesa perché aiuta a stare meglio; ci si ritiene “cristiani” perché si ammette l’omosessualità e ci si dichiara tolleranti con tutti; ci si considera “buoni” perché si versa una lacrimuccia per gli immigrati (quando affogano) e si dà di tanto in tanto un’oretta alla mensa dei poveri (quando scappa). Si pensa di essere dei “consacrati” perché ci si riempie la bocca di discorsi astratti che nascondono una vita da atei che si danno l’aria di impegnarsi nel sociale…

Etsi Deus non daretur: se Dio non esistesse, non cambierebbe assolutamente nulla per questa gente. Strano questo “cristianesimo”! Come può resistere alle seduzioni di questo mondo perverso dominato dal diavolo, che oltretutto paga ben poco le prestazioni di chi ad esso si vende? Come incolpare, d’altronde, quelle pecorelle sbandate che i loro stessi pastori hanno fuorviato? Come non compatirle, se il loro capo persiste a far telefonate a chi regolarmente sbatte in prima pagina i contenuti della loro privata conversazione? Se non ha fatto le affermazioni che gli sono attribuite, perché non le smentisce e non smette una buona volta di esporsi a questi equivoci? Astenersi da doverose precisazioni significa avallarli o farsene comunque corresponsabili. E se le ha fatte davvero, quelle affermazioni? Non c’è forse una Parola eterna a cui egli per primo è tenuto ad obbedire?

Ma no, ripeteranno i normalisti: è stato interpretato male. Leggete il discorso di chiusura del Sinodo: è un testo ufficiale, non un resoconto giornalistico. Un manifesto del relativismo più assoluto, che solo alle orecchie dei fessi può camuffarsi sotto termini fumosi come sinodalità, inculturazione, decentralizzazione… Chi abbia un minimo di acume intellettuale e conservi un barlume di fede cattolica non può non cogliere l’andamento volutamente ondivago, indefinito, inafferrabile di tutti i pronunciamenti pontifici. Il Magistero serve a chiarire ciò che non è chiaro, non deve aver bisogno di ulteriori chiarimenti; serve a indirizzare i fedeli in una direzione ben precisa, non a confonder loro le già confuse idee; serve a mostrare loro le trappole in cui potrebbero cadere, non a buttarceli dentro. A che serve un “magistero” che parla soltanto di terra, problemi sociali e salvaguardia della natura, mai di responsabilità morale, conversione interiore e cammino di santificazione?

Questo livellamento al suolo è altresì evidente nell’esercizio del governo universale della Chiesa; basti pensare alla tanto acclamata “riforma” della Curia. Gli unici ambiti in cui finora è intervenuta una decisione effettiva sono… l’economia e la comunicazione. Due gangli vitali, indubbiamente, se si trattasse di una multinazionale: unificarne la gestione è altamente funzionale all’efficienza di una società piramidale. Peccato che la Chiesa non sia questo – a meno che al suo interno non sia nato un corpo estraneo che con le sue metastasi ne abbia invaso le strutture terrene allo scopo, se mai possibile, di assimilarla a sé. Così ora le finanze vaticane sono controllate da banchieri ebrei, come prelato dello I.O.R. c’è un notorio omosessuale e – ciliegina sulla torta – una rampante donnetta di malaffare, nominata dal Pontefice (non si sa per quali specifiche competenze) nella commissione economica di studio e orientamento ha sottratto e divulgato documenti riservati, poi pubblicati dallo stesso giornalista che provocò la bufera intorno a Benedetto XVI. Ovviamente, lo fanno per difendere il povero Francesco dai lupi che si oppongono alla sua provvidenziale riforma…

Quand’anche lo scopo perseguito da simili individui sembrasse loro sinceramente buono, non potrebbe mai giustificare atti gravemente illeciti; ma questa semplice costatazione è algebra per chi è ormai assuefatto alla melassa buonista e all’imperante indifferentismo morale. In ogni caso, tutta la storia sa fin troppo di manovra orchestrata a bella posta per ridare fiato a una popolarità in declino. Non tutti – grazie a Dio – sono stupidi o si sono lasciati istupidire; non tutti hanno un televisore al posto della testa; non tutti pendon dalle labbra dei vaticanisti prezzolati. Resta il fatto che la massa, non credendo più in niente, è plagiata dai megafoni del mondo e incantata dagli assillanti ritornelli, seppure sgraziati, dei pedanti pappagalli ecclesiastici. Come faranno ormai a capire che una convivenza irregolare è sempre peccato grave davanti a Dio?… che una comunione in quello stato è un sacrilegio che li sprofonda un po’ di più all’inferno?… che un’eventuale assoluzione del prete, nella loro condizione, non ha il minimo valore?

Molti miei confratelli mi accuserebbero di essere un integralista chiuso e retrogrado. Da quanto mi riferiscono i lettori, il tenore di moltissime omelie è perfettamente in linea con il nuovo corso clerical-giacobino; per loro andare in chiesa, di conseguenza, è diventato una vera tortura. Coraggio: è soltanto il Signore che può giudicarci, e la testimonianza della nostra coscienza ci assicura che siamo nella Sua verità. Certo, sarà sempre Lui a giudicare anche la coscienza degli altri; Egli sa quante buone intenzioni non sono altrettanto rette per carenza di discernimento morale, della quale si può essere responsabili in misura variabile. Non invidio affatto, in ogni caso, la situazione di chi finisce col prostituirsi al mondo pensando di far bene – anche perché, come dimostrano i fatti, questa sventura ha consistenti ricadute sulla vita personale. In questi tempi di ribaltamento, tocca spesso ai fedeli laici strappare dal fuoco i ministri malati nell’anima, nella condotta o nell’intelletto (almeno quelli che accettano). È una bellissima missione, quanto mai necessaria: molto difficile, ma non impossibile a chi ha la fede.
 

sabato 31 ottobre 2015


Preghiera per la Chiesa

 
Dominus iudex noster, Dominus legifer noster: Dominus Rex noster, ipse salvabit nos.

Signore Gesù Cristo, non sei Tu forse nostro giudice, nostro legislatore, nostro Re, come la Tua santa Chiesa Ti acclama da sempre? Non Ti professiamo forse arbitro delle menti e dei cuori? Nonostante la turba scellerata vociferi scomposta che non vuole lasciarti regnare, noi continuiamo osannanti a proclamarti, qual sei, Re supremo di tutti gli uomini. Perché, o Principe portatore di pace, non sottometti al Tuo soavissimo impero le menti ribelli, raccogliendo in un unico ovile le genti disgregate dal peccato e quanti han deviato dal tuo amore? Perché non sentenzi e legiferi più, a salvezza dei mortali dannati in eterno dalla loro stessa disobbedienza, per bocca di colui che dovrebbe sedere quale roccia di certa dottrina e pascere le Tue pecorelle nei pascoli salubri dei Tuoi comandamenti? Perché lasci che chi ha il compito di guidarci sconcerti continuamente chi ancora conserva la fede e al contempo trascini nel baratro quanti, pur credendo di averla, in realtà non la conoscono più? Perché, Immagine vivente dell’Altissimo, Luce da Luce, Dio, permetti che sia coperta e vituperata l’eterna verità che salva riunendo gli uomini nella pace della Tua signoria?

Eppure proprio per questo hai voluto pendere, le braccia distese, dal legno insanguinato; proprio per questo, facendolo aprire dalla lancia, hai mostrato il cuore, ardente d’una fiamma d’amore; proprio per questo Ti nascondi, sull’altare, sotto l’apparenza del pane e del vino, riversando sui figli, dal Tuo petto squarciato, la loro eterna salvezza! Quando sarai di nuovo esaltato con pubblico onore, com’è giusto, dai governanti delle nazioni, obbedito da giudici e maestri, espresso dalle leggi e dalle arti, Verbo divino che reggi l’universo? Quando stenderai di nuovo il Tuo mite scettro sulla nostra patria e su ogni casa, liberandoci dagli orrendi flagelli abbattutisi su questa società pervertita che ha rigettato la Tua signoria e, con essa, ogni forma di bene, di onestà e di giustizia? Quando svelerai l’enorme inganno dei cosiddetti diritti umani, mutevoli e cangianti ad ogni tiro di vento, diabolico pretesto per distruggere l’essenza dell’uomo creato a Tua immagine? Quando smaschererai la sottile menzogna del bene fatto per il bene anziché in nome di Dio, che è il sommo Bene, in ottemperanza a fragilissimi imperativi categorici che non trovano il proprio fondamento in Te, ma nella coscienza individuale offuscata dal peccato originale?

Tu non puoi abbandonarci. Certo, noi scorgiamo ancora le Tue tracce in ogni sorriso, in ogni gesto gentile, in ogni azione caritatevole di cui pur sono ancora capaci le Tue creature rinate dall’acqua e dallo Spirito, per quanto in buona parte private dello stato di grazia dai loro peccati. Molte di esse sono ancora toccate dal passaggio di uomini e donne a Te consacrati in verità, il cui sguardo e parola può ancora risuscitare, come brace coperta dalla cenere, la fiammella della grazia seppellita nei loro cuori. L’immane plagio collettivo esercitato dai mezzi di comunicazione non li ha ancora resi completamente ciechi e insensibili alla Tua presenza e alla Tua tenerezza; forse attendono soltanto un cenno credibile che non rinnovi ulteriormente la delusione provocata da chi, anziché assecondare i richiami della loro coscienza, li ha abbandonati in balia del peccato, rifiutandosi di somministrare loro la cura necessaria… Perché allora li lasci vagare lontano da Te? Come puoi permettere che siano ulteriormente ingannati con una falsa idea di misericordia, anziché ricondotti ad ascoltare la Tua voce, dolce e severa ad un tempo, che li chiama a conversione per la loro felicità presente e futura? Perché non ci mandi qualcuno che parli davvero in Tuo nome per riaffermare la vivificante Verità immutabile che sei Tu stesso?

No, al contrario Tu stai lasciando che la barca di Pietro vada alla deriva, che la Tua vigna diletta sia devastata dalle bestie selvatiche, che il Tuo gregge, acquistato a prezzo del Tuo sangue, sia sviato da falsi Pastori che Ti hanno tradito, che la Tua Sposa amatissima si prostituisca con il mondo incredulo, governato da Satana e dai suoi miserabili sgherri… Ti pare che il peccato mortale di adulterio, per giunta continuato, possa esser valutato caso per caso ed eventualmente legittimato? Puoi forse ammettere che persone in stato di adulterio permanente svolgano funzioni nelle comunità cristiane, smentendo così, nei fatti, ogni insegnamento o dottrina in qualsiasi ambito? Lascerai che innumerevoli peccatori, riabilitati senza emendarsi dal “discernimento” improvvisato di un chierico qualunque o fittiziamente sciolti dal sacro vincolo del matrimonio, mangino e bevano ripetutamente la propria condanna? La loro coscienza oscurata e ingannata basterà forse a scusarli, salvandoli così dal fuoco eterno? Non li hai forse richiamati innumerevoli volte con infinita pazienza per trattenerli dalla loro funesta decisione o per riportarli sulla retta via? E per quanto tempo ancora i Tuoi ministri fedeli, che si battono ogni giorno per la salvezza delle anime, dovranno sentirsi insultare come farisei duri di cuore, doganieri attaccati alle formule astratte, controllori insensibili ai drammi del prossimo e senza pietà per le sue sventure, di cui è generalmente responsabile?

Sì, sappiamo bene che hai tolto la siepe alla Tua vigna perché non ha portato i frutti che attendevi, nonostante le Tue ininterrotte e straordinarie cure. Con i torrenti di grazia che per due millenni hai riversato su di essa e le moltitudini di santi che vi hai suscitato, dovrebbe oggi brillare tutta di santità eccelsa, tale da attirare irresistibilmente a sé tutti gli uomini che ancora non credono in Te: ebrei, musulmani, induisti, buddhisti, scintoisti, animisti… tutti sarebbero liberati, chi dalle catene della sua disobbedienza, chi dalle tenebre delle sue credenze, tutti dal dominio del diavolo, sotto il quale soggiace chi non è rinato da Dio e dalla Vergine, venendo così incorporato a Te. Dobbiamo confessarlo: non abbiamo ascoltato i Tuoi profeti, per questo ora taci; non Ti abbiamo dato l’onore che Ti spettava, per questo ci hai messi in mano ai nostri nemici; non abbiamo reso testimonianza alla luce, per questo siamo avvolti dalle tenebre. La nostra tranquilla indolenza ha lasciato fare ai Tuoi avversari senza opporre sufficiente resistenza nella società civile; la nostra pia sottomissione ha ingoiato tutte le eresie e accondisceso a tutti gli abusi perpetrati nella Chiesa: e adesso abbiamo il coraggio di lamentarci?

Ma, poiché Tu sei e sarai sempre il nostro Salvatore, abbiamo ancora l’ardire di gridare a Te per ottenere perdono e implorare il Tuo intervento. Se non vuoi ascoltare noi, che troppo Ti abbiamo offeso e disgustato, porgi l’orecchio – Te ne supplichiamo – alla voce della purissima Madre Tua e nostra, che da sempre ci fa da avvocata e ci raccoglie sotto il manto castificante della Sua verginità, guarendo le nostre reiterate infedeltà. Ricorda l’amore ineguagliabile con il quale Ti ha messo al mondo come Capo del Corpo che noi formiamo. Ricorda i Suoi inenarrabili dolori, sopportati per noi sul Calvario nell’atto di offrirti al Padre, formando con Te un’unica ostia, per la nostra rigenerazione. Ricorda le ardentissime preghiere con cui, quale Figlia di Sion, ha ottenuto per noi l’effusione dello Spirito promesso, che ha adornato la Tua santa Sposa di doni svariati e mirabili carismi per la conversione dei pagani. Ricorda le inesauribili grazie da Te elargite attraverso di Lei a questi figli ingrati, per i quali pur continui a sanguinare negli innumerevoli martiri del nostro tempo, portando ancora la croce flagellato le membra e il capo coronato di spine. Ricorda – Te ne scongiuriamo – la perseverante preghiera del Tuo servo nascosto e silente, che ha fatto quanto ha potuto per allontanare la nave dagli scogli, prima di esser messo in condizione di dover lasciare il timone.

La nostra fiducia è più viva che mai, o nostro Maestro, Sacerdote e Signore: abbiamo Te prigioniero nel candore del Tabernacolo; abbiamo la candida Madre della Chiesa; donaci ancora un bianco Padre che salvi il vascello dirigendolo tra le due colonne alle quali deve ancorarlo per sempre. Noi non smetteremo di importunarti finché non sarai intervenuto.

P.S.: in vista dell’8 dicembre, data dell’entrata in vigore del motu proprio sulle cause di nullità matrimoniale e inizio del giubileo della misericordia, propongo di recitare quotidianamente questa preghiera per trentatré giorni a partire dal 5 novembre prossimo. Gridiamo al cielo con la certezza di essere esauditi, in un modo o in un altro.
 

sabato 24 ottobre 2015


Dagli amici mi guardi Dio

 
I nemici di un uomo saranno quelli della sua casa (Mt 10, 36).

In un tempo non troppo lontano la parola del sacerdote era sufficiente a dirimere qualsiasi controversia: una cosa si doveva o non si doveva fare semplicemente perché così aveva detto il parroco. Oggi, al contrario, gli si dà ordini perfino su ciò che deve fare in chiesa o nella Messa, anche senza arrivare agli assurdi eccessi di certi Paesi, nelle cui parrocchie “assistenti pastorali” mentalmente deformate dalla perniciosa “teologia” che hanno studiato dettano legge su tutto. In questo caso tuttavia, per una volta, non stiamo indossando i panni dei laudatores temporis acti: l’esperienza storica insegna infatti che, venuti meno gli obblighi esterni, la pratica religiosa è miseramente crollata e, con essa, si è dileguata pure la fede. In effetti non basta che i fedeli facciano o non facciano qualcosa «perché l’ha detto il prete» oppure «perché si è sempre fatto così». Per resistere ai mutamenti sociali e culturali, gli impegni spirituali (che per loro stessa natura esigono una libera adesione interiore) hanno bisogno di motivazioni profonde, che solo una paziente e prolungata educazione può trasmettere.

Certo, ai bambini piccoli si possono impartire indicazioni basate sulla semplice ragione che così vuole papà o mamma; dal punto di vista pedagogico, anzi, questo è molto più congruo ed efficace che non l’imbottire loro la testa di spiegazioni complicate che non sono ancora in grado di capire, come spesso si fa attualmente in mancanza di vigilanza e di affetto. I fedeli della Chiesa, però, non sono infanti che debbano rimanere tali per tutta la vita – senza nulla togliere al fatto che il Regno di Dio appartiene a chi è come i bambini (cf. Mc 10,14). Una buona formazione dottrinale e morale è pertanto necessaria per fornire la propria vita di fede di un solido fondamento, nonché per riconoscere le trappole e gli errori di cui è disseminata l’odierna realtà ecclesiale. Fino a pochi anni fa si poteva ancora andare in parrocchia con la legittima aspettativa – sebbene spesso frustrata – di essere rinfrancati e nutriti nella vita di grazia; oggi bisogna spesso andarci muniti di adeguate protezioni spirituali, nonché di efficaci tappi auricolari.

Sembra incredibile, ma per i cristiani autentici la Chiesa è diventata un ambiente inospitale, se non ostile, in cui vengono guardati con sospetto e diffidenza, quando non son cacciati fuori o minacciati di scomunica… All’epoca del “cristianesimo adulto”, paradossalmente, l’unico motivo accampato è il fatto che dissentono da papa Francesco. La parola del parroco o del vescovo conta poco o nulla, ma qualunque affermazione esca dalla sua bocca è assolutamente indiscutibile, proprio come una volta: una cosa è vera e giusta semplicemente perché l’ha proferita il Papa. Il fatto è che, un tempo, il Papa era certamente tale e quanto dichiarava era sicuro; anche una cieca fiducia nei suoi confronti era quindi ben riposta: le parole e i gesti del Vicario di Cristo non lasciavano adito a dubbi. La stessa cosa, ahimé, non può certo dirsi oggi; al contrario, chiunque abbia una fede solida e retta (al posto di quel miscuglio melenso di buonismo e luoghi comuni attualmente somministrato a bambini e ragazzi che poi, giustamente, si dileguano dalla parrocchia il prima possibile) si sente spesso, se non quotidianamente, scosso da quelli del Vescovo di Roma.
 
È quanto mai curioso, oltretutto, che simile esaltazione dell’autorità petrina sia congiunta ad un ossessivo richiamo alla collegialità episcopale e all’autonomia del Popolo di Dio. Se però si rileggono con attenzione i testi pubblicati a destra nei Documenti, la situazione paradossale in cui viviamo si illumina di colpo. «Conferite al Papa (= antipapa) il massimo potere di scegliere i propri successori. […] Dichiarate falsi i dogmi precedenti, tranne quello dell’infallibilità pontificia. […] Soltanto l’antipapa eletto deve essere obbedito. Dite alla gente che dovrà inchinarsi quando verrà pronunciato il suo nome. Ordinate a tutti i sudditi del Papa di combattere in sante crociate per estendere l’unica religione mondiale». Sono i piani della massoneria relativi alla Chiesa Cattolica – o meglio alla sua distruzione –, già portati a compimento al novanta per cento. Dopo aver dilatato in modo indebito il ruolo di vescovi, sacerdoti e laici a scapito dell’autorità dottrinale e disciplinare dei veri Papi (che si era di fatto liberi di ingiuriare e disattendere a proprio piacimento), ora lo si è spazzato via con un colpo solo mediante un’asfissiante campagna pontificia contro il cattivo clero e i cattolici tradizionali, in modo da lasciare in piedi unicamente il potere perverso e pervertitore di un falso pontefice che sta demolendo la Chiesa dall’interno.
 
Non è necessario che egli sia formalmente affiliato alla massoneria: è sufficiente che sia l’uomo da loro voluto, funzionale ai loro piani e compiacente alle loro direttive. Non a caso, all’indomani della sua elezione, si sono moltiplicate entusiastiche dichiarazioni di favore da parte dei vari Grandi Orienti. Lo «stato di scisma e di apostasia, ancora latente ma già reale», da loro asseverato nel 1995 sta per manifestarsi apertamente per effetto delle continue provocazioni di tale personaggio e del suo entourage. È sintomatico che egli abbia fatto l’unico, intimidatorio riferimento all’autorità che i sacri canoni gli riconoscono per sopire il violento conflitto scoppiato al Sinodo dei Vescovi dell’anno scorso. Quello che però egli esercita – in realtà – non è altro che un autoritarismo grezzo e arbitrario, regolato unicamente dagli scopi che si prefigge. Nulla potrà mai annullare, in ogni caso, le promesse di Dio: concederci di servirlo senza timore, una volta liberati dalle mani dei nostri nemici, in santità e giustizia, al Suo cospetto, per tutti i nostri giorni (Lc 1, 74-75). Fiduciosi nella profezia dettata dallo Spirito dell’unico vero Oriens ex alto, non ci saremmo mai aspettati, tuttavia, di trovarci quei nemici in casa nostra.